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Libertà

Sanità, trasporti e scuola: i progetti per ripartire dopo il Covid

L’intervento di Giuseppe Spadafora, vicepresidente Unimpresa   Il prepotente ritorno della pandemia Covid, dopo la pausa estiva in cui si è vissuta una (apparente) tranquillità, impone a chiunque abbia la responsabilità di guidare un Paese – non solo l’Italia – di prendere decisioni complesse, in tempi stretti e con un ampio grado di incertezza. Si…

 

Il prepotente ritorno della pandemia Covid, dopo la pausa estiva in cui si è vissuta una (apparente) tranquillità, impone a chiunque abbia la responsabilità di guidare un Paese – non solo l’Italia – di prendere decisioni complesse, in tempi stretti e con un ampio grado di incertezza. Si tratta, allo stesso tempo, di curare le ferite della crisi sanitaria e di pensare al domani, per rimettere in sesto l’economia che subirà danni enormi dal Coronavirus.

Gli aiuti pubblici e i vari sostegni finanziari, in quest’ottica, saranno decisivi per arginare uno shock economico-sanitario senza precedenti nella storia. Esistono alcuni settori sui quali si può e si deve fare di più oggi per risolvere problemi strutturali, con coraggio e lungimiranza: la scuola, il trasporto pubblico, la sanità.

Quanto al trasporto pubblico – specie quello locale – e alla sanità, occorre quanto prima attivare i fondi del Mes. La cifra a disposizione – circa 37 miliardi di euro – corrisponde a quasi il doppio degli stanziamenti di una legge di bilancio “standard”.

Una massa di denaro enorme, dunque, che offre la possibilità, all’Italia, di colmare una serie di rilevanti deficit nella nostra struttura sanitaria nazionale: possiamo assumere più medici e infermieri, migliorare gli ospedali rendendoli più efficienti, aumentare i posti di terapia intensiva e, nell’immediato, finanziare l’apertura di reparti Covid in tempi rapidi per far fronte all’attuale situazione.

In buona sostanza, avremmo la possibilità di investire denaro per la nostra salute – come mai è stato fatto finora – e ci troveremmo un sistema sanitario pronto, eventualmente, anche gestire e contrastare in futuro nuove, imprevedibili situazioni di emergenza.

Una parte di quei fondi del pandemic Mes, inoltre, potrebbe essere sfruttata – sempre in chiave sanitaria – anche per implementare il trasporto pubblico locale, che si sta rivelando uno degli anelli deboli della nostra catena sociale: proprio su autobus e metropolitane, probabilmente, si sviluppa una percentuale significativa dei contagi, cresciuti esponenzialmente dopo l’estate, sia per la riapertura delle scuole sia per il ritorno più stabile nei luoghi di lavoro.

Ma il Mes – si chiede qualcuno – è una trappola? Si sostiene che sia controproducente sul piano politico: se apri quella porta, ti mostri debole rispetto ai mercati finanziari. Vale la pena fare un ragionamento pratico: l’eventuale indebolimento d’immagine, tutto da verificare, sarebbe ampiamente compensato dall’immediato vantaggio economico, poiché i prestiti del Mes verrebbero rimborsati, dall’Italia, a tassi di interesse assai più contenuti rispetto a quelli pagati a chi sottoscrive bot e btp. È sempre debito, ma costa meno sul piano della spesa per interessi: il risparmio si aggira sui 300 milioni l’anno e sprecare questa opportunità sarebbe una sciagura.

Altri osservatori, invece, suggeriscono di pazientare e aspettare il Recovery Fund dell’Unione europea, che vale 209 miliardi: di cui circa 127 di prestiti e 82 di sussidi. Tuttavia, dal 10 luglio, giorno in cui il Consiglio europeo ha dato il là al programma di stanziamenti, si è avviato un tortuoso meccanismo di approvazioni che potrebbe durare ancora mesi. L’Italia, probabilmente, dovrà aspettare l’estate per ricevere i primi fondi. Ma non possiamo permetterci di attendere a lungo: investire sulla salute e sui giovani vuol dire mantenere aperte le porte del futuro.

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