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Pil Inflazione Economist

Perché vedo troppo ottimismo del governo su Pil, conti e spread

Il commento di Gianfranco Polillo sugli ultimi dati congiunturali dell'Italia fra Pil e spread

A guardare i dati del Pil e la drammatica frenata, che ci riporta al periodo più buio – quello del 2012/2013 – la prima cosa che viene in mente è un vecchio detto: tanto tuonò che piovve. A forza di evocare la “decrescita felice”, alla fine questa prospettiva ha fatto capolino. Wishful thinking come dicono gli inglesi. Desideri o meglio timori che di autorealizzano. Quali le giustificazioni fornite? Era tutto previsto: tranquillizza il premier Giuseppe Conte. La colpa è del Pd, va giù duro Luigi Di Maio. Tutto fin troppo improbabile.

Se era prevedibile, perché non si è fatto alcunché per scongiurarlo o, almeno, ridurne la portata? Non era forse interesse del governo dimostrare che il “cambiamento“ non era solo necessario, ma anche auspicabile? Ed, invece, nelle migliori delle ipotesi ci si è arresi di fronte ad un’inevitabile: reso tale dal mutamento del quadro politico. Di cui i 5 stelle, dominus della politica economica, portano il peso quasi esclusivo della responsabilità.

Secondo problema. L’encefalogramma piatto della produzione di reddito coincide con una fase di grande turbolenza finanziaria. Titoli di Stato venduti in grande quantità sia dall’estero che dai residenti. Spread in rialzo e sofferenza della Borsa, soprattutto nel comparto bancario. La spada di Damocle del credit crunk che pesa su famiglie ed imprese. È il senso profondo di uno smarrimento collettivo. Chiunque abbia un reddito, frutto del proprio lavoro, cerca di cautelarsi.

Se ha sostanze, le trasferisce all’estero. Basta osservare i dati del Target2. Incredibile il siparietto all’”Aria che tira”, il talk show condotto da Myrta Merlino. Con Antonio Maria Rinaldi che afferma candidamente, sull’affondo di Maurizio Gasparri, che il deposito in Svizzera del ministro Savona, per un valore di circa 1,3 milioni di euro, è solo la sua arma di difesa contro il pericolo di un “bail in”. Se teme un ministro in carica, cosa dovrebbero fare i poveri cristi?

Chi non ha santi in paradiso e poco da perdere, quel poco lo difende contraendo i consumi, cercando di accumulare quel tanto che può, in attesa di tempi peggiori. Si spiega così la caduta dei consumi tanto nei settori expensive, come l’automobile; sia in quelli meno cari, come l’alimentare e l’abbigliamento. Il tutto mentre anche l’estero – il grande volano dei trimestri precedenti – rallenta, accentuando gli effetti depressivi.

Tutto ciò è colpa del Pd? Le vecchie classi dirigenti avranno anche le loro responsabilità, ma il ritornello, a Roma come sul piano nazionale, che ogni recente malefatta vada loro attribuita, è sempre più stucchevole. Contraddetto da dati che si vedono ad occhio nudo. Il tracciato del Pil, riportato nel comunicato ufficiale dell’Istat, mostra chiaramente l’interruzione del trend di crescita che si manifesta nel periodo luglio – settembre. Nei trimestri precedenti, a partire dal primo trimestre del 2013, si era verificato il contrario. Una crescita continua, anche se modesta.

La morale della favola è abbastanza evidente. I sondaggi insistono molto sulla tenuta dell’attuale quadro politico, anche se le ultime rilevazioni mostrano qualche segno di crisi. Ma se si tiene conto della realtà effettiva, che traspare dalla somma dei comportamenti collettivi, quegli strabilianti risultati appaiono molto meno luminosi. È forse giunto il momento che la Lega faccia qualcosa per evitare il peggio.

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