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Pnrr, ecco fini e incognite

L’intervento di Alessandra Servidori, docente di politiche del lavoro, componente il Consiglio d’indirizzo per l’attività programmatica in materia di coordinamento della politica economica presso la presidenza del Consiglio

Ad oggi 29 gennaio 2022 pare utile — mentre la giostra dell’elezione del Presidente della Repubblica continua a girare vorticosamente — soffermarmi sull’attuazione del Recovery Plan e trovo corretto cominciare dall’affermazione del Presidente Draghi che continua a raccomandarci: “L’Italia deve combinare immaginazione, capacità progettuale e concretezza, per consegnare alle prossime generazioni un Paese più moderno, all’interno di un’Europa più forte e solidale”. Ricordare la tabella di marcia che Goretti, coordinatrice della cabina di regia della PdC ha pubblicato è ancora e sempre valida.

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A dicembre al Rome Investment Forum, il ministro Franco ha dichiarato che il governo italiano ha completato 35 dei 51 milestone concordati con l’Europa entro il 2021. Mancavano ancora quindi 16 obiettivi da centrare entro fine anno per ricevere la seconda tranche di fondi da 20 miliardi. E per accelerare l’attuazione del programma si sono dati ai ministeri «obiettivi settimanali, anziché solo mensili». E a tal fine sono stati approvati provvedimenti che permettono di raggiungere otto obiettivi, tra cui il via libera al fondo rotativo per il sostegno alle imprese per gli interventi di riqualificazione energetica, sostenibilità ambientale e innovazione digitale e la legge quadro sulla disabilità.

Molti obiettivi però sono ancora in affanno. E non solo per ragioni politiche. Ma anche perché i provvedimenti normativi necessari per metterli in moto sono molti: ne sono stati varati 549, la maggior parte dei quali però richiede ulteriori norme e regolamenti di attuazione. Tra i 16 target mancanti, restano così i decreti per la riforma della giustizia civile, l’attuazione dello “Sportello unico doganale”, il completamento dell’hub per il turismo digitale, la realizzazione degli interventi per la disabilità, ma soprattutto le assunzioni di 1.000 tecnici della pubblica amministrazione per l’attuazione del Pnrr che sono lente.

Per l’assunzione dei professionisti (da ripartire tra le Regioni) che devono «fornire assistenza tecnica e rafforzare la creazione di capacità per l’attuazione del Pnrr», le procedure ancora non sono state concluse. A buon punto la riforma del processo civile, e si attende che entrino in vigore i decreti attuativi. Stessa cosa per la riforma in materia di insolvenza e per quella in materia di appalti pubblici e concessioni. Sul fronte del lavoro, dopo l’approvazione del decreto sulla GOL, Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori, adesso si attende l’attuazione dei piani locali da parte delle Regioni e con l’approvazione di Anpal, i primi finanziamenti che arriveranno a partire da gennaio 2022.

Sul tema ambientale, gli obiettivi di ispirazione green hanno comportato l’estensione del Superbonus e il Ministro della Transizione Ecologica e Ambientale ne ha dato una accelerazione ed ha pubblicato sul sito i decreti con i criteri di selezione per i progetti di raccolta differenziata e gli impianti di riciclo, per i quali è previsto un finanziamento di 1,5 miliardi di euro, e per le iniziative “faro” di economia circolare (il cui costo si aggira sui 600 milioni). A questi si aggiunge anche il decreto di approvazione del piano operativo per il sistema avanzato e integrato di monitoraggio e previsione dei rischi idrogeologici (il cui finanziamento si aggira invece sui 500 milioni e riguarda soprattutto il Sud). C’è da accelerare il capitolo delle riforme, in particolare in materia di gas “verdi”, idrico e inquinamento atmosferico, cruciali per aprire la strada agli investimenti. Per realizzare la transizione digitale ed ecologica, oltre agli investimenti e alle riforme previste nell’agenda di Governo, serve il giusto capitale umano. E, soprattutto, occorre creare nuove competenze e nuovi profili professionali digitali e green, che oggi in Italia scarseggiano.

Con il Pnrr sarà possibile creare presumibilmente 380mila nuovi posti di lavoro tra le donne e 81mila tra i giovani. Ma a patto che vengano create le giuste competenze e adeguate politiche attive per rispondere alla domanda di nuovi lavori che arriva dal Piano. Delle sei missioni del piano il comune denominatore è proprio il lavoro. Per ogni missione del Pnrr, dobbiamo costruire il contenuto concreto attraverso le risorse umane che andranno ad applicarlo.

La pubblica amministrazione è in prima linea con il Dipartimento della Funzione pubblica che ha creato una piattaforma ad hoc, inPa, che è utilizzata anche per la selezione e l’assunzione dei tecnici ed esperti – suddivisi tra le diverse Regioni – che servono alle amministrazioni per mettere in pratica gli investimenti del Pnrr. Ma dai Comuni arriva l’allarme sulla assenza di professionalità in grado di gestire e “mettere a terra” le risorse.

Il governo ha deciso di dedicare le prime fasi del piano all’approvazione delle riforme generali e di riservare gli investimenti pubblici e gli incentivi agli investimenti privati ai prossimi anni. Questa scelta consente al governo di rispettare i primi impegni richiesti dalla Commissione europea senza avere conseguenze sull’erogazione dei fondi a causa delle difficoltà degli enti locali. Ma le preoccupazioni restano perché l’attuazione del piano da realizzare in tempi stretti impone di riflettere sin dall’inizio su quali strumenti siano necessari per superare eventuali, possibili e probabili criticità di attuazione.

Ricordiamo che sono 298, quasi 300, le linee di intervento che dovranno essere rendicontate entro il 2026, come tutti sappiamo. Vi sono differenze tra riforme e investimenti, interconnessi per arrivare al 2026 con linee territoriali e soprattutto assistenza, perché l’assistenza territoriale è fondamentale quello che rileva è il dato finale di che cosa ci si pone con questo insieme di risultati. Quando noi parliamo di un piano di risultati dobbiamo avere in mente, per ogni linea di intervento, qual è il senso profondo finale delle azioni che le amministrazioni devono mettere in piedi per ottenere quel risultato.

Ricordiamo che la cabina di regia esamina gli specifici profili di criticità, il monitoraggio del rispetto dei tempi e dello stato di avanzamento. Quindi troviamo nuovamente tempi e risultati come denominatore comune dell’intero quadro. Un sistema di monitoring già impostato ed efficace si sta delineando e tra gli strumenti possibili ci sono anche quelli che riguardano l’attivazione dei poteri sostitutivi.

La segreteria tecnica ha la funzione di segnalare casi ai fini dell’esercizio di poteri sostitutivi, dopo l’ istruttoria, ovvero istruisce procedimenti anche per le decisioni finalizzate al superamento del dissenso. È importante ricordare che non sono solo poteri sostitutivi, in caso di inerzia, ma anche gli strumenti per il superamento del dissenso. I poteri sostitutivi sono in capo anche ai ministeri, come diretti titolari delle singole linee di intervento, quindi in teoria la cabina di regia, tramite la segreteria tecnica, interviene come se fosse in seconda istanza, qualora non ci sia già stata un’attivazione di un potere sostitutivo dell’amministrazione titolare.

C’è già una parte della legislazione che ha tenuto conto di questo, in quanto sono già state identificate delle criticità che avrebbero sicuramente, sulla base dell’esperienza storica, portato rallentamenti. Quindi secondo norme, strumenti di semplificazione amministrativa in materia di appalti, le modalità di rilascio, le centralizzazioni di strutture autorizzatorie, sia sui beni culturali sia sulle autorizzazioni di via la cabina di regia richiama un potere della Presidenza del Consiglio, che è presente in Costituzione, e che è l’esercizio dei poteri di indirizzo, impulso, coordinamento generale sull’attuazione degli interventi del Pnrr. Come con questi poteri di Indirizzo, Impulso e coordinamento generale può intervenire per bloccare o ridurre le criticità quando per attuazione degli interventi si torna al senso principale: cioè che gli interventi sono delle politiche pubbliche e si deve prima di tutto partire dall’obiettivo finale e il piano consente di partire agli obiettivi finali. Deve definire un cronoprogramma, cioè le diverse fasi amministrative per raggiungere quel risultato, assegnare tempi a ciascuna fase, compatibili con le scadenze della misura, e identificare le criticità strategiche e operative.

Dunque sull’attivazione di sostegni e di supporto, ma anche il problema di interessi contrapposti come quello di installare energia pulita e l’esigenza e la volontà di tutelare un territorio, rimangono le questioni spinose. Ecco perché la logica della policy, ovvero la logica di un confronto valoriale su quello che è il desiderio di futuro del Paese e poi, laddove si trovi questo punto di equilibrio di elemento valoriale tra i due interessi, individuare una prevedibilità dei criteri che nell’ambito di una discrezionalità amministrativa guidano alle autorizzazioni ed eventuali indennizzi alle zone limitrofe, anche se scattano poteri sostitutivi non risolviamo quella che è la sfida principale del Pnrr. Ovvero lasciare un pubblico che è in grado di disegnare le proprie politiche in modo più mirato e diretto a un risultato.

 

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