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Perché la Corte dei Conti bacchetta il ministero dell’Agricoltura sul bio

Che cosa emerge dalla relazione della Corte dei Conti sui finanziamenti statali per la ricerca nell'agricoltura biologica

Una vera miniera d’oro. È questo il settore dell’agricoltura biologica che nel giro di poco più di un decennio ha visto triplicare il suo giro d’affari. Il fatturato, riconosce la Corte dei Conti, tra consumi interni ed esportazioni, è passato da 2 a 6 miliardi di euro nell’arco 2008-2020. La superficie coltivata si è estesa da 1,3 milioni di ettari del 2014 agli oltre 2 milioni del 2020.

La Corte dei Conti ha però evidenziato, nella relazione I FINANZIAMENTI PER LA RICERCA NELL’AGRICOLTURA BIOLOGICA che il settore non è riuscito a utilizzare le risorse messe a disposizione dal Fondo per la ricerca sul biologico, un salvadanaio istituito per sostenere il Piano strategico nazionale.

LA SPESA PER IL BIOLOGICO IN ITALIA

L’incidenza complessiva delle vendite di biologico sulla spesa per l’agroalimentare italiano nel 2020 è stata pari al 4 per cento.

Incidenza della spesa biologica sull’agroalimentare totale – anno 2020

Nel 2020, inoltre, la spesa alimentare biologica risulta distribuita nei seguenti comparti:

  • frutta
  • derivati dai cereali bevande analcoliche
  • latte e derivati
  • ortaggi
  • uova fresche
  • altri prodotti alimentari oli e grassi vegetali
  • altri comparti

Distribuzione della spesa biologica per comparto – anno 2020

AGRICOLTURA BIOLOGICA: L’ANALISI DELLA CORTE DEI CONTI

La Corte ha analizzato la gestione finanziaria del Fondo a disposizione dell’agricoltura biologica. In particolare il capitolo 7742 dello stato di previsione del Mipaaf. “La gestione ha evidenziato profili di criticità, con particolare riferimento alla rilevante formazione di residui, da attribuirsi peraltro, per buona parte, alle caratteristiche specifiche della procedura di assegnazione delle risorse”, si legge nella relazione.

I NUMERI DEL MANCATO IMPIEGO DI FONDI

L’amministrazione, pur potendo contare su stanziamenti, non li ha impegnati nell’esercizio di competenza. In sostanza vi sono fondi lasciati inutilizzati che sono stati, dunque, riassegnati l’anno successivo. Nello specifico “si segnala una rilevante presenza di economie, date sia dal mancato impegno di somme stanziate in conto competenza per un importo di 13.801.531 euro, sia anche dalla perenzione di residui, per 11.839.319 euro, per un totale di 25.640.850 euro nel periodo in esame”.

I RITARDI BUROCRATICI

La Corte ha individuato problematiche anche sotto il profilo organizzativo, iter amministrativi farraginosi, e ha suggerito di provare a velocizzare i procedimenti “a partire dalla fase di valutazione delle proposte progettuali fino all’accertamento della congruità degli oneri sostenuti” e “alla liquidazione dei contributi concessi, anche per limitare la formazione di residui e realizzare un più efficace smaltimento degli stessi”.

LE RAGIONI DELLE LUNGAGGINI BUROCRATICHE (CHE NON CONVINCONO LA CORTE)

L’amministrazione del Fondo, davanti ai rilievi in merito alla “scarsa incidenza del pagato in conto residui sulla massa spendibile”, così come la definisce la Corte di Conti, ha risposto che parte delle lungaggini sono dovute ai tempi dell’iter amministrativo perché per la liquidazione del saldo e la verifica delle spese sostenute è necessario:

  • “attendere la conclusione del progetto (durata 24-36 mesi);
  • nominare mediante decreto direttoriale una commissione incaricata di verificare dal punto di vista tecnico i risultati del progetto e dal punto di vista amministrativo e contabile la regolarità delle spese sostenute;
  • la citata commissione deve riunirsi in una o più sedute per verificare i risultati del progetto e proporre, di conseguenza, la liquidazione o la decurtazione delle spese;
  • redigere una relazione volta a richiedere la reiscrizione degli importi dovuti o la cancellazione di quota parte degli stessi;
  • infine, liquidare il saldo”.

I SUGGERIMENTI DELLA CORTE PER SNELLIRE LE PROCEDURE

Tuttavia secondo la Corte le lungaggini burocratiche non bastano a giustificare l’immobilità delle risorse a disposizione. E, di più, suggerisce una serie di misure che l’amministrazione avrebbe dovuto adottare per snellire i processi come: “l’insediamento di una commissione di valutazione permanente”, oppure l’introduzione di “modalità più snelle di interlocuzione con i soggetti proponenti”. “Il tema delle lungaggini burocratiche è annoso e centrale, ma il modo sbagliato per risolverlo è una deregolamentazione totale – aveva dettto il ministro dell’agricoltura Stefano Patuanelli a Il Sole 24 Ore – ci sono strumenti e tecnologie che ci consentono di attivare meccanismi di controllo in modo semplice, rapido e automatico, senza che si debba passare dal cartaceo”.

NEL 2021 EROGATI SOLO IL 4% DEI FONDI A DISPOSIZIONE PER L’AGRICOLTURA BIOLOGICA

La Corte, infine, ribadisce ancora che il punto di maggiore criticità riguarda “i valori, minimali del pagato rispetto alla massa spendibile”. Il dato è effettivamente molto basso, “a tutto il 2021, la media dello stesso è pari al 6,57 per cento negli ultimi sei anni”. Peggio è andata negli ultimi due esercizi: il “2020 e 2021 registrano un valore di pagato pari, rispettivamente, al solo 8 e 4 per cento”. In conclusione la Corte non trova giustificazioni plausibili che spieghino “la modestia della percentuale” delle somme erogare e l’immobilizzo dei fondi, anche alla luce del fatto che l’amministrazione può “concedere ai proponenti anticipi fino al 60 per cento dell’importo totale del progetto, e acconti fino al 90 per cento a seconda dello stato di avanzamento”.

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