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Banche

Tutte le sfide delle banche centrali

La nuova missione delle banche centrali? Evitare la fuga dai bond, parola di We Wealth   “I banchieri centrali stanno percorrendo un sentiero stretto, nel tentativo di capire quando potrà venire il momento per stringere la politica monetaria senza far crollare quel castello di debito che gli stessi stimoli monetari hanno contribuito a creare”. È…

 

“I banchieri centrali stanno percorrendo un sentiero stretto, nel tentativo di capire quando potrà venire il momento per stringere la politica monetaria senza far crollare quel castello di debito che gli stessi stimoli monetari hanno contribuito a creare”.

È questo uno dei passaggi cruciali dell’intervento che ha aperto la nuova Morningstar Investment Conference, tenutasi il 9 novembre. A parlare è uno degli osservatori economici più seguiti in Italia, Mario Seminerio, investment manager noto anche con il nome d’arte “Phastidio” su Twitter e sul suo omonimo blog. Ed è, effettivamente una fastidiosa realtà quella con cui Seminerio inaugura il suo intervento: l’espansione monetaria, la risposta adottata alle ultime grandi crisi globali, non è priva di effetti collaterali. Questi interventi hanno “narcotizzato” la percezione dei rischi incoraggiando una leva finanziaria sempre più audace da parte degli operatori.

Ora che, però, il vento potrebbe essere cambiato, con pressioni inflazionistiche forse meno transitorie di quanto non si voglia far credere, potrebbe configurarsi un “Minsky moment”. Un modo elegante per indicare che “si ballerà non poco” sui mercati se qualcosa andrà storto nel processo di normalizzazione delle politiche monetarie. Il concetto deriva dagli studi dell’economista keynesiano Hyman Minsky, che aveva delineato un ciclo in varie fasi al termine del quale arriva, dopo una fase di sottovalutazione dei rischi, un repentino crollo durante il quale gli investitori si affrettano a ridurre le proprie esposizioni.

L’idea che le banche centrali abbiano drogato i mercati a suon di espansioni monetarie circola da diversi anni, diventando una costante del dibattito teorico dopo la fase acuta della Crisi Finanziaria. Secondo Seminerio, la nuova crisi pandemica ha ingigantito le tendenze già osservate in passato. Gli elementi che sono emersi in seguito alla nuova ondata di stimoli monetari sono “la compressione dei rendimenti nominali, il crollo rendimenti reali, un’attività privata stata spinta dalle banche centrali, e una funzione di price discovery che per gli operatori di mercato è stata narcotizzata”. A quest’ultimo proposito, è un po’ come affermare che è assegnare un prezzo “corretto” ad un asset finanziario è diventato sempre più difficile – con tutti i rischi conseguenti.

Per il momento, in pochi si sono lamentati per come sono andate le cose: l’economia si è generalmente ripresa dopo lo choc del Covid e i mercati hanno realizzato un record dietro l’altro. Alla fine, però, l’iniezione monetaria, unita alla crescente spesa pubblica, potrebbero aver gettato le basi di un ritorno inflazionistico, non soltanto imputabile a transitori disallineamenti dell’offerta di particolari beni. Il compito delle banche centrali è tenere l’inflazione sotto controllo e da esse ci si aspetta un intervento restrittivo, se i prezzi rischiano di mantenersi sopra gli obiettivi per un lungo periodo.

Ad oggi, ha affermato Seminerio, la comunicazione delle banche centrali si è concentrata su un’opera di persuasione: convincere il mercato che l’inflazione è dovuta a fattori puramente transitori. E che, quindi, la stretta monetaria può essere ritardata. Nelle scorse settimane i mercati hanno iniziato a dubitare delle previsioni delle banche centrali, prezzando rialzi dei tassi più precoci.

Ed è qui che viene introdotta la tesi più “fastidiosa”. Il principale compito di questo tentativo di rassicurazione da parte delle banche centrali sarebbe finalizzato a mantenere la calma sul mercato obbligazionario, ha affermato l’investment manager. Ossia, ad evitare un’ondata di vendite in un mercato che, a breve, potrebbe subire forti perdite dovute alla crescita dei prezzi (e dei tassi) che andrebbe a colpire i prezzi di questa asset class. È qualcosa che anche lo stesso “ex re dei bond”, Bill Gross, aveva paventato alcune settimane fa – sostenendo che i Treasury oggi fossero come la “spazzatura”.

Secondo Seminerio, se si concretizzasse la fuga dai bond potrebbero seguire perniciosi effetti collaterali, come una crescita delle insolvenze societarie. La stessa ragion d’essere di un portafoglio bilanciato, che continua ad avere una percentuale elevata di bond al suo interno, ha perso buona parte delle sue funzioni nel contesto attuale, ha affermato l’investment manager. E la narrativa delle banche centrali serve a convincere il mercato del contrario.

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