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Iaia FdI Paper I Costi Del Non Decidere

Quanto costa non decidere su energia, sanità e infrastrutture. Il paper di Start e Icinn

Chi ha partecipato e che cosa si è detto alla presentazione del paper "I costi del non decidere" realizzato da Start Magazine in collaborazione con Icinn (Istituto per la cultura dell'innovazione)

 

Si è svolta il 5 dicembre, sui canali di Start Magazine, la presentazione del paper realizzato in collaborazione con Icinn, l’Istituto per la cultura dell’innovazione dal titolo “I costi del non decidere”. Al centro del dibattito, moderato da Valerio Giardinelli (Innovative Publishing), l’analisi delle problematiche burocratico-normative e quindi politiche attorno ai progetti in materia di energia, salute e infrastrutture. Come ospiti relatori, sono intervenuti Simone Togni (presidente di Anev), l’avvocato Simona Brancaccio (Commissione VIA, Regione Campania), il senatore di FdI Etelwardo Sigismondi, il deputato di FdI Dario Iaia, Sergio Boccadutri della Fondazione Einaudi, e Paolo Raia, Country Manager di Rwe Italia.

QUANTO COSTA NON DECIDERE IN ITALIA

Alla base dei ritardi nelle decisioni sui progetti che servirebbero e servono, di fatto, all’Italia per progredire c’è la farraginosità del dialogo tra i vari interlocutori. A partire dalla politica, che pecca di tirarsi indietro rispetto alla conferma di un indirizzo già tracciato, finendo per abdicare al proprio ruolo.

Nel settore energetico, ad esempio, l’Italia è attualmente al quintultimo posto secondo The European House Ambrosetti in quanto a autonomia. Il potenziale da sfruttare è ampio, raggiungendo il 58,4% dei consumi tramite risorse rinnovabili in meno di dieci anni. I costi delle indecisioni, inoltre sono amplificati dall’incoerenza tra le politiche di indirizzo definite dal decisore pubblico e le misure attuative.

Nell’ambito sanitario, riguardo al principio della riduzione del danno, l’Italia segue l’Oms nell’approccio basato sulla precauzione. Da qui, sebbene la legislazione differenzi i nuovi prodotti dalle sigarette classiche, finisce per concepire i primi come una minaccia e non come una opportunità all’interno di un percorso graduale di riduzione del tasso nazionale di tabagismo.

Infine, anche le infrastrutture nel sistema Italia seguono il treno dell’incompiutezza. Al 31 dicembre del 2021, secondo il ministero delle Infrastrutture, erano 379 le opere non compiute nel nostro Paese. La causa dei mancati completamenti per il 40% è attribuibile alla mancanza di fondi, per il 30% alle problematiche tecniche, per il 18% al fallimento o a recessi, risoluzioni contrattuali dell’impresa. E ancora: per il 6% la causa è riconducibile a sopravvenute nuove norme tecniche o disposizioni legislative; per il 4% al mancato interesse di completamento e per il 2% all contemporaneità di più cause.

IAIA (FDI): LA POLITICA SEMPLIFICHI E PARLI ALLA POPOLAZIONE

“La politica deve fare due cose: semplificare l’ipertrofia normativa” e modificare “l’approccio nei confronti delle popolazioni. Le battaglie di principio vanno messe da parte e guardare l’interesse generale, incentivando una politica che favorisca le popolazioni locali riconoscendo anche degli incentivi a chi ritiene possa essere danneggiato dagli impianti”, ha detto senza troppi giri di parole Dario Iaia della Commissione Ambiente della Camera parlando nel corso della presentazione del paper. Ammettendo, tra l’altro, che “so bene cosa significa non prendere delle decisioni, anche alla luce dei discorsi che facciamo ogni giorno sul Pnrr, sui fondi e sull’impossibilità di spendere le risorse per ragioni burocratiche e giudiziarie”.

TOGNI (ANEV): SERVONO STRUMENTI ADEGUATI PER CENTRARE GLI OBIETTIVI

Sulla stessa linea si è posto Simone Togni, numero uno di Anev. L’associazione dell’eolico da vent’anni lavora per farsi strada e fare strada in materia di sviluppo delle rinnovabili. “Abbiamo degli obiettivi sempre più sfidanti e una mancanza totale di strumenti adeguati. Nel processo autorizzativo abbiamo una burocrazia particolarmente complessa da superare che ci fa perdere molto tempo. All’interno di questa farraginosità il problema è che servono norme trasparenti e condivise”, ha detto.

Paper I costi del non decidere

“Se per completare un processo ci vogliono 5 anni e mezzo è chiaro che c’è un problema ma non si risolve accorciando i tempi dei termini autorizzativi come hanno fatto i precedenti governi”,  ha aggiunto Togni. “Invece continuiamo ad aumentare gli obiettivi e intervenire nella parte formale e non sostanziale delle norme. Pensiamo di aver colto nel governo un nuovo approccio, un cambio di passo”.

Inoltre, rispondendo ad alcune ingerenze tecniche giudicate come inopportune, ha aggiunto: “Chi parla di aree idonee per gli impianti eolici non sa come si fanno. Alla fine ci arriveranno a dire ‘fateli nelle cave’. Noi abbiamo necessità di avere chiaro come si fa. La pubblica amministrazione, a livello nazionale, regionale e comunale, deve capire un elemento fondamentale: questi impianti durano 20 anni, al termine dei quali verranno smontati.

RAIA CHIAMA ALL’UNIFORMITA’

Rimanendo nel settore energetico, secondo Paolo Raia di Rwe Italia “i l grosso limite che vediamo è il conflitto sempre più crescente. Da qui al 2030 dobbiamo installare il doppio di eolico e il triplo di solare” e “per cambiare passo dobbiamo avere tutti lo stesso punto di vista. Per garantire la transizione energetica e anche per tutelarci sui cambiamenti climatica e sull’indipendenza energetica dobbiamo guardare a questi impianti in maniera diversa.

“Dobbiamo cambiare il paesaggio ma non per distruggerlo e guardare a questi progetti in maniera uniforme su tutto il territorio con una visione che non può essere quella attuale delle sovrintendenze”. Inoltre, secondo Raia, “abbiamo necessità di competenze, di personale in grado di stare ai tavoli. Le interlocuzioni che ci saranno da qui al 2030 avranno un volume enorme, quindi è necessario avere a disposizione capacità e competenze. Su questo bisogna investire, queste competenze non si inventano dall’oggi all’indomani. Se non lo faremo, rischiamo di vedere un conflitto tra i vari stakeholders coinvolti che andrà sempre più ad aumentare, e il risultato sarà una grande opportunità mancata”.

SIGISMONDI SEGUE IAIA (FDI): LA POLITICA SCELGA

Sul filone dei concetti espressi da Dario Iaia anche Etelwardo Sigismondi della Commissione Ambiente del Senato ha detto che come Paese “paghiamo il ritardo di scelte che la politica che attenta al consenso e poco alle scelte e ora ne stiamo pagando le conseguenze. Finalmente bisogna riaprire una fase, parlare in maniera intelligente e determinata delle infrastrutture. La politica deve riuscire a decidere e fare delle scelte, programmare e di essere in grado di snellire i processi decisionali”. Anche perché “la politica è anche pedagogia, perché nel momento in cui è la politica la prima a spaventare i territori e ad instillare dubbi, ovviamente si creano delle tensioni che non agevolano il percorso”.

I DANNI DELLE INDECISIONI

Secondo l’avvocato Brancaccio della Commissione Via della Regione Campania, “ogni ritardo può comportare danni sui nostri territorio un aumento delle emissioni di CO2 o di dipendenza dal gas da paesi esteri per cui abbiamo cercato di trovare delle soluzioni, non possiamo normare ma organizzarci con meccanismi fortemente partecipativi”. Anche per Sergio Boccadutri della Fondazione Luigi Einaudi “chi aspira a governare il Paese, e quindi a fare e a cambiare le cose, dovrebbe assumere un altro livello di interlocuzione nell’ambito nel confronto politico. Questo naturalmente significa anche avere la capacità di ascoltare: chi ben governa sa ascoltare bene e poi decide, è una persona che è in grado di ascoltare e comprendere le motivazioni che attivano dagli altri”. Insomma, il quadro è chiaro. La politica non ha più scuse per reiterare i suoi ritardi.

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