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Sanificare

Sanificare aziende e negozi. Come? E quanto costa?

Per riaprire uffici e negozi bisogna sanificare. Ma come si fa, quali costi bisogna affrontare e quali vantaggi economici sono stati previsti? Tutti i dettagli

Le parole d’ordine della Fase 2 ripetute a più riprese dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dal ministro della Salute Roberto Speranza e dal commissario all’emergenza Covid-19 Domenico Arcuri sarebbero dovute essere: “Mascherine a 50 centesimi”, “app di tracciamento”, “tamponi”, “test sierologici”… La Fase 2 è iniziata dal 4 maggio scorso, il 18 è entrata nel vivo, tra due settimane se tutto andrà come ci si augura avremo anche la possibilità di muoverci lungo il territorio nazionale, ma lo Stato si è rivelato inadempiente su tutta la linea. Mutata dunque anche la parola chiave per aprire e ritornare a produrre: ora è sanificare. Un onere in capo agli imprenditori. I controlli sono serrati e molteplici gli adempimenti richiesti. Per riaprire uffici e negozi bisogna sanificare. Ma come si fa, quali costi bisogna affrontare e quali vantaggi economici sono stati previsti? Start lo ha chiesto a Rocco Ruggiero, amministratore delegato di Fervo Srl, holding di un Gruppo di aziende italiane specializzate in servizi di Facility Management ed Energy Management.

SANIFICARE, COSA E PERCHÉ

Partiamo anzitutto dall’impianto legislativo che impone a determinati soggetti di procedere con la sanificazione degli ambienti: “Il Governo – spiega Ruggiero – nel Decreto rilancio ha sia ampliato alcuni benefici previsti nei precedenti decreti che previsto le misure di sostegno per compensare le sofferenze economiche derivanti dai nuovi costi per le riaperture. Di contro non ha fornito nuove specifiche sulle modalità di sanificazione di ambienti non sanitari”. Allora, in assenza di disposizioni maggiormente accurate, cosa bisogna sanificare? “Fondamentalmente, i luoghi e le aree potenzialmente contaminati da SARS-CoV-2 devono essere sottoposti a completa pulizia (con acqua e detergenti comuni) prima di essere nuovamente utilizzati o a sanificazione preventiva per l’azzeramento della carica batterica. L’intensità dell’intervento, soprattutto su parti più di contatto, come per esempio le maniglie, gli interruttori e le pulsantiere ascensori. Va calibrato in funzione del numero di utenti presenti o che frequentano l’ambiente specifico”.

CI SI AFFIDA AL BUONSENSO

Gli imprenditori e gli esercenti temono di essere beccati in castagna, ovvero, in caso di controllo, di non risultare in regola con le tante nuove norme sulla riapertura e la sanificazione degli ambienti. Lo stesso Ruggiero ammette: “Le norme sulla sanificazione sono uniformi, diciamo che sarebbe necessario un ulteriore approfondimento e chiarimento sulle modalità di sanificazione. Alcuni documenti redatti dagli enti locali sono contrastanti rispetto a quanto indicato a livello nazionale in tema di principi attivi da utilizzare. Sicuramente linee guida più specifiche potrebbero risolvere dubbi e incertezze”. Il consiglio dei professionisti è un invito alla calma e ad affidarsi a buonsenso: “Più le fonti di contaminazione presenti nell’ambiente sono numerose, più la sanificazione dovrà essere frequente”, illustra l’amministratore delegato di Fervo. “Per 100 utenti giornalieri, si prevede sanificazione mensile, in caso di numeri più elevati è meglio un intervento ogni 15 giorni o addirittura settimanale”.

I PROCESSI DI SANIFICAZIONE

Per la maggior parte degli imprenditori l’onere di sanificare i luoghi di lavoro significa inoltrarsi in un mondo sconosciuto. “Secondo il documento dell’Istituto Superiore di Sanità – ci spiega Ruggiero -, diverse evidenze hanno dimostrato che i Coronavirus, inclusi quelli responsabili della SARS e della MERS, possono persistere sulle superfici inanimate in condizioni ottimali di umidità e temperature fino a 9 giorni. Allo stesso tempo però le evidenze disponibili hanno dimostrato che i suddetti virus sono efficacemente inattivati da adeguate procedure di sanificazione che includano l’utilizzo dei comuni disinfettanti di uso ospedaliero, quali ipoclorito di sodio (0.1% -0,5%), etanolo (62-71%) o perossido di idrogeno (0.5%), per un tempo di contatto adeguato”.

SANIFICAZIONE DI CONTENIMENTO E PREVENTIVA

Quindi come muoversi per essere certi di avere un ambiente sicuro dal rischio Covid-19? “In merito alle superfici e oggetti presenti in ambienti chiusi, pubblici e privati, consigliamo quindi ai nostri clienti di valutare l’integrazione di due diverse modalità di sanificazione:  la prima è la sanificazione di contenimento svolta giornalmente, associata all’attività di pulizia ordinaria, con prodotti disinfettanti quali perossido o soluzione di acqua ed ipoclorito al fine di mantenere un basso livello di carica batterica. La seconda è la sanificazione preventiva. Consiste – spiega il numero 1 di Fervo – nell’azzeramento della carica batterica da tutte le superfici e oggetti presenti negli ambienti. A seconda della volumetria degli spazi viene consigliata una gassificazione con perossido per piccole/medie metrature e una nebulizzazione aerosol U.L.V. (Ultra Low Volume) di liquido disinfettante per ampie metrature, come per esempio i magazzini. Non bisogna dimenticare che è importante anche la sanificazione degli impianti aeraulici di trattamento aria (filtri, canali e UTA) per garantirne qualità e limitare la circolazione del virus stesso”.

COSTI E MISURE FISCALI A SOSTEGNO DELL’IMPRENDITORE

Veniamo infine al capitolo dei costi, assai gravoso in periodi come questo in cui il profitto è tendenzialmente azzerato dal lockdown: “I costi dipendono dalla metratura degli spazi da sanificare, dalla tipologia e frequenza di intervento necessario. Diciamo che si va da un euro al metro quadrato ai tre euro”, spiega ancora Ruggiero. Il nuovo decreto Rilancio ha però previsto degli aiuti: “L’art. 130 ter interviene esclusivamente in merito agli incentivi fiscali per la sanificazione degli ambienti di lavoro. La norma del Decreto Rilancio amplia la platea dei beneficiari del credito di imposta già introdotto col decreto legge 17 marzo 2020 n. 18 Cura Italia e relativo alla sanificazione degli ambienti di lavoro. L’art. 64 del Cura Italia infatti non contemplava fra i destinatari del beneficio fiscale, gli enti del terzo settore, ma solo gli esercenti attività di impresa arte e professione. Inoltre, la detrazione, prevista inizialmente nel Cura Italia nella misura limite del 50% delle spesa sostenuta e fino ad un massimo di 20 mila euro è adesso ampliata al 60 % delle spese sostenute nel 2020 fino ad un massimo di 60 mila euro per ciascun beneficiario. Diciamo, però, che nella prima versione del decreto era anche prevista la possibilità di utilizzare il credito d’imposta in compensazione, spalmandolo in dieci anni. Questa previsione è stata cancellata nella versione definitiva del decreto, limitando la possibilità di usufruire del credito di imposta all’anno 2021”.

I DUBBI SUI CREDITI DI IMPOSTA

I crediti di imposta sono sconti sulle tasse venture: in un momento come questo lo Stato chiede dunque all’imprenditore di anticipare i costi. Mossa che farà discutere, come ammette lo stesso Ruggiero: “Sicuramente si tratta di un sostegno nel medio-lungo periodo e non nel breve perché viene richiesto uno sforzo importante alle aziende ed esercenti. Sono state comunque ampliate le categorie di soggetti inclusi e la percentuale di spesa sostenuta per cui richiedere l’incentivo. In ogni caso, come chiarito anche dall’Agenzia delle Entrate in relazione alla medesima previsione del Cura Italia, le modalità di fruizione dell’agevolazione dovranno essere definite con un apposito Decreto Ministeriale”. Tutto è dunque appeso all’ennesimo decreto attuativo. Il Sole 24 Ore ne ha contati 98, senza buona parte del decreto Rilancio è destinato a restare lettera morta.

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