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Landini

Il massimo delle sciocchezze di Francesco Boccia sul salario minimo

Che cosa ha detto il neo capogruppo del Pd al Senato, Francesco Boccia, sul salario minimo. Il commento di Giuliano Cazzola

Eletto per acclamazione capogruppo del Pd al Senato, Francesco Boccia, ai microfoni di Radio Radicale, ha rilasciato una dichiarazione a favore del salario minimo, che rappresenta la “presa del Palazzo d’Inverno” del Pd in versione Schlein.

LA REPLICA DI BOCCIA ALLA PROPOSTA DI CALENDA SUL SALARIO MINIMO

Visto che passava da quelle parti Carlo Calenda e che si era azzardato a fare una proposta in materia, Boccia ha pensato bene di replicare. “Ci batteremo per un lavoro che sia dignitoso, e quindi per il salario minimo. Oggi ho letto una proposta abbastanza folle di Carlo Calenda sul salario minimo da 9 euro, in cui però ha incluso di tutto: tredicesima, ferie, buoni pasto. Se non ho calcolato male, il salario minimo di Calenda è di 3 euro. Forse Calenda ha confuso i lavoratori con gli schiavi, perché a quelle condizioni non si va tanto lontano”.

COSA SBAGLIA BOCCIA

Peccato che per dare prova di zelo Boccia non si sia documentato, perché da quando la questione del salario minimo è entrata nel dibattito (e in taluni disegni di legge presentati nella scorsa legislatura) si è sempre ragionato – più o meno formalmente – di 9 euro lordi. Era questo l’importo indicato nel testo base presentato dall’allora presidente della Commissione Lavoro del Senato, Nunzia Catalfo, prima che il tema venisse accantonato dal governo giallo-rosso e ripreso, fuori tempo massimo a fine legislatura, dal governo Draghi.

Addirittura nel programma del M5S per le elezioni del 25 settembre, stava scritto: “Nove euro lordi l’ora di salario minimo legale per dire stop alle paghe da fame e dare dignità ai lavoratori che oggi percepiscono di meno”. Anche nel programma del Pd il salario minimo girava in quegli stessi paraggi: “nei settori a più alta incidenza di povertà lavorativa, con una soglia minima affidata alla proposta delle parti sociali e che comunque rispetti i parametri della direttiva europea (attualmente per l’Italia, secondo alcune stime pari a circa 9 euro lordi orari)”.

Anche l’INAPP aveva sottolineato un punto critico del salario minimo legale nell’ipotesi dei 9 euro orari lordi, che secondo l’Istituto avrebbero rappresentato l’87% salario mediano nazionale. Di conseguenza, gli spazi reali di contrattazione si sarebbero molto ridotti a livello nazionale, tanto da ridimensionare il ruolo della contrattazione nazionale di categoria, proprio a seguito dei limitati margini economici disponibili al di sopra dell’importo dovuto per legge.

SALARIO MINIMO E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

Su questa strada potrebbe verificarsi quanto ha sostenuto Giorgia Meloni in proposito: è cioè che un salario introdotto per legge potrebbe avere un ruolo sostitutivo di quanto tradizionalmente viene definito tramite la contrattazione. Così, a quel punto, la vera anomalia del sistema di relazioni industriali potrebbe diventare il contratto collettivo nazionale di categoria.

L’Inps a suo tempo calcolò quanti lavoratori avevano una retribuzione inferiore a 9 euro, 8,50, 8 euro lordi all’ora.

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COSA CAMBIEREBBE

Nella passata legislatura, prima che il testo Catalfo finisse in sonno, si svolsero le audizioni di rito. l’Istat – nella memoria presentata –  calcolò che i lavoratori per i quali l’innalzamento della retribuzione oraria minima a 9 euro avrebbe comportato un incremento della retribuzione annuale erano 2,9 milioni ovvero circa il 21% del totale dei prestatori (2,4 milioni escludendo gli apprendisti). Per questi lavoratori l’incremento medio annuale sarebbe stato pari a circa € 1.073 pro-capite, con un incremento complessivo del monte salari stimato in circa 3,2 miliardi di euro. L’adeguamento al salario minimo di 9 euro lordi avrebbe  determinato un incremento sulla retribuzione media annuale dello 0,9% per il totale dei rapporti e del 12,7% per quelli interessati dall’intervento. L’incremento percentuale più significativo avrebbe interessato i lavoratori occupati nelle altre attività di servizi (+8,8%), i giovani sotto i 29 anni (+3,2%) e gli apprendisti (+10%). per un costo di 4,1 miliardi a carico delle imprese.

A sentire le dichiarazione di Boccia, viene da chiedersi se il Pd ha cambiato linea o se lo stesso Boccia è solo male informato. Quanto alla follia e allo schiavismo, lasciamo perdere.

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