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Perché Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi, Mps e Banco Bpm mugugnano ancora sul decreto Liquidità rivisto

Che cosa pensano davvero Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi, Mps, Banco Bpm e non solo delle modifiche al decreto Liquidità. Il nodo irrisolto della tutela legale. Ecco tutti i dettagli dopo la circolare Abi sui ritocchi parlamentari al decreto

 

Non sono affatto soddisfatte le banche dei ritocchi al decreto Liquidità che pure andavano incontro in parte ad alcune aspettative degli istituti di credito, come auspicato di recente dai vertici dell’Abi, l’associazione che riunisce gli istituti di credito come in primis Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi, Mps e Banco Bpm.

Secondo la ricostruzione di Start Magazine, la posizione dei maggiori istituti è rintracciabile tra le righe di una dichiarazione odierna della Fabi, la maggiore associazione sindacale che rappresenta i lavoratori del comparto bancario.

“C’è stato un provvedimento a metà, una sorta di rafforzamento dell’autocertificazione da parte dell’azienda cliente. Questo però non basta, perché non cancella le responsabilità penali che il direttore di agenzia ha nel momento in cui concede il credito”., ha detto il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, intervistato ieri sera a Rete 4 durante la trasmissione Stasera Italia, a proposito dei prestiti garantiti dallo Stato.

“Abbiamo chiesto al governo di fare i nomi delle banche inadempienti e questo non è avvenuto e in pochi giorni si sarebbero tutti riallineati. Non chiedevamo né manette né carcere. Invece, c’è stato uno scarica barile, che abbiamo più volte denunciato, della politica rispetto alla finanza e della finanza rispetto alla politica” ha aggiunto Sileoni.

Giorni fa l’Abi ha sottolineato in una circolare le novità emerse in Parlamento sul decreto Liquidità dopo alcune modifiche.

In particolare l’associazione bancaria ha rimarcato il nuovo articolo 1-bis che è di grande rilievo per chi chiede il prestito, che può contare su un iter senza dubbio più veloce, e allo stesso tempo anche per le banche che – pur non avendo ottenuto la manleva richiesta – pure grazie all’autocertificazione si sgravano di molte responsabilità.

Ai primi di maggio il presidente dell’associazione bancaria, Antonio Patuelli, aveva chiesto al governo la tutela penale per le banche in modo da velocizzare l’erogazione dei prestiti garantiti.

Tutela che però non è arrivata. Da qui i mugugni poderosi ma non esternati pubblicamente dai vertici di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi, Mps, Banco Bpm e non solo.

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ESTRATTO DELL’ARTICOLO DI START MAGAZINE DEL 9 GIUGNO:

Una circolare arrivata in tempi record. Solo un giorno dopo la pubblicazione del decreto Liquidità in Gazzetta Ufficiale, sabato 6 giugno, è stato diffuso dall’Abi il documento che illustra agli istituti di credito associati le principali novità inserite nel provvedimento durante il percorso di conversione in legge. In particolare gli occhi sono puntati sul nuovo articolo 1-bis che introduce la possibilità di erogare i finanziamenti senza svolgere accertamenti ulteriori da parte delle banche, eccezion fatta per la normativa antiriciclaggio. Sarà dunque sufficiente un’autocertificazione sia per i prestiti con garanzia Sace sia per quelli con accesso alla garanzia prevista dal fondo di Garanzia.

COSA C’E’ NEL DECRETO LIQUIDITA’

Il decreto legge n. 23 dell’8 aprile 2020 è stato ideato per aiutare imprese e professionisti in difficoltà economica a causa della pandemia da Covid-19. In particolare prevede la garanzia al 100% per i prestiti non superiori al 25% dei ricavi fino a un massimo di 25 mila euro, senza alcuna valutazione del merito di credito; garanzia al 100% (di cui 90% Stato e 10% Confidi) per i prestiti non superiori al 25% dei ricavi fino a un massimo di 800mila euro; garanzia al 90% per i prestiti fino a 5 milioni di euro, senza valutazione andamentale.

LA CIRCOLARE ABI

Nella circolare Palazzo Altieri illustra le più importanti modifiche introdotte durante la conversione del decreto in Parlamento e “richiama la massima attenzione e l’immediato impegno attuativo delle banche”. Le modifiche riguardano i profili soggettivi, i profili oggettivi di intervento e alcuni aspetti procedurali.

Si parte con l’ambito di intervento della garanzia che viene esteso alle associazioni professionali e alle società tra professionisti: possono beneficiare della garanzia Sace anche le imprese agricole che non abbiano ulteriori margini di accesso alla garanzia del Fondo costituto presso l’Ismea. L’Abi ricorda che il Parlamento ha escluso le società che controllano (o sono controllate) direttamente o indirettamente da una società residente in un Paese o in un territorio non cooperativo a fini fiscali, a meno che la società non dimostri che il soggetto non residente svolga un’attività economica effettiva utilizzando personale, attrezzature, attivi e locali.

Rilevante è la portata del nuovo articolo 1-bis secondo cui le richieste di nuovi finanziamenti devono essere integrate da un’autocertificazione del titolare o del legale rappresentante dell’impresa che richiede il finanziamento e indica esplicitamente che la banca non è tenuta a svolgere accertamenti ulteriori rispetto alla verifica formale di quanto dichiarato, fermi restando gli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio.

PERCHE’ E’ UN PUNTO A FAVORE DELL’ABI

Proprio il nuovo articolo 1-bis è di grande rilievo per chi chiede il prestito, che può contare su un iter senza dubbio più veloce, e allo stesso tempo anche per le banche che – pur non avendo ottenuto la manleva richiesta – pure grazie all’autocertificazione si sgravano di molte responsabilità. Ai primi di maggio il presidente dell’associazione bancaria, Antonio Patuelli, aveva chiesto al governo la tutela penale per le banche in modo da velocizzare l’erogazione dei prestiti garantiti. Nel frattempo gli istituti di credito procedevano facendo un’attenta valutazione della situazione economica e patrimoniale delle imprese che si presentavano allo sportello per chiedere i finanziamenti con le garanzie previste dal decreto Liquidità.

COS’AVEVA DETTO IL DIRETTORE GENERALE SABATINI IN AUDIZIONE

Il 22 aprile scorso il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, era stato audito in commissione bicamerale di inchiesta sul sistema bancario e finanziario e aveva sottolineato con estrema chiarezza che – per ridurre i tempi delle istruttorie nei casi diversi dal finanziamento fino a 25.000 euro (per quest’ultimo è invece previsto l’intervento di Sace) – “occorre tutelare sotto il profilo penale l’attività di erogazione di credito durante la crisi. Occorre, in altri termini, evitare che sulle banche e sugli esponenti siano trasferiti rischi che non possono in alcun caso essere riconosciuti come loro propri laddove le misure di sostegno offerte alle imprese in attuazione dei provvedimenti normativi non sortissero gli sperati effetti e le imprese cadessero in stato di insolvenza con possibili conseguenze rispetto alle procedure fallimentari”.

Le parole di Sabatini erano in qualche modo sposate dall’allora presidente designato di Confindustria, Carlo Bonomi, che in un’intervista al Corriere della Sera, qualche giorno dopo, aveva affermato:  “Ho l’impressione che il governo si prepari a scaricare le responsabilità su banche e imprese”.

A chiarire ulteriormente le cose ci aveva pensato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, durante un’audizione alla Camera. Sileoni si era detto d’accordo con l’Abi di “introdurre uno scudo penale sugli amministratori delegati delle banche, relativo a ipotesi di concorso in bancarotta o abusiva concessione di credito o in altre fattispecie non approfondite all’interno del decreto. Ma è assurdo e inconcepibile che qualche gruppo bancario stia frenando sull’erogazione del credito proprio per ottenere uno scudo penale o legale utilizzando, in questo modo, l’arma ingiustificata del ricatto”.

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