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Quanto pagheranno davvero Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Bper, Banco Bper e Credem con la nuova tassa?

Tassa sui cosiddetti extra margini delle banche: le discussioni nel governo, il chiarimento del Tesoro, gli effetti in Borsa e le stime aggiornate di analisti ed economisti sul reale impatto del decreto sui bilanci di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Bper, Banco Bper, Credem e non solo

 

Avanti tutta, anzi no: retromarcia. La tassa sui cosiddetti extra margini (“ingiusti”, secondo la premier Giorgia Meloni) nella maggioranza e nel governo non c’è ancora chiarezza normativa ed economica. E non mancano anche le discussioni politiche all’interno della maggioranza. Mentre dopo il chiarimento parziale del ministero dell’Economia sulla portata della tassa, gli analisti aggiornano stime e scenari sull’impatto della norma e su quanto gli istituti di credito come Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Bper, Banco Bper e Credem pagheranno davvero.

Ecco fatti, numeri e approfondimenti.

CHE COSA DICE TAJANI SUL DECRETO CON LA TASSA SULLE BANCHE

A riprova del dibattito interno al governo ci sono le parole odierne del vicepremier Antonio Tajani (Forza Italia) che dopo aver difeso a spada tratta il decreto sposando tesi, annunci e argomentazioni durante la conferenza stampa post consiglio dei ministri, ora dice:  “Noi non siamo contro le banche, soprattutto pensiamo alle banche di credito cooperativo e popolari, stiamo lavorando nell’interesse dei risparmiatori. In questo momento le banche devono fare la loro parte in un piano complessivo ma sarebbe miope e dannoso per il nostro sistema economico colpirle in maniera indiscriminata. Per questo bisogna scrivere bene la norma. Il terreno e’ molto delicato e non ci anima nessuno spirito punitivo verso chicchessia”, sottolinea il vice presidente del consiglio in un’intervista al Giornale. Gli introiti che si otterranno, spiega, “devono servire ad aiutare i cittadini a pagare i mutui, a tutelare il risparmio e utilizzarli per aumentare i salari per averli davvero ricchi, a ridurre la pressione fiscale, a detassare le tredicesime, gli straordinari e i premi di produzione”. La norma, ribadisce, “dev’essere scritta bene e sarebbe stato meglio fare tutto a mercati chiusi, in ogni caso vigileremo in Parlamento perché tutto sia fatto nel migliore dei modi”.

IL CHIARIMENTO DEL TESORO PER CALMARE LE ACQUE AI VERTICI DELLE BANCHE

Il giorno dopo l’approvazione del decreto in consiglio dei ministri, e le spiegazioni di Salvini e Tajani, il Tesoro si è deciso di diffondere un “chiarimento” – di fatto una terza versione della norma – con cui si spiegava che la tassa sui profitti delle banche generati dall’incremento dei tassi Bce non potrà superare lo 0,1% degli attivi dei singoli istituti, quota ben inferiore a quel 25% del patrimonio netto inizialmente identificata come soglia massima del prelievo. “Una manciata di righe, essenziali per definire e ridimensionare la magnitudo del salasso, arrivate a mercati chiusi, quando però oramai il danno di credibilità dell’intero sistema bancario (e non solo) agli occhi degli investitori internazionali era fatto”, ha chiosato oggi il Sole 24 ore: “Insomma, alla fine la tassa sugli “extra-profitti” delle banche italiane non sarà nell’ordine di quei 4-5 miliardi attesi da tanti analisti, che avevano fatto i calcoli sulla base delle indicazioni diffuse dal Governo nella serata di lunedì. Sarà ben più contenuta: non andrà oltre i 2-2,5 miliardi di euro per l’intero sistema bancario, e forse anche meno. In pratica una tassa più che dimezzata rispetto alle previsioni”.

IL RIMBALZO DELLE BANCHE IN BORSA

Il diverso impatto per le banche rispetto alla prima versione annunciata del decreto ha avuto riverbero in Borsa: l’indice bancario italiano ha guadagnato il 3,68% (+1% il “cugino” europeo) riducendo al -3,7% il passivo settimanale e trascinando al rialzo l’indice generale (+1,3%). Da inizio anno i titoli bancari milanesi sono saliti del 28%, secondi soli a quelli del settore “risorse di base” (+50%). Risultato: UniCredit ha recuperato 1,8 miliardi, Intesa Sanpaolo 997 milioni, Finecobank 531 milioni, Banco Bpm 331 milioni, Banca Mediolanum 159 milioni, Mediobanca 102 milioni, Bper 79 milioni, Mps 77 milioni e Banca Generali 50 milioni.

LE SIMULAZIONI SUGLI IMPATTI PER BANCA GENERALI E CREDEM

Dopo le prime stime, ora emergono nuove valutazioni: “Abbiamo fatto una simulazione sui conti di Credem, una delle banche più solide e redditizie d’Europa, con un perimetro sostanzialmente nazionale più facile da analizzare (anche se è parzialmente fuorviante analizzare i dati del bilancio consolidato) – ha scritto l’analista e commercialista Giuseppe Liturri sul quotidiano La Verità – e abbiamo stimato che, se nel secondo semestre 2023 il margine di interesse fosse pari a quello del primo, la sovraimposta graverebbe per 216 milioni. Ma con il tetto, estratto come un coniglio dal cilindro dal ministro Giancarlo Giorgetti, si scende a circa 65 milioni. Poco meno della metà delle imposte gravanti sul gruppo nel 2022 e una frazione dei 299 milioni di utile netto del primo semestre 2023. Banca Generali, per fare un altro esempio, ha dichiarato un impatto di poco meno di 20 milioni”.

I REPORT SUGLI EFFETTI DELLA TASSA SULLE BANCHE

Il Sole 24 Ore ha dato conto delle nuove previsioni contenute in alcuni report di analisti e banche d’affari: “Secondo le stime di Jefferies, l’impatto medio del prelievo dovrebbe aggirarsi attorno ai 30 punti base del patrimonio di qualità (CET1 ratio) per le prime 10 banche italiane, «la metà di quanto previsto nello scenario precedente in cui il tetto non era stato previsto». Gli analisti di Ubs mettono in conto un salasso complessivo attorno agli 1,9 miliardi in termini aggregati per le principali otto banche italiane, ognuna delle quali è destinata a fare caso a sè, visto che diverse sono le dimensioni e l’incremento del margine di interesse, base su cui è applicata l’aliquota del 40% prevista. L’erosione di capitale derivante dalla tassa dell’Esecutivo potrebbe aggirarsi attorno al 6% per UniCredit per salire al 15-16% per BancoBpm, con Mediobanca e Intesa Sanpaolo nella fascia intermedia compresa tra il 9 e il 12%. Intesa, ad esempio, si troverebbe a sborsare 877 milioni circa, UniCredit 436, Banco Bpm 190, Bper 152. Le altre banche dovrebbero gestire una decurtazione patrimoniale attorno al 5-9%, cifre comunque ben lontane del precedente 20-27%”.

Ieri Bankitalia ha aggiornato il dato degli attivi bancari, che farà da “tetto” massimo: 3.818 miliardi a giugno. Oggi il prelievo massimo sarebbe 3,81 miliardi (ma conta il dato di fine 2023). “Nel riconteggio di vari analisti, tra cui Intermonte e Kepler – ha scritto il quotidiano la Repubblica – la tassa per le banche quotate sarebbe tra il 6% e il 16% degli utili 2023: circa 900 milioni Intesa Sanpaolo (-11%), 440 Unicredit, 200 Banco Bpm (-15%), 150 Bper (-14%) e 120 Mps (-13%). Cifre squadernate con più sollievo ieri, che potrebbero perfino lasciare inalterate le promesse fatte agli azionisti bancari, pari a remunerazioni attorno al 10% a fronte di oltre 20 miliardi di utili 2023. Ma i banchieri italiani contano di ridurre ancora, nell’iter del decreto, l’esborso, rispetto ai 3,8 miliardi del “tetto”, in linea con i tecnici del Mef che stimano incassi per 2-2,5 miliardi”

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