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Bollette

Come e quanto il caro-energia peserà sul Pil della Germania

Per il 2022, l'Ifo stima una perdita di reddito reale di circa 64 miliardi di euro in Germania, pari all'1,8% della produzione economica. L'articolo di Pierluigi Mennitti.

L’aumento dei prezzi del gas e del petrolio sta risucchiando miliardi di euro dall’economia tedesca. È il contenuto dell’ultimo report pubblicato dall’Ifo, l’istituto di ricerca economico di Monaco di Baviera, uno dei centri più autorevoli della Germania, che stima a poco meno di 110 miliardi di euro la cifra complessiva nel triennio che va dal 2021 (anno in cui i prezzi hanno iniziato a impennarsi) al 2023.

L’economia tedesca è in crisi energetica, scrive l’Ifo, e il nuovo report dimostra che il prodotto interno lordo corretto per i prezzi attualmente sottostima in modo significativo i costi macroeconomici associati. Il motivo, spiegano gli analisti di Monaco, è che una parte considerevole del reddito reale misurato con il prodotto interno lordo sta defluendo verso l’estero per pagare il conto in forte aumento delle importazioni di gas naturale e petrolio.

Veniamo ai numeri. Per l’anno in corso, l’Istituto Ifo stima una perdita di reddito reale di circa 64 miliardi di euro, pari all’1,8% della produzione economica. L’anno scorso era già di ben 35 miliardi di euro, pari all’1,0%. “L’anno prossimo si aggiungeranno probabilmente altri 9 miliardi di euro, pari allo 0,2% della produzione economica”, ha affermto Timo Wollmershäuser, che dell’istituto bavarese è il responsabile delle previsioni economiche.

Dati negativi che fotografano il nuovo scenario in cui è precipitata la Germania con la decisione di Putin di muovere le sue truppe verso l’Ucraina: decisione che ha suscitato una reazione durissima dell’Occidente, tanto da modificare e ribaltare equilibri economici ed energetici che nell’ultimo ventennio avevano creato le condizioni perfette per il particolare – ma evidentemente fragile – secondo boom economico tedesco (dopo quello degli anni Cinquanta-Sessanta del secolo scorso). Wollmershäuser approfondisce e dettaglia i numeri della débâcle. “Nell’insieme, la perdita di reddito reale ammonta a poco meno di 110 miliardi di euro, pari al 3% della produzione economica di un anno”.

Sono cali paragonabili a quelli della grande crisi energetica che proprio negli anni Settanta del Novecento interruppero il primo boom economico (non solo tedesco) aprendo una lunga fase di incertezza che dal piano economico tracimò poi su quello sociale e politico. “Solo durante la seconda crisi dei prezzi del petrolio, tra il 1979 e il 1981, la percentuale di perdita di reddito reale era stata ancora più alta, pari al 4% del Pil”, riprende Wollmershäuser: “Secondo i nostri calcoli, infatti, la prima crisi dei prezzi del petrolio, quella del 1973/74 era costata meno, l’1,5% del prodotto interno lordo”.

La perdita complessiva di potere d’acquisto negli anni dal 1979 al 1981 fu compensata solo nel 1986, quando si verificò un forte calo dei prezzi del petrolio e contemporaneamente il marco tedesco si apprezzò notevolmente rispetto al dollaro statunitense. Anche questa volta il recupero richiederà tempo: “L’attuale calo del reddito reale continuerà probabilmente nei prossimi anni”, ha spiegato l’esperto dell’Ifo, “da un lato, i prezzi dell’energia rimarranno elevati in modo permanente con la perdita della Russia come fornitore, dall’altro la dipendenza della Germania dalle importazioni di energia non cambierà tanto presto”. Su questo punto inutile farsi troppe illusioni. La progressiva costruzione dei nuovi rigassificatori galleggianti (i primi due potrebbero entrare in funzione già questo inverno) aiuteranno a mitigare la sete di fonti, ma non potranno sostituire in pieno il gas che arrivava dai tubi del Nord Stream 1, oltre al fatto che l’intero complesso dei terminal galleggianti sarà completato non prima del 2025 e che quel gas liquido costerà molto di più di quello russo. Quanto all’impulso delle fonti verdi, basti guardare alla lentezza con cui procede l’ampliamento dei parchi eolici, specie quello onshore, per comprendere l’allarme di tutti gli operatori delle reti secondo cui il vero inverno dell’emergenza non sarà quello cui andiamo incontro ma il prossimo.

Per tornare ai dati dell’Ifo, Wollmershäuser sottolinea come la quantificazione delle perdite di reddito reale verso l’estero sia importante in tutte le discussioni sulla distribuzione perché – spiega – rappresentano la parte della produzione economica prodotta in Germania che deve essere trasferita all’estero per pagare il conto delle importazioni e non può essere distribuita all’interno: “Ad esempio, le trattative salariali devono tenere conto del fatto che gli alti prezzi dei beni e dei servizi prodotti in Germania non sono il risultato di un boom che fa lievitare i profitti delle aziende. Essi riflettono principalmente gli alti costi che devono essere pagati per l’energia e i prodotti intermedi importati. Il reddito da distribuire tra lavoratori e imprenditori deve quindi essere corretto per le perdite di reddito reali”.

Per gli economisti bavaresi, anche l’idea che il nuovo interventismo statale possa attenuare tutti i disagi è sbagliata e può creare pericolose illusioni e anche gravi errori di strategia finanziaria. “Le misure di sostegno dello Stato non possono modificare l’entità della perdita di reddito reale. Possono solo influenzare la quota che i singoli gruppi di popolazione devono sostenere”, avverte l’Ifo. Che poi aggiunge, più a modo di monito che di analisi: “E ad esempio possono trasferire le perdite nel tempo alle generazioni future, se le misure sono finanziate con il debito o con minori investimenti”.

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