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Imprese

Cosa succederà ai prestiti bancari. Report Abi

Secondo l’Outlook Abi-Cerved nel 2021 i tassi di deterioramento dei prestiti saliranno al 4% e, in caso di una seconda ondata e di un altro lockdown, al 4,6%. Tutti i dettagli

Effetto Covid anche sulla qualità del credito concesso alle aziende. La previsione arriva dall’Outlook Abi-Cerved, che elabora stime e previsioni dei tassi di deterioramento dei prestiti erogati alle società non finanziarie. Secondo il dossier elaborato da Palazzo Altieri e dalla società che analizza i rischi di credito, i tassi di deterioramento dei prestiti concessi alle imprese italiane tenderanno a crescere nei prossimi due anni, a causa proprio della pandemia, raggiungendo un picco del 4% nel 2021 per poi riprendere a scendere nel 2022.

Consola il fatto che, “nonostante la crisi, il fisiologico aumento della rischiosità, che interesserà tutte le classi dimensionali, rimane molto inferiore a quanto sperimentato in passato, sia nello scenario base sia in quello peggiorativo”. I nuovi crediti deteriorati dunque rimarranno lontani dai picchi raggiunti nel 2012 (7,5%) e, pure nel caso di una nuova ondata di contagi in autunno, il tasso di deterioramento potrebbe toccare quota 4,6%, anche in questo caso tenendosi lontano dai massimi di otto anni fa.

ANDAMENTO PRE COVID

Secondo quanto emerge dall’Outlook, che esamina dati della Banca d’Italia, il sistema bancario lo scorso anno aveva “pienamente” superato la fase di emergenza dei crediti deteriorati, la quale aveva toccato l’apice nel 2015. Anche nel primo trimestre del 2020 è proseguito lo stesso trend sia grazie alla cessione di Npl sia grazie al calo dei nuovi flussi di crediti deteriorati.

Dunque, a marzo scorso lo stock di crediti deteriorati lordi si attesta a 131 miliardi, -22,2% su base annua, a fronte dei 360 miliardi toccato a fine 2015. Flessione anche per le sofferenze lorde, a quota 68 miliardi (-23,7%), e per gli altri crediti deteriorati a 63 miliardi (-20,4%) di cui 59 miliardi sono inadempienze probabili (-21,8%) e 4 miliardi sono esposizioni scadute, le uniche a crescere a livello tendenziale (+6,4%). In decremento anche le sofferenze nette, a 26 miliardi (-16,3%).

ANALISI PER SETTORI E PER CLASSI DIMENSIONALI

Per quanto riguarda i diversi settori, il trend alla fine dello scorso anno ha mostrato un calo generalizzato dei nuovi crediti in default con il miglioramento più forte nelle costruzioni (dal 4,7% al 4%), seguito dai servizi (dal 3,2% al 2,8%), da agricoltura e industria (rispettivamente dal 3,2% al 3,1% e dal 2,4% al 2,3% nel 2019. In particolare i divari più significativi rispetto al picco pre crisi si è registrato per le piccole imprese (1,6% nel 2019 contro 2,6% nel 2007) e per quelle medie (1,1% nel 2019 contro 1,9% nel 2007) mentre nel settore delle costruzioni il calo dei tassi di deterioramento è stato marcato in tutte le classi dimensionali. Non così i servizi dove ad avvantaggiarsi sono state le aziende di dimensione più ridotta: le micro hanno presentato tassi del 3,1% (dal 3,4% del 2018) e le piccole del 2,1% dal 2,3% del 2018.

ANALISI PER AREE GEOGRAFICHE

Andando a fare un giro all’interno dell’Italia, nel 2019 i tassi di deterioramento delle imprese si sono ridotti in tutte le aree con una flessione  più importante nel Centro (tassi al 3,4% dal 3,8% del 2018). A seguire una flessione dello 0,3% in tutte le altre aree geografiche, con il Nord-Est al 2,1%, il Nord-Ovest al 2,4% e il Sud che, nonostante il miglioramento, rimane l’area più rischiosa. I valori del 2019 sono in tutti i casi molto distanti dai livelli pre-crisi finanziaria, con un divario particolarmente alto nel Nord-Est (dal 3,1% del 2007 al 2,1% del 2019) e al Sud (dal 4,9% del 2007 al 4,1% del 2019).

LE PREVISIONI AL 2022

Abi e Cerved hanno anche elaborato delle previsioni per l’andamento dei tassi di deterioramento sulla base di ipotesi di scenario che tengono conto degli effetti del Covid-19 sul sistema economico italiano. Ad essere presi in considerazione sono gli impatti del lockdown, delle disposizioni dei diversi decreti di Palazzo Chigi e dell’evoluzione del commercio internazionale.

In base a questo scenario, nel 2020 l’economia italiana subirà una forte contrazione del Pil (-8,2%) facendo poi registrare un rimbalzo nel 2021 (+5,2%) e un ulteriore incremento del 2,1% nel 2022. Nel biennio 2021-2022 torneranno a crescere gli investimenti (+8,4% nel 2021 e +2,9% nel 2022) e le esportazioni (+6,4% nel 2021 e +4,9% nel 2022) e gradualmente anche i consumi privati (+5,2% nel 2021 e +2,1% nel 2022). Per quanto riguarda i tassi di deterioramento delle società non finanziarie, nel 2020 si dovrebbe registrare un ritorno alla crescita a causa della crisi economica innescata dal Covid-19 (3,8%). Il livello massimo è previsto nel 2021 (4%): poi un calo per giungere al 3,3% nel 2022.

Secondo Abi e Cerved alla fine del periodo di previsione i tassi di deterioramento delle piccole imprese (2,1%) e di quelle grandi (1,3%) si riporteranno sui livelli pre-Covid, mentre quelli di micro e medie imprese rimarranno su livelli più alti del 2019 ma comunque inferiori rispetto al 2007. Fra i settori l’edilizia risulterà il più danneggiato dallo shock generato dalla pandemia con tassi di deterioramento che dopo aver raggiunto il 5,6% nel biennio 2020-21 caleranno al 5,3%.

LO SCENARIO PEGGIORATIVO

Come si diceva, nell’Outlook viene preso in considerazione anche uno scenario peggiorativo, in cui si ipotizza una ripresa dell’economia più lenta a causa di una seconda ondata di contagi e di un altro lockdown in autunno. In tal caso Abi e Cerved prevedono per quest’anno una discesa più marcata del Pil (-12%), con un rimbalzo del 9,5% nel 2021 e una crescita del 2,6% nel 2022. Flessione più forte per i consumi privati (-12,3%), gli investimenti fissi lordi (-17,4%) e le esportazioni (-14,8%).

Anche i tassi di deterioramento subirebbero un marginale peggioramento: in particolare, i nuovi crediti in default salirebbero al 4,5% nel 2020, al 4,6% nel 2021 per poi calare e chiudere al 3,8% nel 2022. A pagarne il prezzo soprattutto le piccole e medie imprese e, a livello settoriale, i servizi e l’industria. Per quanto riguarda infine le aree geografiche i tassi salirebbero al 2,8% nelle regioni del Nord-Est, al 3,2% nel Nord-Ovest, al 4,4% al Centro (+1%) e al 5,1% nel Sud (+0,9%).

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