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Perché il Pd non ha titolo per bacchettare il governo M5S-Lega sulla manovra visti i bonus elargiti da Renzi e Gentiloni. Il commento di Cazzola

Il commento di Giuliano Cazzola sull'azione del governo e sulla reazione dell'opposizione

È da tempo un leitmotiv della polemica politica. Secondo l’attuale maggioranza, i governi precedenti avrebbero portato avanti politiche di “austerità’’ imposte da un’ Unione europea egemonizzata dalla Germania. Da qui l’esigenza di recuperare la sovranità perduta per dare finalmente corso ad una politica di sviluppo, allo scopo di ridurre l’incidenza del debito sul Pil agendo sull’incremento del denominatore.

Quando in occasione degli ultimi dati sull’inversione della crescita – dopo 14 trimestri consecutivi contraddistinti da un segno positivo – il governo Conte si è sentito accusare di esserne responsabile, sia il premier che i suoi vice hanno sostenuto che loro non c’entrano nulla, ma che è tutta colpa della manovra dell’esecutivo presieduto da Paolo Gentiloni, anch’essa ispirata all’idea nefasta dell’austerità.

A volte, però, ai nostri capita di dimenticarsi di queste analisi, quando, in polemica con la Commissione, sono andati in giro sugli schermi a mostrare la serie dei disavanzi (tutti superiori al 2% e persino prossimi al fatidico 3%) consentiti da Bruxelles ai precedenti governi (mentre il loro 2,4 % veniva duramente contestato). Allo stesso modo, se qualcuno si avventura a richiamare il peso del debito pubblico, insorgono come se li avesse morsi una tarantola, sciorinando l’ammontare dei miliardi accumulati negli anni scorsi da quelle forze politiche allora al potere.

Certo, è facile obiettare che il Paese ha attraversato un lungo e difficile periodo di crisi e che è un conto fare disavanzo e debito per fronteggiare contesti economici negativi, mentre è sbagliato non avvalersi di una fase di ripresa per aggiustare i saldi. Inoltre, sono talmente evidenti i guasti prodotti dall’attuale maggioranza pur nei pochi mesi di vita del governo giallo-verde (purtroppo, più a causa delle chiacchiere a vanvera e della tracotanza dei suoi leader che non per effettive iniziative legislative).

Ma perché sparare sulla Croce rossa, senza neppure riuscire a colpirla? Quando nella discussione generale sulla manovra, in Aula alla Camera, l’opposizione (si veda l’intervento di Maria Elena Boschi) critica il governo perché non ha rispettato il mandato ricevuto dagli elettori (anziché ringraziarlo per aver risparmiato guai ancora più gravi al Paese) è fortunato chi, potendo ancora esibire una chioma fluente, ha la possibilità di mettersi le mani nei capelli. A questo punto sarebbe ora di dirsi, tutti insieme, la verità.

L’Italia era cresciuta meno di altri Paesi dell’Eurozona, stentava a riprendersi stabilmente e a recuperare produttività (prima di scoprire al proprio interno una ‘’quinta colonna’’ di barbari) non già per aver portato avanti politiche di rigore, ma per non averlo fatto. Come si spiegherebbero altrimenti i dati dei deficit e del debito riscontrati in tutto il corso della XVII legislatura? Se i maggiori esponenti dell’attuale maggioranza non avessero la mente obnubilata dall’odio e dalla prosopopea dovrebbero rivendicare di essere impegnati nel medesimo progetto che non era riuscito a Matteo Renzi. L’ex presidente del Consiglio è stato il primo a spernacchiare i ‘’burocrati di Bruxelles’’, a contestare le politiche di rigore (‘’Europa sì ma non così’’ era il suo slogan), a compiere atti di bullismo politico nelle riunioni a livello europeo, a minacciare di non pagare la quota dovuta alle istituzioni Ue, a lamentarsi di un’Italia ‘’lasciata sola’’ nel fronteggiare gli sbarchi dei profughi, quando sapeva benissimo di aver chiesto e ottenuto in cambio quasi 30 miliardi di flessibilità in un triennio.

E’ stato o no il governo Renzi a sprecare 10 miliardi l’anno con la prebenda degli 80 euro al mese (un importo che peraltro non è andato ad alleviare la condizione delle persone in maggiore difficoltà)? E che dire dei 5 miliardi sprecati per l’abolizione dell’Imu su tutte le prime case? E dei 18 miliardi (almeno) messi nella legge di bilancio del 2015 a copertura della decontribuzione nel caso di assunzioni a tempo indeterminato nel triennio 2015-2018 (poi rimodulata nei provvedimenti successivi)? Come si sarebbe comportato – questa, alla fine, è la domanda-chiave – Renzi nei confronti dell’Europa se non fosse caduto dopo la sconfitta nel referendum sulla legge Boschi?

Non si dimentichi che l’ex premier aveva in mente di negoziare con l’Unione, in deroga, un deficit del 2,9% per un certo numero di anni in cambio di un non precisato programma di riforme. Per fortuna, Paolo Gentiloni ha aggiustato i rapporti con le istituzioni europee e con le Cancellerie dei Paesi più importanti. Anche il suo governo, però, non si è tirato indietro quando si è trattato di ‘’gettare soldi dall’elicottero’’ a favore dei pensionati. Le misure, inserite nella legge di bilancio 2017, relative al Pacchetto Ape e dintorni (quattordicesima, precoci, ecc.) hanno certamente risolto alcuni problemi reali, ma sono costate 7 miliardi in un biennio. L’anno successivo – per la manipolazione dell’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’attesa di vita a favore di 15 categorie di lavoratori in condizioni di disagio – sono serviti altri 2 miliardi a regime.

Ecco perché c’è tanto di ‘’nuovo’’ (una maggioranza ed un governo sovranpopulisti che hanno sfidato apertamente le regole), ma anche un bel po’ di ‘’antico’’ alla base della sfiducia e della cattiva considerazione che il nostro Paese gode presso gli interlocutori e sui mercati. Da noi l’austerità (tranne che nella breve e salutare parentesi del governo Monti) è stata solo immaginaria.

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