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Ucraina

Quanto costerà la ricostruzione dell’Ucraina. Report Ispi e Cepr

La ricostruzione dell'Ucraina costerà circa 600 miliardi di euro, secondo uno studio del Cepr. Intanto, il presidente Zelensky lancia una campagna di raccolta fondi. Tutti i dettagli e le stime.

 

La ricostruzione dell’Ucraina costerà circa 600 miliardi di euro. Tale stima arriva da uno studio del Center for Economic Policy Research (Cepr), un Istituto di ricerca con sede a Londra. Le distruzioni materiali delle bombe russe, lo stop forzato della produzione industriale e agricola hanno messo il paese in ginocchio. Per rialzarsi avrà necessità del sostegno europeo e occidentale.

Giovedì il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha lanciato una piattaforma di raccolta fondi per l’Ucraina, chiamata United24, per ricostruire le infrastrutture distrutte e vincere la guerra contro la Russia.

La distruzione della guerra vale 60 miliardi di dollari

La Kyiv School of Economics ha stimato che “almeno 4431 edifici residenziali, 92 fabbriche/magazzini, 378 istituti di istruzione secondaria e superiore, 138 istituti sanitari, 12 aeroporti, 7 centrali termiche/idroelettriche sono state danneggiate, distrutte o sequestrate in Ucraina” dalle forze russe. I danni materiali, al 24 marzo scorso, sono calcolati in 63 milioni di dollari.

Le stime della Banca Mondiale

Tale dati sono confermati anche dal presidente della Banca Mondiale, David Malpass, che in un suo speech afferma che l’invasione russa ha causato almeno 60 miliardi di dollari di danni alle infrastrutture dell’Ucraina. E questo “non include i crescenti costi economici per l’economia dell’Ucraina”, si legge nel suo discorso. “Ora abbiamo mobilitato più di 3 miliardi di dollari per l’Ucraina per sostenere il mantenimento dei servizi governativi essenziali”, aggiunge il presidente Malpass. “Come dire – scrive l’ISPI – che per la ricostruzione bisognerebbe impegnare quasi la metà dell’intero PIL del Paese pre-invasione. PIL che però a sua volta si ridurrà di un 35%-50% quest’anno: peggio del primo anno di guerra in Siria”. L’Ucraina potrebbe evitare il fallimento solo se ottenesse “15 miliardi di dollari di sostegno finanziario entro luglio, più del doppio dei 7 miliardi ricevuti nei primi due mesi”.  

I costi per lo sminamento del Donbass

Il governo ucraino, prima dell’inizio della guerra, aveva messo in conto una spesa di 650 milioni di euro per bonificare il Donbass, la regione contesa con i separatisti filorussi e invasa dall’esercito di Mosca nel 2014, inquinata dal ricorso alle armi e il cui terreno è disseminato di mine. In Mozambico, ricorda La Stampa, ci sono voluti più di vent’anni per sminare il paese ma il premio (oltre alle vite salvate) è stata una crescita aggiuntiva del Pil del 20 per cento.

Gli aiuti dei paesi occidentali

Sinora i Paesi occidentali hanno fornito all’Ucraina aiuti per circa 24 miliardi di dollari nei primi due mesi di guerra. Anche questa stima arriva dal Kiel Institute, che ha tracciato gli aiuti di UE, USA e altri governi G7. L’ammontare degli aiuti è destinato ad aumentare finché proseguiranno gli attacchi e le atrocità, forniremo aiuti”, ha dichiarato sabato il presidente americano Biden. Gran parte di questa assistenza si concentra sul versante militare, come riporta l’ISPI, crescono però anche i rischi finanziari per l’Ucraina, un Paese che si trova a dover colmare ingenti buchi di bilancio. La Casa Bianca pensa di supportare i conti ucraini con 8,5 miliardi di dollari facendo arrivare “l’assistenza Usa al valore dello 0,25% del PIL americanoPiù dei 42 miliardi dati in aiuti allo sviluppo dagli Usa a tutti i Paesi del mondo nel 2021”.

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600 miliardi di euro per la ricostruzione

Un capitolo a parte riguarda la ricostruzione del Paese una volta che la guerra sarà finita. La Kyiv School of Economics calcola che il costo complessivo della guerra per l’economia ucraina sia di 600 miliardi di dollari. Uno studio del Cepr (Center for economic policy research), stima che gli aiuti esterni necessari alla ricostruzione (ossia al netto dell’apporto nel tempo delle stesse casse ucraine) potrebbero variare tra i 200 e i 500 miliardi di euro a seconda di determinati fattori.  Il Cepr è un think tank fondato nel 1983, formato da una rete di cui fanno parte oltre 700 economisti delle maggiori università e istituti europei.  Secondo la sua analisi, al di là dell’importo esatto della ricostruzione, quello che conta è che l’Ue guidi questo processo con il coinvolgimento di istituzioni multilaterali, come il Fondo monetario internazionale (Fmi) o la Banca mondiale, e in particolare gli Usa.

L’UE vuole guidare la ricostruzione in Ucraina

Il Cepr sottolinea che Bruxelles non solo dovrebbe assumere il timone delle operazioni, ma dovrebbe anche finanziarla con l’obiettivo di far entrare l’Ucraina nell’UE. Lo studio si limita a legare tale prospettiva alla necessità che “gli aiuti siano gestiti in modo pienamente coerente con le politiche e le procedure dell’Ue”, in modo da “fornire un’ancora credibile per le riforme istituzionali (dell’Ucraina, ndr)” e creando un clima di “fiducia per gli investimenti privati”. Secondo quanto riporta Bloomberg, Bruxelles ha già attivato un piano volto al finanziamento della ricostruzione e avrebbe già avvertito gli Stati membri sulla necessità di mettere mano al portafogli per “pagare la maggior parte dei costi”. Contemporaneamente Kiev dovrebbe vedere un’accelerazione del processo di integrazione  già iniziato nel 2017 con l’accordo di associazione.

I vantaggi geopolitici ed energetici

Sono molteplici i vantaggi che l’Ue potrebbe trarre da un ingresso dell’Ucraina nella sua famiglia. Prima di tutto la sua posizione, strategica come crocevia tra Est e Ovest, in secondo luogo la sua produzione agricola e infine le sue ricche riserve energetiche e minerarie, dal gas al carbone alle terre rare. Il Cepr scrive che la ricostruzione del Paese dovrebbe essere vista come “un’opportunità di salto tecnologico. La possibilità più ovvia è creare un’economia priva di emissioni di carbonio“. Bruxelles dovrebbe dunque usare le risorse della ricostruzione per fare del Paese ex sovietico una sorta di prototipo di paese a emissioni bassissime che dovrebbe diventare, nel tempo, il motore del Green deal, capace di ridurre la dipendenza tecnologica e di materie prime critiche dall’estero, in particolare dalla Cina.

Ucraina: motore del green new deal

Attraverso la ricostruzione dell’apparato industriale ucraino si potrebbe spingere sulla riconversione verso la produzione di quei componenti necessari alla transizione ecologica che a oggi l’Ue è costretta a importare soprattutto dalla Cina. Inoltre l’Ucraina è ricca di materiali fondamentali per la svolta green: dal litio e alle terre rare, indispensabili per le batterie delle auto elettriche. Un anno fa, nel luglio 2021, la Commissione europea e il governo di Kiev hanno sottoscritto un memorandum di intesa per la ricerca e lo sfruttamento delle materie critiche ucraine.

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