“Un assist della presidente del Consiglio a favore di Francesco Gaetano Caltagirone e un intervento neanche tanto velato sulla contesa per gli assetti di controllo di Generali e Mediobanca: così giovedì 4 gennaio la city milanese ha letto le parole di Giorgia Meloni sulla riforma del Tuf contenuta nel ddl Capitali e, in particolare, sulle nuove regole relative alla lista del cda”. Ecco come Mf/Milano Finanza (gruppo Class editori) ha dato conto delle parole del capo del governo e degli umori di una parte della finanza milanese; d’altronde la testata finanziaria fondata da Paolo Panerai ha da sempre sul tema una posizione allineata a quella dei vertici sia di Mediobanca che di Generali.
Tanto che in un commento oggi sul quotidiano diretto da Roberto Sommella si legge: “Sul mercato non tutti la pensano così (come Meloni, ndr): il ceo delle Generali, Philippe Donnet, per esempio ritiene che la normativa al vaglio del Parlamento potrebbe rendere ingovernabili le grandi società quotate”. Sono i fatti che parlando chiaro, secondo Mf: “Finora le liste alternative a quella del cda non hanno riscosso grande consenso sul mercato. Lo dimostrano le recenti assemblee di Generali e Mediobanca”. Dove in effetti il tandem Caltagirone-Delfin ha fatto flop.
Il tema oggi ha meritato addirittura un lancio dell’agenzia stampa Radiocor del gruppo Il Sole 24 ore; un lancio – non un commento – ma che tende indirettamente ad accreditare, sottolineando la flessione del titolo del Leone in Borsa, che le parole di Meloni non sono state gradite alla Borsa: “Il ddl Capitali serve a «limitare il meccanismo attraverso il quale, in alcuni casi, si perpetuano all’infinito i cda, a prescindere dai soci». A quali «casi» si riferisse la premier Giorgia Meloni, nella sua conferenza stampa alla vigilia, non è dato saperlo. Ma di certo è bastato un semplice accenno, seppur indiretto, a una norma «che rafforza il peso degli azionisti» per riaccendere, tra gli altri, il titolo della compagnia Generali, che ieri a Piazza Affari ha subito guadagnato il 2,2%, salvo poi essere colpito dai realizzi nella seduta odierna (-0,7%), restando comunque vicino alla soglia simbolica dei 20 euro”.
C’è anche da osservare, comunque, che se davvero le parole di Meloni fossero state così dirompenti la flessione – vista la rilevanza sistema del colosso assicurativo con sede a Trieste – avrebbe dovuto essere più ampia.
“Al netto dei corsi azionari, le parole della presidente del Consiglio – ha aggiunto l’agenzia del gruppo confindustriale – riportano a uno dei dibattiti che ha segnato l’ultimo biennio dei mercati finanziari italiani: i rinnovi dei vertici di molte public company, sospesi tra la lista presentata dai board uscenti (come Mediobanca e, appunto, Generali, a loro volta intrecciate) e quella degli azionisti privati di peso che, in alcuni casi, provano a far valere le proprie istanza anche in virtù degli ingenti capitali investiti. Ed è stato proprio questo il caso di Generali che non sfiorava in Borsa il tetto dei 20 euro da settembre scorso e, prima di allora, proprio da aprile 2022, cioè da quando i soci, anche in virtù dei risultati ottenuti, riconfermarono come ceo Philippe Donnet dopo mesi di scontri, segnati – appunto – dalla dialettica tra la lista del cda uscente (sostenuta da Mediobanca, De Agostini e fondi esteri, poi risultata vincitrice) e quella del grande oppositore Francesco Gaetano Caltagirone, per la quale votarono Leonardo Del Vecchio, Fondazione Crt e i Benetton. Una battaglia che aveva riacceso anche l’appeal speculativo sul titolo”.
Chi invece ha sicuramente gongolato per la frase di Meloni è stato il gruppo Caltagirone: d’altronde, nei palazzi romani e non solo, si fa notare quanto i giornali della galassia caltagironiana siano non anti-governativi a dispetto di una tradizione – come quella del Messaggero – laica, progressista e di sinistra. Ma le situazioni cambiano e le tradizioni sovente sono fatte per essere infrante. Specie quando le situazioni – e i governi – mutano.