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Prove Generali di Mps con Mediobanca

Quali saranno le mosse di Mps su Mediobanca e Generali. Fatti, numeri e scenari

Il successo dell’operazione di Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca è totale. I dubbi erano ormai pochi, ma anche gli ultimi sono stati spazzati via dall’esito emerso dalla chiusura della finestra temporale aggiuntiva per portare a termine l’opas. Le adesioni sono arrivate all’86,33% del capitale della banca d’affari, in pratica quasi la totalità degli azionisti di Piazzetta Cuccia, con l’ultimo giorno, ieri 22 settembre, che si è rivelato decisivo con un balzo di più del 15%.

BILANCIO POSITIVO PER MPS

L’opas si è quindi fermata poco sotto il 90% ed è un risultato “doppiamente positivo per Siena” spiega il Sole 24 Ore. “In primis perché, avendo la maggioranza dei due terzi del capitale, la banca senese si assicura il pieno controllo dell’assemblea straordinaria di Piazzetta Cuccia. E ciò, quindi, consente a Siena di determinare le sorti dell’ex ‘salotto buono’ della finanza italiana, incluso lo scenario della fusione con il successivo delisting”, prosegue il quotidiano economico-finanziario. Ma “nel contempo, non avendo superato la soglia del 90%, la banca guidata da Luigi Lovaglio non ha l’obbligo di acquisto delle quote residue del capitale di Siena (con sell-out e squeeze out), cosa che comporterebbe un esborso cash”.

GLI SCENARI PER MEDIOBANCA

Ora per Mediobanca lo scenario dell’addio a Piazza Affari, (con un costo aggiuntivo per il Monte stimato tra 1,5 e 2 miliardi di euro) e della fusione con Mps sembra “concreto”, come sottolinea il Foglio. Serve però passare per il via libera delle assemblee dei due istituti. Il 28 ottobre sarà nominato il board di Mediobanca, con la scadenza per il deposito delle liste che è stata fissata al prossimo 3 ottobre. Non è ancora chiaro se si opterà per un “traghettatore” più interno in Piazzetta Cuccia a guida dell’istituto, almeno nei primi tempi.

Il bivio, secondo il Foglio, è tra “una integrazione con Mps lasciando Mediobanca come entità separata” oppure “una fusione per incorporazione, che, tra l’altro, consentirebbe di realizzare 700 milioni di sinergie”.

GENERALI E NATIXIS

Il nodo è anche sul futuro di Generali, che “non è un mistero”, evidenzia il Foglio, è “uno degli obiettivi della scalata di Mps a Piazzetta Cuccia”. Il 13,2% del Leone di Trieste posseduto da Mediobanca sarà di fatto controllato da Siena, per la felicità dei due soggetti principali dell’operazione (governo a parte), cioè il gruppo Caltagirone e Delfin, holding dei Del Vecchio. Entrambi vorrebbero un cambiamento per Generali, oggi guidato ancora da Philippe Donnet (nella foto), specie su alcuni progetti, come la osteggiata joint venture con Natixis.

L’azienda francese, secondo le notizie emerse nelle ultime ore, “avrebbe accettato di rinunciare alla penale da 50 milioni in caso di disdetta dell’accordo siglato a gennaio per creare una piattaforma comune su 1.900 miliardi nelle gestioni”, ha raccontato Repubblica.

UNICREDIT SCENDE IN GENERALI

Nel frattempo, Unicredit ha ridotto la sua partecipazione nel Leone di Trieste, sotto la soglia del 2%. Lo scorso aprile piazza Gae Aulenti era arrivata fino al 6,7% di Generali, sostenendo la lista di minoranza di Francesco Gaetano Caltagirone in assemblea. A vincere è stata la linea di continuità presentata da Mediobanca e quindi la guida di Donnet. Ora, come sottolineato da Repubblica, “scendendo al 2%, Unicredit segnala che non ha bisogno di avere in portafoglio una quota più rotonda per stipulare eventuali accordi commerciali o di asset management con Generali”. Ma “tutto dipenderà da come Mps vorrà utilizzare quel 13,2%”.

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