Oggi avrebbe dovuto essere il D-Day per la trasmissione del piano strutturale di bilancio a sette anni alla Commissione. Invece non accadrà nulla, come non accadrà nulla per tutti i prossimi giorni, almeno fino al 15 ottobre. Per ora.
IL NUOVO PATTO DI STABILITÀ
Cosa sta accadendo? Nulla di particolare, se si tiene in mente quel famoso aforisma che recita «gli uomini fanno i piani e gli dei sorridono». Semplicemente si tratta della prima applicazione della riforma del Patto di Stabilità e tutti i governi, non solo quello italiano, hanno bisogno di tempo, molto tempo, per arrabattarsi in un labirinto di regole possibilmente più intricate di quelle del precedente Patto di Stabilità.
Ecco che il 20 settembre è diventata una data scritta sul ghiaccio nei giorni di solleone. Solo due Paesi, Malta e Danimarca, dovrebbero farcela. Altri 15 Paesi, oltre all’Italia, hanno chiesto, e di fatto ottenuto, alla Commissione di posticipare l’invio al 15 ottobre. E ancora altri 9 Paesi (tra cui spicca la Francia) non ce la faranno nemmeno entro il 15, e si sono impegnati con Bruxelles a presentare i piani entro fine ottobre.
IL PEGGIO DEVE ANCORA VENIRE?
Se questo è l’inizio, figuriamoci cosa accadrà quando si entrerà nel merito dei singoli piani. Già il solo pensare a un piano a 7 anni è fonte di enormi perplessità; figuriamoci quando in questo piano si ha la presunzione di farci entrare riforme, investimenti, impegni di bilancio, ciascuna particolarmente complessa, che spesso devono passare dai rispettivi Parlamenti, almeno per salvare le apparenze. Tutti piani che quasi sempre superano anche le scadenze delle legislature in corso, con la relativa incertezza su cosa potrebbe accadere in caso di ribaltamento della maggioranza politica.
Con la beffa che si tratta di numeri verosimilmente destinati ad essere travolti dalle mutate circostanze e da tanti possibili eventi in grado di sconvolgere proiezioni concepite nell’atmosfera controllata di qualche PC di qualche economista del Mef. Poi c’è la realtà.
COSA SUCCEDE IN REPUBBLICA CECA E IN FRANCIA
Per esempio quella delle inondazioni che stanno sconvolgendo in queste ore il centro Europa. E il governo della Repubblica Ceca cosa intende fare, per riparare i danni? Semplice annuncia uno sforamento del 12% rispetto agli obiettivi di bilancio 2024, con una coda nel bilancio 2025. Ben 1,8 miliardi in più necessari come il pane per rifare argini, ponti, strade e il piano di “austerità” tanto caro a Bruxelles, d’incanto non vale più nemmeno la carta su cui è stampato. Per non parlare dei mille fantastiliardi di investimenti progettati da Mario Draghi? Come li finanziamo? Con il deficit in riduzione?
Ma questo è solo un modesto aperitivo rispetto a quanto potrebbe arrivare da Parigi, dove proprio in queste ore Michel Barnier ha presentato il proprio governo a Emmanuel Macron. Diversamente dall’Italia, già avviata a legislazione vigente su un sentiero di riduzione del deficit/PIL, a Parigi il trend è verso un peggioramento del deficit e del debito, quindi dovrà essere ben superiore la correzione.
Ma non vogliamo dirvi altro per non rovinarvi la sorpresa. Da Parigi potrebbero arrivare molte “soddisfazioni”.