Che cosa sta succedendo a Roche?
È un “anno horribilis” quello che si sta delineando per il gruppo farmaceutico svizzero Roche, travolto da una convergenza di traversie che spaziano dai risultati finanziari zoppicanti alle battaglie legali, fino a discutibili strategie di pressione sui governi. Il 23 ottobre ha segnato un punto di svolta negativo: la pubblicazione dei dati del terzo trimestre ha innescato un’immediata reazione di sfiducia sui mercati, con le azioni che hanno subito una flessione del 2,8 per cento, toccando punte del 3,4 per cento alla Borsa di Zurigo.
Nonostante il gruppo abbia tentato di rassicurare alzando l’outlook sugli utili annuali, i numeri raccontano una realtà preoccupante per gli investitori. I gioielli della corona, ovvero i farmaci su cui l’azienda aveva scommesso il proprio futuro, hanno mancato clamorosamente gli obiettivi. Vabysmo, il trattamento di punta per le malattie oculari, si è fermato a 996 milioni di franchi svizzeri, mancando le stime degli analisti. Anche Hemlibra, destinato alla cura dell’emofilia, e Ocrevus, per la sclerosi multipla, hanno deluso le aspettative, registrando rispettivamente un calo del 5 e del 3 per cento rispetto al consenso del mercato.
I DUBBI DEGLI ANALISTI FINANZIARI SU ROCHE
Quello che preoccupa maggiormente gli analisti finanziari non è solo il mancato raggiungimento dei target degli introiti, ma la composizione stessa dei ricavi. Analisti di Rothschild & Co e Jefferies che seguono il comparto hanno etichettato l’attuale andamento di Roche come una “crescita di bassa qualità”. Il paradosso, infatti, è che a tenere a galla i conti non sono le innovazioni, ma le vecchie glorie farmacologiche come Rituxan e Actemra, prodotti ormai datati che hanno sovraperformato solo perché i nuovi lanci non riescono a decollare come previsto. Christoph Wirtz, gestore di portafoglio, ha commentato con Reuters: “Questa è una crescita di qualità inferiore che normalmente non vorresti vedere”. Nel mentre, il ceo Thomas Schinecker tenta di spostare l’attenzione sul mercato dell’obesità, affermando che l’azienda sta “solo graffiando la superficie”, ma la sensazione diffusa è che Roche stia rincorrendo i competitor in affanno.
ROCHE, L’INCUBO DEL “PATENT CLIFF” E LA GUERRA SUI BREVETTI
A complicare il quadro c’è l’avvicinarsi del cosiddetto “patent cliff”, la scogliera dei brevetti. Il gigante di Basilea vede minacciata – secondo il Financial Times – l’esclusività dei suoi farmaci “blockbuster”. Per Ocrevus, che genera miliardi di fatturato, la scadenza del brevetto statunitense è indicata per il dicembre 2025, aprendo la strada a feroci competitor come la sudcoreana Celltrion, già pronta con la sua versione biosimilare CT-P53.
Ancor più critica è la situazione di Actemra (Tocilizumab), al centro di una disputa legale con Biogen che potrebbe costare a Roche fino a 800 milioni di dollari di entrate annue solo negli Stati Uniti, con la quota di mercato a rischio di crollo dal 90 al 50 per cento. Sebbene nell’ottobre 2025 Roche abbia ottenuto una vittoria parziale contro Biogen su un altro fronte, incassando 124 milioni di dollari per royalties non versate sul farmaco Tysabri, l’aggressività con cui l’azienda difende la sua proprietà intellettuale rivela il nervosismo per la perdita di dominio su asset fondamentali, inclusi Perjeta, Stelara ed Eylea.
LA MINACCIA DEI VERTICI DI ROCHE SUI PREZZI
In questo scenario di incertezza, l’atteggiamento del vertice aziendale ha sollevato un polverone di polemiche. Pochi giorni fa, il ceo Thomas Schinecker ha lanciato quello che molti osservatori hanno interpretato come un vero e proprio ultimatum al svizzero e non solo. A seguito degli accordi stretti negli Stati Uniti per ridurre i prezzi dei medicinali, Roche pretende che siano le nazioni più ricche d’Europa a compensare i mancati guadagni americani.
Schinecker ha dichiarato esplicitamente che “i prezzi dei nuovi farmaci vanno aumentati”, avvertendo che un rifiuto di adeguamento da parte della Svizzera porterebbe a conseguenze drastiche: “Roche realizzerebbe un fatturato inferiore, investirebbe meno nella ricerca d’avanguardia, verserebbe meno imposte e creerebbe meno posti di lavoro”. Una posizione che suona come un ricatto occupazionale e sanitario, contrapponendo la “mentalità dei costi” europea a quella dell’innovazione, e scaricando sui sistemi sanitari pubblici nazionali l’onere di mantenere i margini di profitto della multinazionale.
GUAI GIUDIZIARI: DALL’ANTITRUST ITALIANO ALLE SANZIONI ETICHE
La condotta operativa di Roche è finita sotto la lente d’ingrandimento delle autorità anche per pratiche anticoncorrenziali e violazioni deontologiche. In Italia, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato nel maggio 2024 un’istruttoria per un presunto accordo di “pay-for-delay”. Il sospetto è che le sussidiarie del gruppo, come Genentech, abbiano orchestrato strategie per ritardare il lancio del biosimilare Byooviz, mantenendo artificialmente alto il prezzo del farmaco Lucentis a danno del Servizio Sanitario Nazionale.
I problemi etici non si fermano qui: nel luglio 2025, l’organismo di controllo del Regno Unito (PMCPA) ha sanzionato l’azienda per aver promosso impropriamente su LinkedIn il farmaco Susvimo prima ancora che ottenesse l’autorizzazione al commercio, una grave violazione del codice di condotta. Parallelamente, in India, Roche ha subito una sconfitta legale contro Zydus Lifesciences, con il tribunale di Delhi che ha respinto la pretesa del colosso svizzero di accedere ai segreti industriali del concorrente, giudicando la richiesta infondata.
OMBRE SULLA TRASPARENZA E ACCESSO ALLE CURE
Le critiche a Roche si estendono a un modus operandi che le ONG denunciano da tempo. L’azienda è accusata di “evergreening”, ovvero di apportare modifiche marginali ai farmaci in scadenza solo per estenderne il monopolio, e di ostacolare sistematicamente l’ingresso dei biosimilari. Rimane viva la memoria della mancata trasparenza sui dati clinici del Tamiflu, che costrinse i governi a spese miliardarie per scorte di dubbia efficacia, così come le polemiche sulla gestione della pandemia COVID-19, durante la quale la divisione diagnostica ha registrato profitti record mantenendo alti i prezzi dei test e utilizzando sistemi tecnologici “chiusi” che limitavano la flessibilità degli ospedali. In molti paesi emergenti, l’aggressiva difesa dei brevetti sui farmaci oncologici da parte di Roche continua a essere vista come un ostacolo primario all’accesso a cure salvavita per milioni di pazienti a basso reddito.







