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Sfide e numeri della legge di bilancio

La legge di Bilancio che quest’anno naviga in acque agitate insieme al Piano strutturale di bilancio. L'intervento di Alessandra Servidori

Come al solito le prime giornate autunnali ci offrono panorami incerti sia nella maggioranza di Palazzo Chigi, che comunque governa a due anni dalla vittoria, che nella minoranza che cerca ancora di credere che si può seminare un campo definito largo ma evidentemente caleidoscopico. La confusione agita soprattutto i 5 stelle, un movimento frantumato e capitanato da Conte che si vuole tenere le “mani libere”, ha arraffato un posto in Rai dicendo che così esercita controllo. Vuol dimostrare, pur avendo raccolto poco più del 10% alle ultime consultazioni elettorali, che non è un addendo del PD e coltiva l’ossessione di tornare al governo ma si rende conto che non è pronto, con questi sub movimenti e questi numeri, a conquistare il potere che aveva ai tempi in cui era Presidente del Consiglio. Vero è che i 5 stelle liguri non sono i 5 stelle romani e che la diversità dei due gruppi aggrava la confusione ideologica incardinata ora più che mai nel rancore, che prima era rivolto al Governo attuale, ora, invece, ha due facce: tra i 5 stelle e tra i possibili alleati di un campo arido.

Intanto si affacciano le prime note sulla legge di Bilancio che quest’anno naviga in acque agitate insieme al Piano strutturale di bilancio che da qui a 7 anni ci obbliga, per onorarlo, a tagliare la spesa e ridurre il debito di 10 miliardi all’anno. Giorgetti, ministro virtuoso, intanto chiede aiuto alle banche, alle fondazioni, alle imprese per poter affrontare una legge di bilancio che comporta – per poter confermare le decisioni assunte – un capitale di 30 miliardi già venendo meno, però, ad alcune promesse.

I bonus si riaffacciano come merendine natalizie e il piatto comunque piange. Nel 2025 alcuni interventi saranno finanziati solo per l’anno in corso, questo impatta sull’indebitamento netto per oltre 18 miliardi (Ufficio parlamentare di bilancio autorità indipendente dei conti pubblici italiani) e sono interventi da rifinanziare in un’ottica di politiche invariate (pensioni sanità istruzione ecc…).

In un quadro di incertezze e con i nuovi impegni europei per completare il percorso di rientro del debito non bastano sicuramente le buone entrate tributarie. Siamo tutti consapevoli che i vari crediti di imposta, le deduzioni, le agevolazioni varie (in verità usate soprattutto al tempo del covid per sostenere i redditi e l’economia) non possiamo più sostenerle. Quando scrivo “tutti” intendo maggioranza e minoranza: abbiamo ben presente ancora i numeri dell’Ufficio Parlamentare di bilancio che ci rappresenta la situazione: le cosiddette agevolazioni sono passate da 466 a 626 e la perdita del gettito del reddito tra il 2018 al 2024 è quasi raddoppiata passando da 54 miliardi a 105 miliardi. Dobbiamo tagliare la spesa razionalizzandola per fare rientrare il rapporto debito/ pil, come indicato peraltro nel documento economico finanziario. Dobbiamo farlo, abbiamo bisogno di una maggioranza razionale, di una minoranza responsabile ma soprattutto coese. Entrambe. Con la guerra accanto non c’è spazio per rancori e ci vuole equilibrio. Dobbiamo definire un punto di equilibrio tra gli interessi spesso divergenti che caratterizzano la società complessa per decidere struttura del prelievo fiscale e livello di articolazione della spesa pubblica nei vari settori con stime coerenti e trasparenti e di precise convenzioni. Ciò è comunque responsabilità di tutti.

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