Francesco Gaetano Caltagirone si rafforza in Mediobanca. L’imprenditore romano, che a marzo scorso era salito all’1% dell’istituto, detiene ora complessivamente il 5,055% di Piazzetta Cuccia. Quota composta – stando alle comunicazioni Consob sulle partecipazioni in strumenti finanziari e aggregati – da un pacchetto del 2,88% in azioni e da un altro del 2,175% in opzioni.
L’Autorità che vigila sulla Borsa precisa inoltre che la partecipazione del 5,055% è detenuta da Caltagirone tramite le società controllate Istituto Finanziario 2012, Capitolium, Mantegna 87 e Calt 2004 srl. Il 2,175%, invece, si riferisce a contratti di opzione “put” con date di scadenza 16 luglio 2021 per lo 0,113%, 20 agosto 2021 per lo 0,113%, 17 settembre 2021 per l’1,950%.
Caltagirone, ricorda Radiocor, è il primo socio privato delle Generali con il 5,6% circa e non ha partecipato all’ultima assemblea di bilancio (pur avendo votato il bilancio in cda) in parallelo all’alzarsi della tensione con il management del Leone e con la stessa Mediobanca, primo azionista del colosso assicurativo con sede a Trieste.
Nelle scorse settimane intanto anche Leonardo Del Vecchio, altro socio forte del Leone, aveva incrementato la propria quota in Mediobanca portandola al 19%, a un soffio dal 19,99% autorizzato dalla Bce.
Ma perché Caltagirone punta sull’istituto di piazzetta Cuccia guidato da Alberto Nagel? “Tanta liquidità da investire e un obiettivo: ricostruire la storica posizione sul settore bancario che in passato lo ha visto protagonista prima in Bnl, poi Mps e in UniCredit. Sarebbero queste le ragioni chiave che avrebbero spinto in queste ore Francesco Gaetano Caltagirone a salire in Mediobanca di cui ora l’imprenditore detiene poco meno del 3%”, ha scritto il Sole 24 Ore.
Lo spin caltagironiano, curato di solito dal direttore Affari istituzionali Fabio Corsico, è rintracciabile anche su Repubblica: “Fonti vicine all’imprenditore romano non accreditano ampi disegni e strategie, per spiegare l’ultima mossa: piuttosto, la volontà di ricostituire un investimento nelle banche nella tradizione del gruppo. Affermatosi tra immobiliare e costruzioni, Caltagirone poi ha diversificato nei servizi municipalizzati e nella finanza: e negli ultimi 15 anni ha comprato e poi venduto quote rotonde in Bnl, Mps, Unicredit”.
Quasi un investimento creditizio a casa, sembrerebbe. Ma perché scegliere di puntare proprio su Mediobanca? Semplice. L’istituto milanese è il primo socio di Generali con il 12,93% delle azioni e storicamente decide i vertici del Leone.
Caltagirone – rimarca Repubblica – “da mesi combatte una guerra neanche troppo sotterranea contro il capo azienda Philippe Donnet, al rinnovo con tutto il cda tra nove mesi. Lo statuto di Generali ha da poco accolto la possibilità che il cda uscente rediga una propria lista di amministratori, e questo era l’auspicio di Mediobanca che già adotta questo metodo apprezzato dagli investitori del mercato e tipico delle public companies. Ma ora Mediobanca e Generali appaiono sempre più “diarchie”, non aziende a capitale sparso. Ed è possibile che la lista del cda a Trieste muoia prima di nascere”.
Dunque, al di là del bla-bla finanziario secondo cui Caltagirone e Del Vecchio chiedono più intraprendenza manageriale e reddituale a Donnet, il costruttore ed editore romano punta a un ribaltone ai vertici di Generali per contribuire a spodestare Donnet e magari individuare un nuovo presidente, magari l’attuale vicepresidente: Caltagirone.
Fantafinanza? Si vedrà.