Un cittadino normale che ha seguito i media ieri (o letto i giornali oggi) non credo abbia capito molto di quanto accaduto intorno alla predisposizione della Nota di Aggiornamento al Def 2019 (Nadef 2019)
Allora proviamo a spiegarlo meglio.
La manovra di bilancio 2020-2022 – che il governo deve presentare al Parlamento entro il 20 ottobre e di cui la Nadef rappresenta la cornice – si presenta particolarmente impegnativa, per tre motivi:
1) l’eredità degli aumenti Iva già programmati in passato (chiamati erroneamente ‘clausole di salvaguardia’) è la più alta di sempre: 23,1 miliardi, che rappresenterebbero il più forte aumento di tasse che questa Repubblica avrebbe mai vissuto.
2) la crescita economica non è vivace: a causa del contesto internazionale – ma anche di un approccio sbagliato del precedente governo – quest’anno la crescita dei redditi sarà praticamente ferma, e anche il prossimo anno non riuscirà a distaccarsi dallo ‘zero virgola’. E come sappiamo, senza crescita non si creano le risorse per poter fare politica economica in modo sano e sostenibile.
3) anche a causa di una piccola revisione statistica nel modo di conteggiarlo, il debito pubblico rimane estremamente alto (circa il 134% del Pil, il terzo valore più alto al mondo, e sulla buona strada per diventare il secondo). Detta in termini difficili, il nostro paese non ha quindi lo “spazio fiscale” per fare politiche espansive particolarmente pronunciate senza correre il rischio di vederle vanificate da un peggioramento delle condizioni di rifinanziamento del debito.
Sono tre condizioni estremamente difficili per chiunque. Tanto più per un governo insediatosi solo pochi giorni fa.
Ciononostante, a mio parere, la manovra di bilancio 2020 – nella sua forma attuale – è perlopiù un’ottima manovra. Il ministro Gualtieri e il governo, con le difficoltà di cui sopra, sono riusciti a predisporre un mix di interventi efficaci e sostenibili. Che non è mio compito illustrare ora, lo faranno il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia quando la manovra sarà presentata tra un paio di settimane.
E allora cos’è stato tutto questo caos?
Tra le ipotesi prospettate per chiudere la definizione della manovra c’era anche un aumento dell’Iva per – a seconda delle ipotesi – 5 o 7 miliardi annui. Non sarebbe (stato) un aumento generalizzato, perché avrebbe consentito una sorta di rimborso ex-post per i consumatori che pagano con carta di credito (al momento meno del 20% del totale). Ciononostante, in tutta evidenza, sarebbe (stato) un incremento della pressione fiscale relativa alle imposte indirette, in quanto il gettito complessivo che lo Stato incasserebbe (o avrebbe incassato) sarebbe maggiore dell’anno precedente non a causa di crescita dei redditi nominali o di recupero dell’evasione, ma per effetto di aumento delle aliquote.
Una delle forze politiche di maggioranza (Italia Viva) non era d’accordo con questa ipotesi. Sia per ragioni economiche (alzare le imposte sui consumi, e quindi i prezzi finali, in periodi di redditi fermi non è una buona idea) che politiche (anche far aumentare l’Iva 20 giorni dopo la nascita di un governo nato per non fare aumentare l’Iva non è una buona idea). A questa posizione politica si è subito accodata un’altra forza di maggioranza (M5S).
Italia Viva non vuole essere una forza politica che dice “questo non mi va bene, ma ci pensi qualcun altro a trovare i soldi”. Quindi abbiamo immediatamente proposto alternative all’aumento dell’Iva (pur non avendo avuto modo di ricevere per tempo tabelle e numeri).
Quali?
1) lo schema previsto include anche una piccolissima riduzione delle tasse sul lavoro (il cosiddetto ‘cuneo fiscale’), a partire da luglio 2020. Il budget destinato a questa finalità è 2,5 miliardi, che con ogni probabilità di tradurrà in un paio di decine di euro al mese in più in busta paga.
Purtroppo le tasse sul lavoro sono una brutta bestia: per far sì che l’impatto sia quantomeno notato dal lavoratore o dall’imprenditore, devi spenderci dai 10 miliardi in su. Lo sappiamo molto bene noi: nella scorsa legislatura il governo Renzi ha speso 16 miliardi all’anno per ridurre le tasse sul lavoro (10 a vantaggio dei lavoratori, 6 a vantaggio delle imprese).
Noi pensiamo che alzare l’IVA di 5 o 7 miliardi a gennaio e abbassare le tasse sul lavoro di 2,5 miliardi a luglio non sia un grande affare in questo momento. E abbiamo proposto di risparmiare quei 2,5 miliardi sul 2020 per approvare, invece, una legge-delega per la riforma completa dell’Irpef in modo da vincolare il governo a una riforma complessiva delle tasse sul lavoro dipendente, autonomo e pensioni nel 2021, con una spesa ben più consistente (secondo noi ne sussistono le condizioni macroeconomiche per farlo in sicurezza).
2) abolire ‘quota 100’. Abbiamo sempre pensato che fosse un errore spendere così tanti soldi per mandare in pensione anticipata tutti, indipendentemente dal lavoro che fanno (il poeta o il minatore).
3) la priorità del paese è far ripartire la spesa effettiva (non solo stanziata) per investimenti pubblici. Ma nella scorsa legislatura abbiamo verificato più volte quanto sia inutile – ai fini degli effetti immediati – riempire gli stanziamenti se nel frattempo non sono partiti i pagamenti di cassa degli stanziamenti precedenti, perché l’effetto sul Pil dell’anno è assolutamente zero (fanno Pil gli investimenti pagati, non quelli stanziati).
Pertanto abbiamo chiesto di verificare in che misura gli stanziamenti fatti dal precedente governo fossero già diventati pagamenti di cassa, in modo da poter calibrare meglio i nuovi stanziamenti.
4) se le tre precedenti proposte fossero state accolte, rimarrebbe un quantitativo molto piccolo di risorse da reperire per evitare l’aumento dell’Iva. Che nei 20 giorni che ci destano dalla definizione esatta della manovra possono essere reperite in modo non necessariamente complicato (lo dico anche sulla base della – piccola – esperienza: nella scorsa legislatura, a fine settembre spesso si era in situazioni molto peggiori). Ora.
La discussione che vi ho riportato non dipinge scenari foschi, tragici, apocalittici. Rotture insanabili, fratture cosmiche, urla e cavallette. È solo una normalissima discussione tra opzioni diverse (e tutte perfettamente legittime) su come condurre nel breve termine la politica economica.
Alcune forze politiche non hanno mai fatto mistero di voler evitare a tutti i costi ogni tipo di aumento dell’Iva, e non credo fosse una così sconvolgente rivelazione il fatto che lo abbiano ripetuto anche nella giornata di ieri (dopo un mese in cui tale affermazione era stata fatta quotidianamente anche da tutti gli altri partiti della maggioranza).
I problemi iniziano quando si vuole a tutti i costi far polemica, definendo addirittura “ricerca dei riflettori” chi si limita a chiedere – e come abbiamo visto, proponendo anche soluzioni alternative – di mantenere l’impegno a non aumentare l’IVA. Secondo me non ce n’era bisogno.
Anche perché, come ripeto, sono onestamente convinto che la manovra sia nel complesso fatta molto bene, e ci siano tutte le condizioni per lavorare bene nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
Se però ci diamo tutti una calmata – ed evitiamo di spaventarci per ogni mossa altrui – forse riusciamo a lavorare più seren… ehm, più tranquilli.