Skip to content

etf difesa

Non solo Leonardo, come sarà l’Etf per la difesa europea

Dopo la quotazione alla Borsa di Londra e a Francoforte lo scorso 4 luglio dell’Etf Future of Defence (ticker NATO), il gruppo Haneft ci prova anche nella Borsa italiana. Tra le società della difesa dell'indice anche l’italiana Leonardo 

Pronto al debutto anche a Piazza Affari l’Etf per la difesa europea.

Dopo la quotazione alla Borsa di Londra e a Francoforte lo scorso 4 luglio dell’Etf Future of Defence (ticker NATO) con un Total Expense Ratio (indicatore dei costi di gestione) ) dello 0,49%, il gruppo Haneft ci prova anche con la Borsa italiana.

“Il replicante Future of Defence di Hanetf debutterà a Piazza Affari il 14 luglio dopo la quotazione a Londra e Francoforte avvenuta martedì 4. Anche l’italiana Leonardo tra le società dell’indice”, riporta Milano Finanza.

L’indice mira a offrire esposizione alle aziende che generano entrate dalla spesa per la difesa e la difesa informatica della Nato e degli alleati della Nato Plus, ovvero i 31 membri dell’Alleanza Atlantica più gli Stati considerati alleati degli Stati Uniti, quindi Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Corea del Sud e Israele.

Si tratta del secondo Etf incentrato sulla difesa ad essere lanciato in Europa, dopo il VanEck Defence UCITS ETF (DFNS), quotato ad aprile con un Ter dello 0,55%.

Dal momento che la tradizionale spesa militare ha iniziato ad aumentare mentre i paesi della Nato puntano a raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil per il budget della difesa, HANetf ha anche sottolineato l’importanza della sicurezza informatica, con l’ETF che riunisce entrambi.

Tutti i dettagli.

LE CARATTERISTICHE

Il prodotto di investimento replica l’Eqm Future of Defense che ha un’esposizione del 54% alla tecnologia dell’informazione e del 46% all’industria. Questa ponderazione lo distingue dal suo rivale VanEck Defence Ucits ETF (DFNS) che ha solo 30 componenti, contro i 48 della Nato, con un peso di poco inferiore al 15% alla tecnologia dell’informazione, rileva il Financial Times.

COME FUNZIONA L’INDICE

Le aziende coinvolte nell’indice devono ricavare oltre il 50% dei loro ricavi dalla produzione e dallo sviluppo di attrezzature militari aeree, marittime, spaziali, terrestri, o avere operazioni commerciali nel settore della sicurezza informatica sotto contratto con un membro della Nato o un alleato della Nato.

L’esposizione massima per paese è del 50%, una misura che mira a fornire un’esposizione globale più diversificata.

Inoltre la ponderazione 50/50 del fondo tra le società di difesa tradizionali e quelle focalizzate sulla sicurezza informatica, riflette un campo di conflitto che sta crescendo rapidamente secondo HANetf.

I TITOLI NEL PORTAFOGLIO

Attualmente le azioni statunitensi rappresentano il 60% del portafoglio, la ponderazione massima, seguite da Francia (10%), Regno Unito e Israele (9%) e Italia (5%).

Delle 41 partecipazioni della Nato, i titoli principali includono Palo Alto Networks (6,3%), BAE Systems (5,3%), società IT come Thales Group (5,2%), Broadcom (5%) e Cisco Systems (4,9%).

ANCHE LEONARDO TRA I TITOLI INCLUSI

Come riporta MF, “l’azienda leader in Italia nel settore della difesa, guidata oggi dall’amministratore delegato Roberto Cingolani, compare nel portafoglio dell’Etf con un peso del 3,12% (unica società italiana del paniere)”.

IL VALORE DEL MERCATO

Un recente sondaggio di HANetf ha rilevato che il 78% dei gestori patrimoniali ha affermato che la geopolitica è diventata più importante nella selezione dei fondi nell’ultimo anno.

“Che si tratti della guerra in corso in Ucraina o del crescente rischio di conflitto su Taiwan o sul Mar Cinese Meridionale, è chiaro che il mondo sta diventando un luogo più rischioso”, ha dichiarato Hector McNeil, fondatore e co-ceo di HANetf.

La spesa globale per la difesa è aumentata del 4% raggiungendo la cifra record di 2,24 trilioni di dollari l’anno scorso, secondo il Sipri. Quest’anno è destinato a continuare a salire, anche se i tassi di interesse più elevati aumentano i costi di indebitamento dei governi.

I membri della Nato sono stati responsabili di gran parte di questa spesa.Tuttavia, secondo una ricerca del Financial Times, solo sette dei 31 membri della Nato hanno raggiunto l’obiettivo di spesa per la difesa del 2% del Pil lo scorso anno. Se lo facessero tutti, le spese totali aumenterebbero di oltre 150 miliardi di dollari l’anno, sostiene il quotidiano finanziaria britannico.

LA STRATEGIA DEL CO-CEO DI HANEFT

“I membri della Nato in Europa stanno finalmente prendendo sul serio la loro quota di spesa per la difesa. La Polonia, ad esempio, punta ora a spendere il 4% del suo PIl per la difesa e costruire potenzialmente il più grande esercito di terra d’Europa” ha osservato McNeil aggiungendo che l’Etf Future of Defence “fornirà agli investitori un mezzo per accedere alle società che saranno pronte a beneficiare dell’aumento della spesa da parte della Nato e degli alleati Nato+ sia per l’hardware militare che per la difesa informatica”.

“Fondi relativi alla difesa esistono, ma tendono a essere industriali pesanti e non focalizzati sulla Nato e sui suoi alleati, che per definizione sono un’alleanza difensiva e non di aggressione”, ha concluso Hector McNeil, fondatore e co-ceo di Hanetf.

Torna su