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Perché sono sovietici i paletti del governo a Unicredit su Banco Bpm

Le prescrizioni del governo con il golden power a Unicredit sull'Ops di Banco Bpm analizzate da Mario Seminerio, curatore del blog Phastidio

Il governo Meloni, come ampiamente annunciato, ha posto limiti e condizioni (“prescrizioni”) al via libera all’offerta pubblica di scambio con cui Unicredit tenterà di prendere il controllo di Banco BPM, utilizzando la disciplina del cosiddetto Golden Power, volto alla “tutela di interessi strategici all’economia nazionale”. La storia è nota: l’Unicredit di Andrea Orcel si mette di traverso alla “operazione di sistema” con cui a Roma già pregustavano di creare il famoso e famigerato terzo polo bancario, magari col Banco che si comprava MPS, prima che l’a.d. di quest’ultima, Luigi Lovaglio, estraesse dal cilindro la scalata ostile a Mediobanca, per arrivare ad abbeverare i cavalli senesi a Trieste, davanti alla sede di Generali, suscitando entusiasmo tra le file della maggioranza pro tempore. Ma non è di questo che voglio parlarvi, oggi.

QUALI SONO LE PRESCRIZIONI DEL GOVERNO A UNICREDIT

Le prescrizioni governative non sono pubbliche, nel momento in cui scrivo, quindi bisogna farsi bastare quello che è uscito sui giornali. Tra esse figurerebbe l’uscita di Unicredit entro nove mesi dal mercato russo, il mantenimento per cinque anni dell’attuale rapporto tra depositi e prestiti, dell’attuale rete di filiali in Lombardia, degli investimenti di Anima Sgr in titoli di emittenti italiani e la preservazione delle sedi e degli equilibri di governance specie in vista di una possibile integrazione tra Unicredit e la tedesca Commerzbank. Andiamo con ordine.

UNICREDIT VIA DALLA RUSSIA

Sulla presenza di Unicredit in Russia, la banca guidata da Andrea Orcel afferma che il disimpegno sarebbe ad uno stato avanzato. L’esposizione cross-border, calata in due anni del 94 per cento, sarà azzerata a settembre, ha promesso Orcel in assemblea: le attività sono passate da 8 miliardi di a 300 milioni, generando perdite per l’11 per cento del valore. I depositi locali sono calati nello stesso periodo dell’89 per cento e i prestiti locali netti dell’86 per cento.

LE CONTESTAZIONI DI UNICREDIT

Premesso che Unicredit, assieme agli austriaci di Raiffeisen, è la banca occidentale più esposta in Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, e che la banca italiana ha contestato davanti al Tribunale della Ue la richiesta della Bce di ridurre l’esposizione alla Russia a tappe forzate (istanza respinta), possiamo certamente ritenere che il governo Meloni intravveda rischi per la sicurezza nazionale dall’esposizione di Unicredit alla Russia, magari pensando che da essa possa derivare un bel reverse takeover che porterebbe il Cremlino a prendere il controllo della seconda banca italiana (questa è ironica, mi raccomando).

ANTITRUST ACCANTONATO?

Ma ci sono altre prescrizioni interessanti, nell’esercizio del Golden Power da parte del governo Meloni, con dissenso formalizzato da parte di Forza Italia. Il Corriere riporta che “pare” che il governo chieda a Unicredit di non vendere le filiali lombarde di Banco BPM, non è chiaro il motivo. Anzi, è chiarissimo. Secondo una stima di Barclays, sarebbero 183 quelle eccedenti da dismettere.

E l’Antitrust, direte voi? Se il governo invoca la “sicurezza nazionale”, l’Antitrust si accuccia. Interessante espediente. Ma qui bisognerà attendere i pareri di Banca d’Italia e Bce. Che erano già positivamente arrivati ma che ora dovranno essere aggiornati alla luce di questi vincoli sovrani.

DOSSIER TITOLI DI STATO

E veniamo alla ciliegina sulla torta, sempre secondo i “si dice” delle prescrizioni governative: per almeno cinque anni, dovrà essere mantenuto l’attuale peso degli investimenti di Anima Holding in titoli di emittenti italiani, e Unicredit dovrà continua a sostenere lo sviluppo della Sgr entrata nel perimetro di Banco BPM dopo la recente Opa.

GLI EFFETTI BIZZARRI SU ANIMA

Ora, concentratevi su questa prescrizione: ipotizzate che l’economia italiana attraversi un periodo fortemente avverso, simile ai molti che abbiamo avuto nella storia recente. Ipotizzate che i gestori di Anima, in coerenza col loro mandato, decidano quindi di vendere asset italiani, in primis ma non solo Btp. Niet! Per almeno cinque anni ciò sarebbe proibito dalla grida meloniana. Ipotizzate anche che tra i prodotti di risparmio gestito di Anima ve ne siano alcuni specializzati sull’Italia e che in caso di crisi i loro sottoscrittori ne chiedano il riscatto.

In quel caso, il peso dell’Italia sul gestito scenderebbe, causando la violazione delle prescrizioni governative. Che farebbero, a quel punto, i gestori di Anima? Cambierebbero il regolamento dei fondi specializzati sull’Italia, di fatto impedendone il riscatto e sequestrando i risparmi del malcapitati patrioti involontari? Oppure, più realisticamente, per rispettare la prescrizione si metterebbero a compare Btp, azioni e obbligazioni italiane su altri prodotti, magari dopo tavole rotonde e conferenze in cui verrebbe ribadito che i fondi devono agire in modo pro-ciclico e che un’Italia in crisi rappresenta una imperdibile occasione di acquisto? Ah, saperlo.

GLI ALTRI PALETTI CONTROVERSI

Per farla breve, una simile “prescrizione” rappresenta il potenziale sequestro dei risparmi degli italiani che hanno investito in prodotti Anima. La priorità si sposterebbe dall’interesse dei sottoscrittori al collocamento del debito pubblico e di altri strumenti nazionali. Un vero e proprio vincolo di portafoglio. Di fronte a una simile prospettiva, anche i risparmiatori più patriottici potrebbero decidere che forse è meglio spostare i risparmi altrove. Un bel danno per una Sgr di grande successo e sin qui genuinamente italiana, e per la sua controllante. Della serie “la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni”. Buone, si fa per dire.

Ma lo stesso discorso si applicherebbe anche all’altra presunta prescrizione, il mantenimento per almeno un quinquennio del rapporto tra depositi e prestiti dell’entità derivante dall’aggregazione delle due banche. Voi pensate davvero che, durante una recessione o una crisi idiosincratica del nostro paese, quel rapporto resterebbe invariato? Ovviamente no. Che accadrebbe, in quel caso? Che la banca dovrebbe fare credito a chiunque, invitando privati e aziende a chiedere i suoi prestiti? No, vero?

Attendiamo la pubblicazione integrale delle prescrizioni governative, magari dietro impulso della Consob e prima della riapertura dei mercati, martedì. Giusto per essere rassicurati sul fatto che queste “prescrizioni” non sono mai esistite nella forma in cui sono arrivate sulla stampa. In caso contrario, sarebbe la conferma della intrinseca stupidità e autolesionismo del sovranismo. Ecco perché questo post finisce archiviato nella categoria “Adotta un neurone”. Se non ora, quando?

(Estratto dal blog phastidio.net)

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