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Recovery Plan tra orgoglio, sospetto e pregiudizio

Il commento dell'economista Ettore Gotti Tedeschi

 

Ci sono manifestamente due visioni distinte, per non dire divergenti, nella valutazione della trattativa in corso alla Ue in vista della approvazione (alla unanimità) del piano di Recovery. Una visione più ricca di sospetto e pregiudizio ed un’altra più ricca di orgoglio e fiducia.

La prima è piuttosto pessimistica, al limite del sospetto di complotto. Spiega che i paesi più deboli (come il nostro) verranno costretti a cedere alle pretese dei più forti (Germania), ma anche alle pretese di quelli solo ricchi e “figli di papà” (Olanda, Austria…), accettando le loro condizioni che ci distruggeranno, imponendo garanzie (“usuraie”) impossibili da dare senza perdere la nostra libertà. Un vero saccheggio del vincitore sul vinto. Questo sospetto aggrava la tensione in corso, accumula troppa adrenalina e rischia di portarci “fuori strada”.

La seconda è più ottimistica ed è fondata su più presupposti incoraggianti. Anzitutto le previsioni del Fmi sulla ripresa a “V”, grazie al piano di Recovering che vede l’Italia avvantaggiata potenzialmente (se approvato) quale maggior beneficiario. Nel 2021 l’Italia potrebbe recuperare ed avere un disavanzo/Pil del 3,5%, certo più alto di quello tedesco (1,5%), ma quasi la metà di quello ben superiore della Francia (6,2%), e molto inferiore al 8.6% degli Usa ed al 9.6% della Cina.

L’Italia nel 2021 ridurrebbe (dal 156%) al 150% il rapporto debito/Pil mentre la Francia lo vedrebbe crescere dal 115 al 116%. Questa previsione di una nostra ripresa è già stata anticipata dai mercati e si potrà riflettere positivamente su investimenti e consumi.

Una nuova ondata di pessimismo, quello esagerato e non giustificato, penalizzerebbe in questo momento l’economia del paese, indebolendone lo spirito della ripresa. Ma potrebbe anche indebolire la trattativa all’Eurogruppo con un eccessivo “processo alle intenzioni” dei Partner europei. Se non si evidenziassero chiari motivi tecnici dimostrabili, ma solo “sospetti e pregiudizi”, comprensibili solo grazie a dichiarazioni di un paio di paesi (“frugali”?), viziatelli “ figli di papà e ricchi di famiglia”, suggerirei la seguente riflessione.

Perché mai la Germania, in questo momento, non dovrebbe sostenere l’Italia che è il suo maggior partner europeo? (40% del nostro export va in Germania). Come potrebbero oggi avvantaggiarsi di una nostra maggior debolezza o addirittura di un’Italexit? La Germania è già stata aiutata dal nostro paese a crescere nelle sue esportazioni grazie ad un euro ben più debole di un suo marco. Dal 2009 al 2018 il Pil/procapite tedesco è cresciuto di circa un 25%, mentre noi, godendo delle assurde ed incomprensibili politiche di austerity del 2011, lo abbiamo visto ininterrottamente crollare di 5 punti percentuali fino al 2014, arrivando nel 2018 a crescita zero….

Una conclusione che prescinde dalle due visioni, quella troppo pessimistica e quella magari considerata da alcuni troppo ottimistica, si fonda su una riflessione che noi italiani per primi dovremmo fare, prima dei partner europei. Siamo noi italiani che dobbiamo chiedere al Governo dove verranno investite le risorse che otterremo dal Recovery plan. Gli Stati Generali avrebbero dovuto esser proposti ed illustrati al popolo italiano in diretta televisiva. Più che gli olandesi o gli austriaci si sarebbe dovuto convincere il popolo italiano della bontà delle azioni previste e proposte. O no? Noi, per primi, avremmo gradito sapere che dette risorse saranno investite in economia reale per sostenere la ripresa e la crescita delle nostre imprese in sofferenza economica e finanziaria, che saranno investite per sostenere immediatamente l’occupazione nelle attività di economia reale ed a sostegno dei consumi che rafforzino imprese italiane. Non in illusorie formulette quali il reddito di cittadinanza o altre beneficenze elettorali. Noi italiani, anzitutto, sempre orgogliosi di esserlo, vorremmo capire cosa si vuole rafforzare per far riprendere la nostra economia. È a noi che importa prima di quanto interessi partner europei.

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