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Progetto Italia, ecco come Tesoro e banche tengono sulla graticola Salini Impregilo. Fatti, commenti e rumors

Fatti, nomi, numeri e indiscrezioni su Progetto Italia

 

Niente consiglio di amministrazione di Cdp oggi, come invece si era detto nei giorni scorsi, per dare il via libera definitivo alla partecipazione del gruppo controllato dal Tesoro al Progetto Italia di Salini Impregilo a partire dall’operazione su Astaldi.

Come mai non c’è stata la riunione del cda della Cassa? Secondo le indiscrezioni raccolte da Start, è il ministero dell’Economia che ancora non ha completato tutti i passaggi procedurali interni prima di dare l’ok.

In casa di Salini Impregilo c’è fermento e questi ritardi nella tabella di marcia non entusiasmano, come si poteva evincere già stamattina dall’intervista di Pietro Salini al Corriere della Sera che occupava tutta la prima pagina della sezione economia del quotidiano Rcs.

“Serve un ultimo sforzo. Dobbiamo riuscire, lo dobbiamo alle migliaia di lavoratori coinvolti. Sarebbe un peccato fermarsi all’ultimo metro. Si tratta di superare le ultime difficoltà e definire gli ultimi aspetti contrattuali e di avere le decisioni assunte dagli organi competenti: la nostra sfida è fare in tempo”, ha detto al Corsera il ceo del gruppo Pietro Salini.

Un forcing, anche mediatico e pubblicitario, quello di Salini, che sta destando qualche stupore fra Mef e Cdp, secondo rumors finanziari milanesi.

Ma quali sono le prossime tappe? “Siamo in dirittura d’arrivo. Lunedì abbiamo il Cda per approvare l’offerta ad Astaldi. Ci aspettiamo per lunedì tutte le lettere di committment di tutti i soggetti coinvolti, banche e Cdp”, ha detto oggi Massimo Ferrari, direttore generale di Salini. A chi gli chiedeva se fosse stata trovata una quadra con la Cdp su governance e management, Ferrari ha risposto “sì, direi da tempo”.

Secondo Ferrari occorre in primo luogo che le banche deliberino nuova finanza e garanzie per Astaldi “perché altrimenti i progetti italiani si bloccano e anche l’acquisizione di nuovi contratti”. Si parla di un finanziamento di “900 milioni tra Astaldi, Salini Impregilo e contratti che abbiamo in comune e che riguardano anche altre società di costruzioni”.

I cda delle banche creditrici (qui l’articolo sulle posizioni articolate degli istituti) e di Cdp dovranno poi approvare definitivamente l’operazione, il cui iter è previsto si concluda “entro fine luglio” ma “il punto che si mette lunedì 15 è un punto da cui difficilmente si torna indietro”, ha assicurato il general manager di Salini. Ma Bnl-Bnp e Mps non entreranno nel capitale: la prima perché non entra nell’azionariato di aziende finanziate e la seconda non può partecipare ad aumenti di capitale per vincoli europei visto che è controllata dal Mef,

Di fatto in casa Salini si auspica che il lunedì ci sia comunque un formale impegno di Cdp-Mef sotto forma anche di una lettera di committment.

Quanto alla possibile proroga per formalizzare il piano concordatario Ferrari ha precisato che “il tribunale non dà due settimane, il tribunale prende atto di una situazione che è tranquillizzante per Astaldi e poi farà le sue valutazioni”.

Quanto all’aumento di capitale di Salini, funzionale al Progetto Italia, potrebbe svolgersi ad ottobre. “Nei prossimi giorni convocheremo l’assemblea che per i tempi tecnici probabilmente potrebbe essere a settembre”.

In merito all’ammontare “non siamo lontani dalle cifre circolate sui giornali”, ovvero 600 milioni di euro, “con l’apporto di tutti e anche del mercato”, di cui 225 milioni serviranno per Astaldi. “C’è un rafforzamento patrimoniale complessivo che serve anche a mettere la nuova società nelle condizioni di fare eventuali fusioni con altre società attraverso conferimenti, con l’emissione di azioni”.

“I contatti – ha aggiunto – sono aperti a tutti fin dall’inizio e stiamo già lavorando”. Secondo Ferrari “per fare l’interesse del paese il punto fondamentale sono i contratti: i contratti hanno diversi soci, alcuni in bonis, altri no. Bisogna fare in modo che i contratti vadano avanti e si può fare subentrando a chi non è in gran forma o dando finanza a chi è in forma ma non ha le capacità”.

Progetto Italia ha mandato in fibrillazione Confindustria. Oggi da un lato il presidente dell’Ance ha ribadito le critiche al piano, dall’altro il quotidiano confindustriale il Sole 24 Ore con un editoriale ha sottolineato la bontà e la necessità di un campione nazionale del genere.

‘Non ci siamo opposti a prescindere alla creazione di un grande player del settore delle costruzioni capace di competere ad armi pari con le grandi corazzate internazionali, ma se interviene la mano pubblica solo per alcuni allora si alterano le regole della concorrenza e il sistema rischia di saltare comunque”, ha affermato oggi il presidente dell’Ance Gabriele Buia, all’indomani della decisione dell’assemblea Ance di esprimere forti preoccupazioni al possibile ingresso di Cdp in Progetto Italia. Intervento che, stando alle notizie circolate finora, appare come elemento determinante per la creazione del nuovo polo che prevede il salvataggio di alcuni grandi gruppi del settore che insieme occuperebbero i 2/3 del mercato dei grandi lavori e più di ¼ di quelli sopra la soglia europea (5 milioni di euro). ‘

‘Mi chiedo come sia possibile pensare che con un polo di questo tipo la competizione tra imprese non venga falsata: abbiamo già assistito a operazioni simili nel nostro Paese e con scarsi risultati”, sottolinea il presidente dei costruttori. ”L’Ance ha a cuore la tenuta dell’intero sistema imprenditoriale delle costruzioni: non stiamo assistendo a un derby tra grandi e piccoli. Se si falsano le regole della competizione tutti ne vengono danneggiati non solo i piccoli”, sottolinea il presidente Buia. ”Ci vogliono regole uguali per tutti. Dopo oltre 11 anni di crisi il sistema è allo stremo e molte delle nostre imprese hanno resistito solo con le proprie forze, investendo il proprio patrimonio personale, nel silenzio generale”. Né si può pensare che il ”Fondo salva opere, introdotto con dl crescita per dare ristoro ai creditori dei gruppi in crisi, ma che al momento può contare solo su una scarsa dote finanziaria (solo qualche decina di milioni all’anno), possa essere una risposta efficace alla montagna di crediti vantati dalle imprese che hanno lavorato a valle e dai fornitori”.

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