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Perché l’oro schizza

La corsa dell’oro è il riflesso della frammentazione del mondo. Non è semplicemente una questione legata all’esistenza dei Brics. L'analisi di Sergio Giraldo

L’oro sta battendo tutti i record di prezzo: in termini reali (cioè depurato dell’inflazione) il prezzo sta per superare anche il picco massimo del gennaio 1980, pari a 2.747 dollari l’oncia (prezzo medio mensile depurato dell’inflazione, vedi grafico sottostante):

Come mai questi record?  L’oro sembra ormai procedere slegato dall’andamento dei tassi di interesse e del dollaro. Ci sono molti motivi concorrenti, citati in ordine sparso dai vari mezzi di informazione: le guerre in corso, le incertezze sull’economia cinese, gli acquisti cospicui delle banche centrali, le tensioni sui commerci internazionali con i dazi incrociati, la salita degli indici azionari americani. Certamente questi fattori incidono, ma non spiegano del tutto la salita praticamente costante degli ultimi 12 mesi (oltre il 40%). Nel grafico, gli acquisti di oro delle banche centrali e di seguito l’andamento del Dollar index:
Fonte: IMF IFS, respective central banks, World Gold Council

E infatti, dietro questa corsa c’è altro: c’è un sostanziale cambio del modello di riferimento. L’impero del dollaro è in crisi, di fronte all’ascesa di modelli alternativi, come quello cinese. La crisi arriva anche dalla relativa facilità con cui la Russia è riuscita a dribblare i paletti di cui il G7 ha disseminato il mondo, tra Price cap sul petrolio, sanzioni, sequestri dei beni, eccetera. La Russia è riuscita a creare una economia semi-sommersa parallela, fatta di flotte fantasma e sistemi valutari e di pagamento alternativi. L’India, a sua volta, rappresenta sempre più una alternativa ulteriore, ed attorno a questi tre grandi paesi si stanno addensando altre realtà economiche più o meno grandi, che di fatto non riconoscono necessariamente il riferimento al sistema americano oro-dollaro-Fed.In altre parole, la corsa dell’oro è il riflesso della frammentazione del mondo che abbiamo conosciuto sinora. Non è semplicemente una questione legata all’esistenza dei Brics. Questi sono una manifestazione della frammentazione, non la causa. Il sistema si sta frantumando perché di fatto la globalizzazione è diventata ingovernabile. Il WTO è una scatola vuota, le cui regole si usano o si dimenticano a seconda della convenienza. Gli Stati Uniti (a torto o a ragione poco importa) bloccano da anni la nomina dei nuovi membri dell’organo di appello delle controversie del WTO, delegittimando di fatto l’organo stesso. Il sistema provvisorio messo in piedi da Ue e un gruppo di paesi non funziona e comunque scade quest’anno. Dal 1 gennaio 2025 di fatto non ci sono regole realmente applicabili nel commercio internazionale, almeno non quelle del WTO. Valgono i contratti e valgono soprattutto i rapporti di forza e le alleanze, vale avere la logistica, vale avere il controllo militare, vale controllare i sistemi di pagamento. 

Ne risulta che le spinte alla frammentazione si moltiplicano, e in questo panorama frastagliato e, sotto traccia, conflittuale, l’oro diventa un porto franco che ancora tutti riconoscono. Un ritorno alla solidità del metallo prezioso che serve da riferimento per tutti i mercati. La forza dell’oro deriva dalla debolezza del sistema globalizzato della finanza, dei commerci e della geopolitica.
 
Chiunque vinca la corsa per occupare la Casa Bianca tra poche settimane, dovrà affrontare il problema del ruolo degli Usa nell’economia mondiale, un ruolo che si è sfilacciato e che oggi si presenta in netto declino alla prova del tempo.
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