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Perché Messina (Intesa Sanpaolo) pizzica il governo su Unicredit e non solo

Che cosa ha detto e cosa ha fatto capire l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, in una recente e tosta intervista... La lettera di Gianluca Zappa

 

Caro direttore,

francamente non so cosa pensare: se davvero come dici da settimane non ti funziona l’abbonamento a La Stampa, ovvero non riesci ad aprire i pdf del quotidiano diretto da Andrea Malaguti, o invece nel fine settimana la tua operatività sta rallentando troppo.

Comunque sia mi sono meravigliato tanto che su Start Magazine non abbia trovato echi l’intervistona rilasciata al quotidiano del gruppo Gedi dall’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, che per le interviste fluviali in verità ha spesso preferito il giornale torinese.

Mi sono meravigliato perché davvero la conversazione di Messina con La Stampa è densa di spunti. Magari come post scriptum ti allego alcune brani originali salienti. Ma qui approfitto della tua liberalità per offrire ai lettori di Startmag alcune riflessioni spero non banali.

Il grande capo di Intesa Sanpaolo ha di fatto – tra l’altro – invitato il governo ad abbassare i toni e rimettere in fila i pensieri su Unicredit e Generali. Per molti aspetti quest’intervista è senza precedenti. Non capita spesso, infatti, che Messina affronti di petto pubblicamente il governo, nemmeno quando sono in ballo importanti interessi del mondo bancario.

Il capo azienda di Intesa Sanpaolo, per dire, fu morbidissimo (almeno nelle esternazioni pubbliche, in privato non so perché non frequento purtroppo o per fortuna i banchieri) quando il melonissimo sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovan Battista Fazzolari (bersaglio preferito delle ossessioni anti Meloni di Dagospia),  evocò a più riprese la tassa sugli extraprofitti delle banche.

Dall’intervista, si desume in sostanza che a Messina le esternazioni di Matteo Salvini (vicepremier) e Giancarlo Giorgetti (ministro dell’Economia) contro Unicredit – in verità già esternate alcuni giorni fa come opportunamente sottolineato da Startmag – non devono proprio essere andate giù. Di certo non gli è piaciuto un certo insistito richiamo al nazionalismo, tanto che ha ricordato che anche nell’azionariato di Intesa, come in Unicredit, gli investitori internazionali sono in maggioranza e a tutelare il rispetto delle regole pensa la vigilanza a Francoforte.

Ancora di meno è garbata a Messina l’idea che Cassa depositi e prestiti, aizzata dai soliti noti (Francesco Caltagirone e Francesco Milleri), entri nell’azionariato delle Generali. Il mestiere di Cdp è un altro, ha ricordato, e Cassa depositi e prestiti deve essere sguinzagliata solo quando sono in ballo delicati equilibri di sicurezza nazionale. Altrimenti vale davvero tutto, sembra essere la sintesi del ragionamento.

Per Caltagirone e Milleri, e i loro interlocutori nel governo, se non è una doccia fredda poco ci manca. E per Giorgetti, che con Intesa ha sempre avuto un rapporto fortissimo (il suo fedelissimo Marcello Sala – ora direttore generale del Tesoro – ne è stato vicepresidente per anni), ha l’aria di essere un messaggio tanto diretto quanto forte: le grandi partite finanziarie non si possano governare da Roma con Cdp o costruendo accrocchi di imprenditori amici.

Un tipo di strali che si rintracciano sull’organo ufficiale dell’antimelonismo (come forse esagerando dici tu spesso su X) ossia Dagospia. Ma queste, ovviamente, sono dietrologie fazzolariane di cui qui e ora già mi vergogno.

Saluti

Gianluca Zappa

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ESTRATTO DELL’INTERVISTA DEL QUOTIDIANO LA STAMPA A CARLO MESSINA (INTESA SANPAOLO):

Come vede l’operazione Unicredit-Commerzbank?
«È un’operazione che ha un significato strategico e può portare sinergie. Unicredit in Germania ha già una banca e la fusione con Commerz industrialmente è un’operazione molto ragionevole. Non è però un’operazione transfrontaliera, sfatiamo questa convinzione. Perché porta a una aggregazione tra banche che già operano nello stesso Paese. Vorrei anche aggiungere: non credo che siano le fusioni bancarie di per se a realizzare un’Europa più unita».

Parliamo dell’Ops su Banco Bpm. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha detto che si valuterà se applicare il golden power. Perché la politica ha avuto reazioni così dure?
«Non succede solo in Italia, ma è avvenuto anche in Spagna e in Germania con governi di colore diverso. Credo che il pallino di queste operazioni debba essere dal punto di vista della supervisione, che è nelle mani della Bce, e dal punto delle decisioni degli azionisti. Poi è chiaro che se ci sono temi di sicurezza nazionale interviene il governo. In questa operazione che ci siano elementi di sicurezza nazionale, per le conoscenze che io ho, non vedo motivi per poterlo argomentare. Ovvio, poi, che ogni governo ha la possibilità di fare le sue valutazioni».

Perché il vicepremier Salvini si sente libero di dire che Unicredit è una banca straniera?
«Intesa Sanpaolo è la banca che ha l’azionariato più italiano, il 40%. Ma il 60% comunque è in mano a investitori internazionali, e questo essendo la nostra banca il pilastro dell’economia italiana. Rispetto invece a voci che ci hanno chiamato in ballo dico che non possiamo essere noi i cavalieri bianchi in questa operazione per un motivo molto semplice, perché abbiamo una quota di mercato talmente elevata che non possiamo fare nessuna acquisizione in Italia. Quindi, a prescindere dal fatto che non lo vogliamo fare, non lo potremmo fare».

Sarebbe stupito se Cdp decidesse di entrare in Generali?
«Per gli ingressi di operatori pubblici nelle società private deve esserci un interesse di sicurezza nazionale che lo giustifichi, altrimenti non riesco a capire quale debba essere il motivo. È chiaro che se ci dovesse essere un intervento di questo tipo – e non ne sono a conoscenza – sarà stata fatta una valutazione in termini di sicurezza nazionale. Se non fosse in quest’ottica, ma soltanto per intervenire in partite finanziarie, beh penso che ci siano molti investimenti su infrastrutture e motori di crescita del Paese più importanti. Se invece c’è un tema di sicurezza nazionale e ci sono informazioni che ci possa essere un rischio, allora ben venga questo tipo di intervento. In questo Paese vanno tutelati gli asset strategici, ma in una visione di sicurezza generale, perché le risorse sono scarse e vanno messe dove servono veramente».

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