Caro direttore,
immagina di andare al tuo supermercato di fiducia, quello per cui fai lo sforzo di mantenere nel portafoglio tutti i bollini stropicciati che ti danno a ogni spesa e che puntualmente finiscono ovunque come coriandoli quando lo apri per pagare. Ecco, dicevo, immaginati di andare tutto tronfio al punto di assistenza, con la tua bella tesserina agghindata a festa, piena di bollini argentati e dorati che nemmeno la divisa con cui Gheddafi indossava per venire in Italia.
Immaginati di consegnare alla commessa al banco la tua tessera, aspettare che conti i bollini, e chiedere, chessò, il set per fonduta senza cui proprio non riuscivi a vivere. La gentile impiegata te lo porge e in tutta risposta e ti metti a urlare, sollevando lo scatolone sulla tua testa, come neppure Sinner con la coppa dell’Australian Open, saltando tra le corsie mentre gridi al mondo che la hai vinta perché sei il cliente più intelligente del negozio, o quello più bello, o bravo. O vedi tu. Probabilmente chiamerebbero la sicurezza per cacciarti a pedate, perché sembreresti matto: quel premio di fatto te lo sei comprato coi soldi delle spese, in cambio di bollini. Non lo hai vinto niente e nulla ti è stato assegnato. Il tuo solito merito è stato conservare i bollini nel portafoglio senza perderli.
Perché ti tedio con questa introduzione infinita? Perché voglio tornare sui premioni assegnati alle grandi aziende: non alzare gli occhi al cielo, so che l’argomento ti annoia perché a novembre, dopo la mia ennesima lettera, mi avevi intimato di sputare i nomi o non mi avresti più dato retta. E io oggi torno da te proprio con quelli. Anzi, con un nome, ma giusto per iniziare.
In verità mi scuso: lo scorso autunno mi ero presentato qui tutto baldanzoso convinto di aver fatto lo scoop del secolo ma poi indagando meglio ho scoperto che è tutto alla luce del sole. O quasi, basta avere la voglia di cercare e la pazienza di navigare per siti non sempre chiarissimi. Tant’è, è sufficiente leggere per esempio queste FAQ per scoprire che sì, il bollino certifica la tua qualità aziendale, ma al contempo ti viene rilasciato solo se paghi, logico no?
“Il sigillo di qualità – si legge sul sito dell’Itqf – è marchio di certificazione registrato presso il Ministero delle imprese e del Made in Italy e che viene assegnato in maniera imparziale alle aziende che vincono le nostre indagini. Le aziende che vogliono usare il sigillo come strumento di marketing, possono acquistarlo come licenza annuale”.
La seconda domanda ha attirato la mia attenzione: perché acquistare un sigillo? Ohibò, avrò letto male? Acquistare? Risposta: “Secondo un sondaggio di GFK Eurisko il 79% degli italiani vuole una certificazione indipendente di qualità al momento dell’acquisto. Il 23% comprerebbe più volentieri prodotti e servizi certificati da un istituto di ricerca tedesco. Le aziende con i nostri sigilli si posizionano generalmente meglio sul mercato rispetto ai competitors”.
Ricapitolando, io consumatore esigo qualità. Strano, eh? Mi fido solo di chi è marchiato con una etichetta che la certifichi. L’azienda allora che fa? Se la compra per esporla. Ma ti pare tutto normale? A me sinceramente no: cosa c’entrano i soldi in tutto questo? Ho sempre pensato che premi e certificazioni fossero una “fiera delle vanità”, ma questo è davvero un mercato!
Terza domanda: quanto costa un sigillo? “I sigilli di qualità hanno costi che variano in base alla loro tipologia e all’ampiezza dell’indagine svolta. Il prezzo di una licenza, invece, non varia in base all’uso che ne viene fatto (online, TV ecc.). Invitiamo, infatti, i nostri clienti ad impiegare i sigilli su tutti i canali possibili per usufruire al meglio del loro potenziale. Per conoscere il prezzo preciso di un sigillo, mandi un ́email a […] oppure ci contatti allo […]”.
Ovviamente non lo dicono. Non costerà certo poco, quel bollino, scommetto. E immagino pure che vengano acquistati coi fondi che annualmente vengono fatti confluire nei budget per il marketing, perché alla fine di quello stiamo allora parlando, no?
Altra domandina interessante: chi usa i sigilli? “I sigilli di qualità sono impiegati con successo da centinaia di aziende in diversi mercati in Europa. In Italia, tra i nostri clienti sono Amazon, De Cecco, e-distribuzioni, Enel, Ferrovie dello Stato Italiane, Generali, Intesa Sanpaolo, Sara Assicurazioni, Ubi Banca, Wind 3. […] Il sigillo di qualità è garanzia di successo per le aziende e di fiducia per i consumatori. La certificazione da parte di un ente indipendente attribuisce più credibilità alle aziende, aumentando la fiducia dei consumatori e guidandoli nelle scelte di acquisto”.
Per usarli però occorre essere “tra le aziende qualificate nelle nostre indagini”, capito? Solo in quel caso “riceverete tutte le informazioni necessarie per ottenere tramite licence fee i sigilli per il relativo studio. Se, invece, non siete stati compresi nel campione d´indagine, potete chiedere che venga condotto un audit specifico per valutare in modo imparziale la soddisfazione della vostra clientela”. Che, direttore, non so te ma a me pare un modo di salvare un po’ capra e cavoli, come a dire: senza un effettivo substrato qualitativo, non sei nei radar, ma anche nel caso lo fossi, il bollino te lo diamo solo pagando (e allora è una questione di vile denaro, la qualità mica c’entra). Se poi non sei nei radar, chiama e concordiamo “un audit specifico”. Come? Si paga pure quello?
Nomi?
Stranamente non è più presente sul sito attuale, ma come ti dicevo in Italia il referente- o l’ex referente – compare ancora.
Ma, almeno fino a qualche tempo fa era lui, come puoi vedere da questo link di archivio, ancora perfettamente visitabile.
Buon lavoro,
Francis