skip to Main Content

Cibo Italiano

Perché il cibo italiano va alla guerra contro dazi e burocrazia

Che cosa emerge da un'indagine della Coldiretti sul cibo italiano. L'articolo di Nunzio Ingiusto

Tutti presi dalla spesa alimentare per le festività natalizie. Previsioni di buoni affari e tanta voglia di non sprecare all’insegna della sostenibilità. Per una volta gli italiani non saranno considerati sciuponi e incuranti delle regole della buona economia. Tutt’altro. Il cibo italiano nel mondo è sinonimo di salute. Per la dieta mediterranea, per un’infinità di prodotti bio, per una rete commerciale — se il governo non la minaccia con altre tasse e balzelli – integrata tra grandi e piccoli. Di fatto magiare italiano vale il 25% del Pil. È la prima ricchezza del Paese con 538 miliardi di euro di fatturato, esulta Coldiretti.

L’ultima indagine della potente organizzazione degli agricoltori snocciola numeri importanti, all’indirizzo di coloro che in Parlamento e in Europa trascurano tutto ciò che ruota intorno all’italian food ed all’export. Che, tra proteste, promesse politiche e regole comunitarie, cerca di essere sempre meno nemica dell’ecosistema. Il cibo, intanto, dà lavoro a 3,8 milioni di persone. Il made in Italy è una leva strategia per il Paese e lo dimostra il fatto – spiega Coldiretti – che mai così tanto cibo e vino italiano sono stati consumati sulle tavole mondiali. La soddisfazione di aver aumentato le esportazioni del 4% rispetto ai 41,8 miliardi del 2018. Sei controlli sul territorio riuscissero a combattere davvero l’agropirateria, la bilancia commerciale avrebbe 100 miliardi in più di fatturato. Ma i prodotti taroccati e spacciati per italiani girano sulle tavole di tutto il mondo ancorché ottenuti in spregio ad elementari principi di sostenibilità.

Quell’industria del falso, dall’Australia al Sudamerica, dal Canada agli Stati Uniti, aiutata da dazi punitivi. Il premier Conte ne ha parlato recentemente con Trump per quanto è in arrivo dagli Usa. Ma non pare che il presidente americano abbia vera intenzioni di fare marcia indietro. Di sicuro la sua “America First “ non tiene in nessun conto che la filiera alimentare italiana vanta successi green come 60mila aziende agricole bio, 415 vini Doc/Docg, 5155 prodotti tradizionali regionali, 297 specialità Dop/Igp riconosciute a livello europeo.

A casa propria l’Italia deve rimproverarsi i ritardi strutturali (autostrade, ferrovie, interporti) che strozzano la circolazione di merci e prodotti finiti. Bisogna sbloccare i lavori delle tante infrastrutture progettate e ferme per inaudita burocrazia e scarsa visione di forze politiche al governo. Opere — ha detto Ettore Prandini, Ppesidente di Coldiretti — che per il nostro Paese sono un danno in termini di minor opportunità di export, al quale si aggiunge il maggior costo della “bolletta logistica” per trasporti e movimentazione delle merci. A quando un salutare outing di chi può smuovere una situazione così paradossale? I tanti che danno lezioni di Pil e prospettive di crescita green nel 2020 possono accorciare in molti modi le distanze tra tavola e campagna.

Back To Top