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Dollaro

Perché i timori sull’inflazione negli Stati Uniti rafforzano il dollaro

Il report settimanale di Ebury sul mercato valutario.

La scorsa settimana sono stati registrati degli andamenti divergenti causati dal Trump trade. Le prospettive di una politica inflazionistica e di un aumento dei tassi della Federal Reserve hanno determinato ancora una volta un calo dei Treasury e un rafforzamento del dollaro, ma le azioni e di fatto la maggior parte degli asset di rischio stanno finalmente iniziando a sentire il peso dell’aumento dei tassi di interesse e sono calate per tutta la settimana. Quasi tutte le principali valute hanno perso terreno nei confronti del biglietto verde. La perdente della settimana è stata la sterlina britannica, colpita dalla delusione per la crescita del terzo trimestre. In positivo, il pesos messicano e quello cileno sono riusciti a mettere a segno un piccolo rimbalzo in settimana.

Questa settimana sarà molto impegnativa per l’euro e la sterlina, poiché venerdì verranno pubblicati gli indici PMI flash sull’attività delle imprese per il mese di novembre. Inoltre, mercoledì sarà resa nota l’inflazione britannica di ottobre. Negli Stati Uniti il calendario è più leggero e l’attenzione si concentrerà sulla reazione del mercato obbligazionario ai discorsi da falco della Federal Reserve della scorsa settimana. Nel frattempo, i mercati valuteranno l’entità e la portata dei prossimi dazi statunitensi, nonché gli annunci relativi alle misure di stimolo cinesi per contrastarne l’effetto.

GBP

La sterlina ha vissuto una settimana difficile, scendendo al livello più basso degli ultimi quattro mesi. La tendenza generale al ribasso delle valute europee è stata amplificata, nel caso della sterlina, dalla pubblicazione di un debole dato sul Pil del terzo trimestre, che ha mostrato una crescita dell’economia pari a circa la metà di quella prevista e che si aggira nuovamente vicino a un valore di stallo. A nostro avviso, il mercato potrebbe aver reagito in modo eccessivo alla notizia del Pil, che è un indicatore molto ritardato, e che l’economia sta registrando un andamento ragionevolmente positivo. Inoltre, le esportazioni di beni verso gli Stati Uniti sono relativamente limitate e i dazi statunitensi dovrebbero essere un problema minore rispetto all’Eurozona. In ogni caso, i numeri PMI in uscita venerdì assumono un’importanza maggiore dopo le deludenti notizie sulla crescita della scorsa settimana.

EUR

L’euro continua a subire le conseguenze del Trump trade, con i tassi statunitensi che continuano a crescere senza sosta, ampliando il divario con quelli dell’Eurozona. La divergenza tra le proiezioni dei tassi d’interesse su entrambe le sponde dell’Atlantico si fa sempre più netta. I mercati iniziano a dubitare che la Fed taglierà i tassi a dicembre, mentre la Bce prevede una significativa possibilità di taglio di 50 punti base in una delle prossime due riunioni. La valuta comune sembra aver trovato una sorta di soglia minima intorno al livello di 1,05. Il sell off contro il dollaro è stato piuttosto brutale e i livelli attuali sembrano già prezzare una forte divergenza nella performance economica a favore degli Stati Uniti. Un dato PMI superiore a 50, che indichi che l’economia dell’Eurozona sta ancora crescendo, anche se lentamente, potrebbe contrastare questa narrativa e offrire almeno un sostegno temporaneo all’euro.

USD

La scorsa settimana, un’ importante dichiarazione del presidente della Federal Reserve Powell ha indicato chiaramente che un taglio dei tassi a dicembre non è affatto scontato e ha suggerito la necessità di rivedere l’entità e la durata dell’attuale ciclo di tagli. I mercati hanno subito seguito questa indicazione, anche se il rialzo dei tassi era già iniziato dopo l’ennesimo dato sull’inflazione, che ha mostrato che l’indice core è cresciuto a un tasso annualizzato del 3-4% per il terzo mese consecutivo. I mercati stanno valutando il 60% di possibilità di un taglio a dicembre. Questo risultato dipenderà completamente dal singolo dato sull’inflazione IPC che verrà pubblicato prima della riunione del 18 dicembre. In ogni caso, è difficile che la Fed porti i tassi di interesse significativamente al di sotto del 4% in queste circostanze, dato il previsto impatto inflazionistico dei dazi e dei tagli fiscali di Trump.

 

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