C’è ancora qualcuno, non solo a Siena, che crede ai piani industriali di Mps? La domanda è più che legittima, dopo che la Consob ha obbligato la banca a divulgare al mercato il nuovo piano industriale approvato il 17 dicembre scorso e che è stato tenuto al chiuso in un cassetto.
A guardare al passato vien da dire che quel piano rischia di divenire in poco tempo solo carta straccia. Come è del resto accaduto per tutti i suoi predecessori.
Nessun piano industriale (ne sono stati approvati almeno 4) nell’ultimo decennio è mai stato rispettato. La realtà ha distrutto ogni velleità scritta sulla carta.
Basti solo pensare che nel piano 2017-2021, in vigore fino all’altro e oggi aggiornato, si ponevano questi obiettivi al 2021: un utile netto a 1,2 miliardi, un Roe al 10% e un Cet1al 14%.
Non solo. Per il 2019 quindi pre Covid si prevedevano ricavi a 3,8 miliardi, un cost income al 62% e un Roe al 5,7%. Ebbene sapete come è messa oggi Mps? Diametralmente all’opposto rispetto agli obiettivi prefigurati.
A settembre 2020, ultimo bilancio disponibile, i ricavi sono fermi a 2,2 miliardi, in calo di oltre il 9% sui nove mesi del 2019. In fortissima contrazione la voce principale della gestione caratteristica.
Il margine d’interesse è caduto in un solo anno del 16%. Nessuna banca ha registrato, pur in era Covid, una caduta dei ricavi così pronunciata. E dulcis in fundo nell’ultima riga del bilancio ecco rispuntare l’ennesima perdita miliardaria: un rosso di 1,5 miliardi che si sommano alle perdite per oltre 20 miliardi che la banca di Siena ha collezionato dal 2009 in poi. Ovvio che ipotizzare che quest’anno l’utile sia di 1,2 miliardi è pura fantasia. Tant’è che oggi siamo all’ennesimo business plan della banca.
Anche questa volta sarà l’ennesimo libro dei sogni? Vediamo gli obiettivi che il piano si pone in un’ottica stand alone.
Per i vertici di Mps i ricavi torneranno poco sopra i 3 miliardi solo nel 2023. Di fatto la banca non macinerà nuovi ricavi rispetto all’esistente.
Nel 2020 chiuderà secondo il piano con 2,93 miliardi, mentre erano 3,3 miliardi nel 2019. Un livello che la banca spera di riagguantare addirittura nel 2025. Una traversata nel deserto, dato che occorreranno altri 5 anni solo per pareggiare i ricavi che si producevano nel 2019.
Fa impressione pensare che la banca nel lontano 2016 realizzava ricavi per oltre 4 miliardi. In soli 4 anni l’istituto ha perso per strada quasi il 30% delle sue entrate. E che neanche nel 2025 si riavvicinerà mai a quel livello di ricavi. Il solo margine d’interesse andrà a passo di gambero dato che nel 2025, secondo i vertici di Mps, si dovrebbe collocare a 1,35 miliardi, 150 milioni sotto il livello del 2019.
Anche se terrà lo spread tra tassi attivi e passivi, il calo è dovuto ai finanziamenti netti alla clientela che dagli 86 miliardi del 2021 scenderanno a 81 miliardi nel 2025. Ricavi che non tengono con impieghi che declinano. Non certo il business model di una banca che sta in piedi da sola.
Il primo utile significativo si dovrebbe vedere solo nel 2023 con quasi 300 milioni di profitti netti. Tutti dovuti non certo alla progressione dei ricavi, ma ai consueti tagli dei costi (per circa 200 milioni in 3 anni) e al venir meno per circa 300 milioni delle rettifiche sui crediti malati.
Certo la banca con la cessione ad Amco (banca pubblica che cede a società pubblica) della mole di crediti malati che si trascina da anni, ha pulito il bilancio. Ma non certo in modo decisivo. Basti pensare che pur con l’aiutino pubblico, sofferenze e incagli lordi a fine 2020 erano al 4,2% degli impieghi totali. E che i vertici della banca pensano che sull’onda del Covid saranno destinati a riaumentare.
L’Npl ratio lordo è atteso salire dal 4,2% del 2020 al 6% quest’anno e al 7,3% nel 2023. Di fatto quasi raddoppiando e ponendo la necessità di quasi mezzo miliardo di svalutazioni all’anno nel triennio 2023-2025.
Pensare quindi che la cessione ad Amco dei crediti malati abbia messo in totale sicurezza la banca è illusorio. Come per tutte le banche, si andrà incontro a un nuovo ciclo di incremento delle sofferenze causa Covid nei prossimi anni.
Nel caso di Mps però all’incremento delle svalutazioni di bilancio non corrisponderà un aumento dei ricavi tale da compensare i nuovi accantonamenti. Ecco perché la banca di Siena tra i big bancari italiani, continuerà a rimanere la Cenerentola negletta. E questo sempre che, per la prima volta nel decennio, il nuovo piano industriale centri gli obiettivi.
In caso contrario la banca-zombie toscana avrà bisogno dell’ennesima iniezione di capitale, come quella da oltre 2 miliardi che attende i soci già quest’anno.
E anche se il piano si avvererà, solo nel 2023 Mps sarà in grado di produrre un Roe del tutto modesto del 3,7%. Una redditività sul capitale troppo bassa per sopravvivere sul mercato. Figuriamoci se le cose non dovessero andare bene (come è successo puntualmente negli ultimi 10 anni).
Articolo pubblicato su affaritaliani.it