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La liquidazione della Popolare di Bari? Un disastro non solo per la Puglia. Report Bankitalia

È intitolato "La rilevanza della Banca Popolare di Bari per l’economia locale" un capitolo dell'approfondimento redatto dalla Banca d'Italia sulla banca commissariata

Alla banca fanno capo poco meno di 600.000 clienti, tra cui oltre 100.000 aziende; a queste ultime è riferibile circa il 60% degli impieghi (intorno a € 6 mld). I depositi da clientela ammontano a € 8 mld, di cui € 4,5 mld di ammontare unitario inferiore a € 100.000 e come tali protetti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD).

La banca ha quote di mercato significative, nell’intorno del 10%, sia degli impieghi sia della raccolta, in Puglia, Basilicata e Abruzzo. Il radicamento capillare della banca e la sua natura di cooperativa sul territorio hanno determinato l’ampia diffusione degli strumenti finanziari emessi dalla BPB.

Il numero dei soci è pari a 70.000 circa, con quote di partecipazione mediamente pari a 2.500 azioni, corrispondenti a € 5.900, considerando l’ultimo prezzo rilevato sul mercato Hi-MTF prima della recente sospensione (€ 2,38). Le obbligazioni della banca (senior e subordinate), pari nel complesso a €300 mln, sono per oltre i due terzi in mano a privati e clientela al dettaglio.

Nell’ipotesi in cui si dovesse pervenire a uno scenario liquidatorio con rimborso dei depositanti (senza cessione di attività e passività ad un altro intermediario), le ricadute del dissesto sarebbero assai rilevanti, sia sul tessuto economico sia sul risparmio locale.

La liquidazione implicherebbe innanzi tutto l’azzeramento del valore delle azioni che esacerberebbe il contenzioso legale con i soci, già elevato a motivo delle modalità di collocamento degli aumenti di capitale 2014-15 (€550 mln, quasi integralmente sottoscritti da clientela al dettaglio), ritenute dalla Consob non coerenti con la normativa sui servizi di investimento e da essa sanzionate.

Subirebbero la stessa sorte anche i prestiti subordinati (ca. €290 mln, di cui €220 mln collocati a clientela al dettaglio) Sulla base di prime stime, verrebbero inoltre colpiti integralmente i creditori chirografari e i depositi eccedenti i 100.000 euro non riconducibili a famiglie e piccole imprese, con il rischio che siano colpiti, in quota parte, anche quelli superiori a 100.000 euro facenti capo a tali ultimi soggetti.

Il FITD dovrebbe effettuare rimborsi a favore dei depositanti protetti per un importo complessivo di euro 4,5 mld circa, a fronte di una dotazione finanziaria che a dicembre 2019 sarà pari a €1,7 mld. Ciò implicherebbe l’esigenza di attivare integralmente il finanziamento per €2,75 mld. sottoscritto nell’agosto 2019 dal FITD con un pool di banche e finalizzato a fornire prontamente al Fondo risorse per i rimborsi.

Per la restituzione del finanziamento potrebbe essere necessario il ricorso a contribuzioni straordinarie a carico del sistema bancario, che determinerebbero perdite significative. La cessazione dell’attività della banca implicherebbe il blocco dell’operatività con forte pregiudizio della continuità di finanziamento di famiglie e imprese; gli impatti sul territorio sarebbero considerevoli, anche alla luce della cospicua quota degli impieghi erogati dalla BPB nelle regioni di insediamento (come detto, pari al 10%). Anche gli impatti occupazionali (circa 2.700 dipendenti) sarebbero rilevanti e difficilmente assorbibili dalla debole economia locale.

La crisi della BPB potrebbe inoltre incrinare la fiducia dei depositanti di altre piccole banche locali, innescando un effetto contagio. Tutto ciò rende di fatto non praticabile una liquidazione dell’intermediario senza cessione di attività e passività; quest’ultima opzione richiede l’individuazione di una banca interessata ad acquisire il compendio aziendale e ciò potrebbe risultare particolarmente problematico a causa delle difficili condizioni economiche dell’area di insediamento e della situazione dell’azienda.

La cessione di attività e passività sarebbe comunque impossibile (per carenza di controparti interessate) senza un consistente aiuto di Stato a fondo perduto, al fine di coprire lo sbilancio di cessione e, in funzione delle richieste del cessionario, anche gli oneri di riorganizzazione e il fabbisogno di capitale a fronte degli assorbimenti patrimoniali da parte delle attività acquisite, secondo lo schema della liquidazione delle banche venete.

(estratto da un report della Banca d’Italia; qui la versione integrale)

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