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Inflazione

Perché l’inazione del governo sul fisco sarà mortale per molte imprese

L'applicazione degli Isa (Indicatori sintetici di affidabilità) sarà esiziale in tempi di crisi economica da pandemia. L'intervento di Marco Salustri, consigliere nazionale Unimpresa

Che il fisco italiano sia sempre stato insensibile alle attese del contribuente onesto rappresenta una prassi diabolica, consolidata negli anni, ma che, in questa situazione di perdizione economica e finanziaria, costituisce un incomprensibile tradimento.

Il 30 aprile 2020 l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato un provvedimento che disciplina l’applicazione dei cosiddetti Isa (Indicatori sintetici di affidabilità, ex Studi di settore), spiegando come  sia stato introdotto un regime “premiale” per le imprese, calcolato sulla base di una media dei livelli di affidabilità per le annualità 2018 e 2019.

L’applicazione degli Isa risulta obbligatoria per tutte quelle imprese che dichiarano ricavi (articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c, d ed e del Tuir), o compensi (articolo 54, comma 1, del Tuir) di un ammontare inferiore a 5.164.569 euro (eccetto alcune esenzioni elencate sempre nel decreto legislativo 50/2017, convertito con modificazioni della L. 21.06.2017 , n. 96).

La finalità di tali indicatori consiste nel favorire l’emersione “spontanea” delle basi imponibili dei contribuenti, adeguandole a parametri “congrui”,  secondo la logica opportunistica dell’Agenzia. Insomma, una sorta di “obbligo” che si abbatte sui contribuenti, i quali, per evitare un automatico accertamento, sono costretti ad  “assecondare” le indicazioni del fisco, adeguandosi ai parametri che gli indicatori propongono.

La conseguenza? Una base imponibile Ires e Irpef più alta rispetto ai redditi dichiarati. Resta un mistero comprendere cosa cosa ci sia di premiale in un metodo statistico astratto, che impone maggiori imposte, prescindendo da una realtà di crisi conclamata, come quella in atto a causa della pandemia.

Quale aiuto concreto, quale “premio”, questo scriteriato, illogico e punitivo provvedimento recherebbe alle imprese? Unimpresa e autorevoli commentatori, più opportunamente e realisticamente, avevano proposto la sospensione o la cancellazione degli Isa, per l’anno d’imposta 2019 e 2020, a meno che non si voglia, da parte del governo e del sistema fiscale,  il definitivo soffocamento delle aziende, con la drammatica prospettiva di una chiusura definitiva o, peggio, di una svendita al miglior offerente straniero o ai poteri criminali, gli unici che non difettano di consistenti liquidità di provenienza illecita e, quindi, esentasse.

Sono prevedibili, quindi, le conseguenze a breve: un incremento esponenziale della povertà e una disuguaglianza senza precedenti tra le famiglie. Si dovrebbe, al contrario, incentivare la ripresa a 360 gradi sia per le grandi imprese che per le medie e piccole imprese, dotate, almeno fino a ieri, di un know how, invidiato dal mondo intero.

Oltre alla sospensione o alla cancellazione degli Isa, dovrebbe, inoltre, essere rivista l’applicazione dell’Iva, azzerarla o quantomeno ridurla in tutti quei settori che devono riprendere rapidamente le redini finanziarie delle loro attività, quali, ad esempio: la  grande distribuzione, l’alimentare, i ristoranti, gli alberghi e il commercio al minuto. Analogo ragionamento andrebbe fatto per il saldo dell’Ires, dell’Irap e dell’Irpef, con lo spostamento al 31 dicembre 2020 e il contestuale azzeramento degli acconti d’imposta.

Se il Leviatano fiscale italiano, un mostro famelico per i contribuenti corretti e lassista i disonesti, prescinderà, per cecità e inavvedutezza del governo, come ha fatto finora, dalla realtà drammatica che il sistema delle imprese, specie le medie e piccole, sta vivendo, determinerà il fallimento di migliaia di aziende e si troverà, nel prossimo anno fiscale, con un buco enorme nelle entrate, del tutto incolmabile. Sarebbe questo il tragico preludio al default dello Stato.

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