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Governo Conte in crisi? Von der Leyen indifferente

La crisi di governo farebbe perdere all’Italia i 209 miliardi del Recovery Fund? Per Von der Leyen, assolutamente no. L’articolo di Tino Oldani per ItaliaOggi Nel caso di una crisi di governo, l’Italia rischia forse di perdere i 209 miliardi del Recovery Fund? A questa precisa domanda, posta nel corso di una conferenza stampa pochi…

Nel caso di una crisi di governo, l’Italia rischia forse di perdere i 209 miliardi del Recovery Fund? A questa precisa domanda, posta nel corso di una conferenza stampa pochi giorni fa, Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione Ue, ha risposto nei seguenti termini: «Stiamo negoziando con gli Stati membri sul Recovery, indipendentemente dalle diverse situazioni politiche. Abbiamo condizioni chiare secondo le quali il Recovery Fund è accessibile, vale a dire: investimenti e riforme, il green deal e la transizione digitale. Questo è quello che conta per noi». Dunque, parole molto chiare: ciò che conta per la Commissione Ue, al fine di concedere i finanziamenti, è la qualità dei progetti di investimento e la loro aderenza alle direttive Ue, e non altro. Insomma, la versione europea del celebre slogan con cui Deng Xiaoping aprì l’economia della Cina comunista al capitalismo: «Non importa il colore del gatto, l’importante è che prenda i topi».Una pessima notizia per Giuseppe Conte, il quale era convinto di avere una sponda sicura a Bruxelles per il suo governo, e quindi di riuscire ad essere lui a distribuire in Italia i miliardi del Recovery Fund. Una convinzione basata su un fatto preciso: l’Italia, con il voto a sorpresa degli eurodeputati grillini, nel luglio 2019 è stata decisiva per l’elezione della Von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue. E poiché quel voto, in netto contrasto con i precedenti proclami antieuropei dei grillini, era stato fortemente caldeggiato proprio da Conte, non c’è da stupirsi se il premier l’abbia scambiato per una sorta di polizza a vita, garantita da Von der Leyen e da Angela Merkel, sua grande protettrice.

Ingratitudine tedesca verso Conte? Non si direbbe. Anche qui, basta fare un passo indietro e fare mente locale alla distribuzione dei 750 miliardi del Recovery Fund tra i 27 paesi europei, decisa nel luglio 2020. All’Italia, come è noto, è stata assegnata la fetta più grande, più di un quarto del totale: 81 miliardi di sussidi a fondo perduto, più 127 miliardi di prestiti, in totale 209 miliardi. Il tutto giustificato ufficialmente dal fatto che il nostro paese, nella primavera 2020, era stato quello maggiormente colpito dal Coronavirus. In realtà, come ormai ammettono numerose fonti di Bruxelles, quei miliardi erano il tacito ringraziamento di Merkel all’Italia per avere consentito l’elezione di Von der Leyen. Un grazie politico del tutto evidente se si considera che, sui 360 miliardi di fondi gratuiti per l’intera Europa, all’Italia ne sono stati concessi 81, contro i 72 della Spagna, i 40 della Francia e i 26 della Germania.

Non solo. Nell’ultimo anno la pandemia ha colpito duramente anche altri paesi Ue, che all’inizio ne erano quasi rimasti fuori, come la Germania e la Francia. Per questo, la distribuzione iniziale del Recovery Fund tra i paesi Ue sta diventando un tema controverso perfino nella ricca Germania. Tanto che un economista tedesco tra i più noti, Wolfgang Streeck, 74 anni, direttore emerito dell’Istituto Max Planck di Colonia, in un articolo su Makroskop.de, sostiene: «La prima cosa da sapere è che il Recovery Fund non ha nulla a che vedere con il Coronavirus, mentre ha molto a che fare con il salvataggio italiano dal signor Salvini».

Un giudizio per nulla pro-Salvini, né filo-populista, in quanto Streeck è di formazione marxista, da sempre schierato a sinistra, perciò mai tenero con Merkel. A suo parere, il Recovery Fund si iscrive in una logica di potere collaudata: «Gli imperi dipendono dalla buona gestione della periferia da parte delle élites centrali. E nell’Ue ci si aspetta che le élites periferiche siano decisamente pro-europee». Traduzione: il Recovery Fund non è altro che un’arma economica della Germania per consolidare la propria egemonia in Europa, premiando i governi nazionali che ne assecondano i disegni, contrastando i partiti populisti e sovranisti.

In questo scenario, è evidente che il governo Conte-Gualtieri sta recitando nel modo peggiore la parte della «élite periferica» organica al disegno tedesco. Anzi. Con una inefficienza destinata a passare alla storia, in sei mesi non solo non è riuscito a scrivere un Recovery Plan decente, ma ha addirittura perso terreno sul piano dei consensi elettorali nei confronti del centrodestra, come attestano tutti i sondaggi. Fatti ben noti a Bruxelles e a Berlino. E non è un caso se alcuni analisti, perfino nei talk show italiani, ammettono a denti stretti: «Merkel e Von der Leyen hanno già detto grazie a Conte con il Recovery Fund nel luglio scorso, ora basta. Tocca al nostro governo sbrigarsi ad agire».

Piaccia o meno, ci sono anche queste delusioni tacite di Berlino e Bruxelles dietro le impuntature di Matteo Renzi contro Conte e la vaghezza delle bozze sul Recovery Plan, incompleto dopo sei mesi spesi a pavoneggiarsi. E quando Von der Leyen dice che l’Italia non perderà i miliardi del Recovery in caso di crisi politica, per Renzi si apre un’autostrada che conduce alla sconfitta di Conte, forse alla sua caduta, pur di realizzare il Recovery in chiave tedesca, cioè anti-Salvini, vero punto fisso nella strategia di Renzi fin dall’estate 2019. Un disegno che non sembra affatto in contrasto con i desiderata del Quirinale, ove si diano per credibili le indiscrezioni dei giornaloni sul fatto che il presidente Sergio Mattarella sta esercitando una moral suasion per mettere in sicurezza il Recovery Fund e i suoi miliardi, anche se ciò non dovesse più coincidere con la permanenza certa di Conte a Palazzo Chigi. Come le volpi, a volte anche le penne dei pavoni finiscono in pellicceria.

Articolo pubblicato su ItaliaOggi

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