Se ultimamente l’olio di oliva vi è sembrato più caro del solito non si è trattato solo di un’impressione. È effettivamente così. E anche quando l’inflazione ha rallentato, il suo prezzo non è diminuito perché non ce n’è abbastanza.
La domanda infatti non è improvvisamente aumentata ma le temperature sì e questo ha fatto salire i prezzi ai massimi storici.
IL PREZZO RECORD DELL’OLIO DI OLIVA
Negli ultimi due anni il costo delle olive è salito alle stelle, facendo raggiungere al prezzo dell’olio un picco (+32%) che non toccava da 26 anni. Secondo i dati del Fondo monetario internazionale (Fmi), infatti, ora sfiora i 6.000 dollari per tonnellata, che è la cifra più alta dal 1997, quando ha raggiunto i 6.225 dollari.
LA SICCITÀ RENDE ARIDA LA SPAGNA…
A provocare questo aumento sono i cambiamenti climatici che colpiscono tutti i Paesi del Mediterraneo, ma la Spagna, che è il principale produttore di olio di oliva al mondo, sta risentendo particolarmente gli effetti del caldo e della siccità.
Normalmente, secondo il Centro per la promozione delle importazioni, la Spagna, che fornisce oltre il 40% della produzione mondiale, dovrebbe produrre tra 1,3 e 1,5 milioni di tonnellate di olio di oliva per ogni raccolto. Tuttavia, i dati ufficiali, riportati dalla Cnbc, hanno mostrato che per la campagna 2022/2023 il Paese ha coltivato solo circa 666.000 tonnellate metriche e gli operatori di mercato prevedono una produzione compresa tra 830.000 e 850.000 tonnellate per il raccolto 2023/2024, con un aumento di circa 40.000 tonnellate rispetto alle stime precedenti.
Il calo della produzione significa quindi che, pur continuando a mantenere il primato, la Spagna si trova ora a un livello paragonabile a quello dei suoi rivali e, di conseguenza, il mercato globale potrebbe continuare a registrare un aumento dei prezzi.
…E TUTTA L’AREA DEL MEDITERRANEO
Negli ultimi anni infatti, secondo Kyle Holland, un analista del gruppo di ricerca di mercato Mintec, le condizioni climatiche estreme hanno avuto un “impatto significativo” sulla produzione di olio di oliva in tutta l’Europa meridionale e quindi anche in Italia e Grecia – rispettivamente secondo (8,8%) e terzo produttore (7,4%) al mondo. Entrambi ne ottengono circa 300.000 tonnellate all’anno ciascuno, una cifra decisamente inferiore rispetto a quella della Spagna.
L’anno scorso, secondo Coldiretti, in Grecia era previsto un raccolto di 200.000 tonnellate contro le 350.000 del 2022 e anche la produzione della Turchia risultava in calo. Secondo le stime dell’associazione, infatti, nel 2023 dovevano scendere intorno alle 280.000 tonnellate, ovvero circa 100.000 tonnellate in meno rispetto alla campagna precedente. Solo la Tunisia sembrava in recupero.
LA CARENZA DI OLIO DI OLIVA IN ITALIA
Non essendo sufficiente la quantità di olio di oliva prodotto in Italia, 3 bottiglie su 4 consumate nel nostro Paese sono straniere, afferma Coldiretti, la quale riferisce che nel 2022 le importazioni italiane dall’estero hanno segnato il record del secolo per un valore di oltre 2,2 miliardi di euro, con un incremento di quasi il 20% nei primi sei mesi del 2023.
“Una situazione – osserva l’associazione – che espone l’Italia alle fluttuazioni delle produzioni estere e alle speculazioni dei mercati internazionali”.
Ecco perché con le risorse del Pnrr sono stati previsti accordi di filiera “per avere un milione di nuove piante di olivo in più lungo la penisola, incrementare la produzione e ridurre la dipendenza dall’estero”.
“L’Italia – riferisce ancora Coldiretti – è fra i primi tre maggiori consumatori di extravergine di oliva al mondo con circa 480 milioni di chili, subito dopo la Spagna e prima degli Stati Uniti e rappresenta il 15% dei consumi mondiali”. Inoltre, secondo un’indagine condotta sul loro sito, “meno della metà degli italiani (44%) verifica con attenzione l’etichetta d’origine per essere sicuri di mettere nel carrello un extravergine ottenuto da olive made in Italy”.
COSA PREVEDONO GLI ANALISTI
Sul futuro gli analisti intervistati dalla Cnbc non sembrano del tutto ottimisti perché ritengono che la diminuzione delle riserve di olio di oliva potrebbe tenere i mercati in tensione per eventuali improvvisi picchi di prezzo nei prossimi mesi.
“Il punto è che sì, i prezzi sembrano scendere in questo momento, ma alla fine la gente dovrà iniziare a comprare. E quando si acquista a fronte di una diminuzione dei volumi, si dice che se i volumi si esauriscono e tutti hanno bisogno di comprare, allora i prezzi devono salire”, ha spiegato Holland.
“Credo che la preoccupazione maggiore sia effettivamente l’offerta complessiva. La gente – prosegue l’analista – è piuttosto ribassista sul mercato in questo momento, ma man mano che la stagione si protrae e che ci allontaniamo sempre di più dal raccolto che abbiamo appena avuto, la maggior parte degli operatori di mercato sembra pensare che il mercato si stia svuotando”.
“Non è una situazione normale”, ha dichiarato Vito Martielli, analista presso la Rabobank, ricordando di non aver mai visto nei suoi oltre 20 anni di studio del settore dell’olio di oliva la recente volatilità dei prezzi. “Per avere una visione chiara – ha aggiunto -, credo che dovremo aspettare un paio di mesi, fino alla fine di giugno, ma le piogge del mese di marzo sono state un segnale positivo per il miglioramento della produzione”.