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arnese

Ressa fra draghiani, Fico poco figo, le vere mire di Vivendi sulla rete Tim

Di Maio, Fico, Draghi, Putin, sanzioni, Vivendi, Tim, rete e non solo. Pillole di rassegna stampa nei tweet di Michele Arnese, direttore di Startmag

 

I CONTI DELL’ESODO

 

FICO POCO FIGO ISTITUZIONALMENTE PARLANDO

 

FOLLE DI PARTITI DRAGHIANI

 

FUNZIONANO LE SANZIONI ANTI PUTIN?

 

BRICS PRO PUTIN?

 

LA RUSSIA NON CORRE PIU’

 

BONOMI NON RUSSA

 

IL PUNTO DI LIMES

 

DOSSIER NATO

 

ITALIA IN MANOVRA

 

COME VA LA CASSA?

 

EXTRACOSTI

 

IL MOTIVO DELLE SPARATE DI VIVENDI SULLA RETE TIM

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ESTRATTO DI UN ARTICOLO DI VERITA’ & AFFARI SU TIM, RETE E VIVENDI:

Se si valuta la sola rete oltre 30 miliardi vuol dire implicitamente che il resto di Tim vale zero o sottozero. Come se la parte dei servizi commerciali, le partecipazioni dal Brasile a Inwit, la parte di servizi alle imprese con conti nulla. Già perché tutti questi analisti che si sono esercitati negli scorsi mesi sul valore intrinseco di Tim, dopo l’offerta fantasma di Kkr, sono arrivati a una conclusione condivisa.

Tutti gli asset di Tim (rete inclusa) valgono tra i 27 e i 30 miliardi di euro. Tolto il debito finanziario netto di 17 miliardi ecco che l’azienda tutta varrebbe come equity tra i 10 e i 13 miliardi di euro. Poco più, nelle ipotesi più prudenti del valore di 0,505 euro per azione che Kkr aveva proposto mesi fa valorizzando l’equity della società per 11,9 miliardi di euro.

Come si vede più di qualcosa non torna nei conti che gli uomini di Vivendi hanno fatto sulla cessione della sola rete.

Basti pensare che l’asset di pregio di Tim che è FiberCop, la rete di fibra che dovrebbe confluire nella futura fusione con Open Fiber fu valutata 7,7 miliardi di cui 3 di debito all’epoca dell’acquisizione del 37,5% del capitale da parte di Kkr. E FiberCop è l’asset con la redditività più esplosiva con il Mol al 70% dei ricavi.

Ma dietro a quella che appare quasi una provocazione da parte di Vivendi ci sono ragioni molto più economiche che umorali. Dall’assalto di Vivendi nell’estate del 2015 Telecom ha vissuto in borsa una stagione da dimenticare. Oggi il titolo è sceso ai minimi di sempre a quota 25 centesimi per una capitalizzazione di soli 5,3 miliardi. Vivendi entrò 7 anni fa nel capitale prima con il 21 per poi salire al 23,75% attuale. Il valore di carico per i francesi è di 1,07 euro per un valore a bilancio iniziale di oltre 3,8 miliardi. Quota man mano svalutata nel tempo, con l’ultima rettifica per oltre 700 milioni a fine del 2021. Nonostante le rettifiche ripetute Vivendi a oggi valorizza le azioni ordinarie che possiede a 65,7 centesimi. E tiene a bilancio gli oltre 3,6 miliardi di azioni ordinarie per un valore di 2,39 miliardi. Ma ai prezzi attuali il vero valore di mercato è di soli 910 milioni. C’è un buco latente (e Bollorè e de Puyfontaine lo sanno bene) di 1,5 miliardi nei confronti di Vivendi se Telecom in Borsa non dovesse riprendere terreno.

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ESTRATTO DI UN ARTICOLO DEL SOLE 24 ORE SUI BRICS:

La diplomazia economica cinese delle porte girevoli sta funzionando alla grande. Rimasto fuori dall’Asian Infrastructure Bank (AIIB) – banca guidata da Pechino che ha congelato i progetti russi e cancellato il summit annuale in calendario a Mosca – il presidente Vladimir Putin rientra nel cerchio magico di Xi Jinping dalla finestra dell’intesa a cinque Brics (Brasile, Russia, India, Cina più Sudafrica), grazie ai nuovi fondi stanziati per il braccio finanziario dell’alleanza tra i 5 paesi attivo dal 2016, la New Development Bank (NDB).

La banca dei Brics è stata appena rifinanziata con 30 miliardi di dollari per il quinquennio 2022-2026 in occasione del rinnovo del board. Il che ha portato a 60 miliardi di dollari la dote stanziata a oggi dalla banca per progetti infrastrutturali. Fondi dei quali usufruirà anche la Russia di Vladimir Putin, che in questo contesto è totalmente al riparo da qualsiasi sanzione internazionale. Sale a bordo anche l’India che finora si è mossa platealmente nell’orbita del Quad, il raggruppamento a quattro con l’Australia, il Giappone e gli Stati Uniti e i cui leader si sono appena incontrati a Tokyo. Sale anche il Sudafrica, in compagnia dei nuovi arrivi Bangladesh, Egitto, Emirati Arabi e Uruguay che hanno aderito alla NDB l’anno scorso, in piena pandemìa.

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