Siamo ormai nel corso della fase rialzista più lunga della storia e abbiamo assistito a una ripresa alquanto prolungata; risulta pertanto evidente che il ciclo attuale si sta avvicinando alla fine, ma non riteniamo che tale fine sia imminente –riteniamo invece che il ciclo stia stato allungato e riassettato da diversi fattori strutturali che hanno portato tassi di interesse bassi, poca inflazione e una crescita moderata. Alla vigilia del 2019, gli indicatori che monitoriamo quali possibili segnali precursori di una netta inversione di tendenza non sono ancora del tutto preoccupanti.
Secondo il nostro scenario di base, nel corso del 2019 la crescita negli Stati Uniti dovrebbe moderare il passo con l’attenuarsi dell’impatto dovuto allo stimolo fiscale. L’inflazione dovrebbe restare sotto controllo e le valutazioni dovrebbero rimanere eque, creando un contesto ampiamente favorevole per gli investitori.
Ci aspettiamo che i mercati azionari globali registrino progressi lievi ma positivi, che gli utili societari continuino a crescere, che l’atteggiamento delle aziende sia favorevole agli azionisti e che le valutazioni restino propizie.
Nei mercati azionari, continuiamo a prediligere società che abbiano una struttura di capitale leggera e un rendimento elevato e che siano in grado di ampliare la propria quota di mercato e sostenere i prezzi. In un contesto caratterizzato dalla continua evoluzione delle catene del valore, dalla messa in discussione dei modelli di business tradizionali e dall’invecchiamento delle tecnologie, le aziende capaci di innovare dovrebbero continuare a crescere.
Benché il 2018 non sia stato un anno eccezionale per le obbligazioni, il 2019 potrà offrire risultati molto più interessanti agli investitori che sapranno destreggiarsi tra cicli di credito e politiche monetarie altamente divergenti. Il livello elevato di indebitamento tra le società statunitensi (rispetto a quelle europee) è fonte di preoccupazione, ma reputiamo che vi siano solide opportunità all’interno di specifici settori e regioni. In alcuni comparti, tra cui energia e telecomunicazioni, ma anche alimenti e bevande, diverse società sono impegnate a ridurre i livelli di indebitamento, che in passato erano stati aumentati.
Il debito sovrano dei mercati emergenti offre interessanti opportunità per il 2019 data la netta impennata dei rendimenti; ciononostante, gli investitori devono usare la dovuta cautela poiché vi saranno ampissime divergenze a livello geografico.
In linea generale, continuiamo a preferire le azioni al reddito fisso, seppur in misura meno marcata rispetto al 2018.
Tuttavia, per investire efficacemente è fondamentale tenere in debita considerazione i rischi; a tale riguardo, nel 2019 monitoreremo con attenzione la situazione negli Usa, dal momento che un eccesso di stimolo si tradurrebbe in un aumento dell’inflazione. I rendimenti potrebbero inoltre risentire delle guerre commerciali, di eventi geopolitici imprevisti e di qualsiasi ulteriore frammentazione dell’Ue. Infine, tenuto conto del fatto che i governi, le aziende e i singoli individui sono altamente indebitati, occorre stare all’erta per cogliere eventuali segnali d’allarme a riguardo.
PROSPETTIVE MACROECONOMICHE
Complessivamente, prevediamo una crescita economica nella media, che permetterà alle aziende di continuare a generare solidi profitti e accrescere gli utili. Ciononostante, è probabile che i maggiori beneficiari di tale contesto saranno gli azionisti più che gli investitori nel reddito fisso. Dal momento che le valutazioni sono giunte a valori equi, è probabile che, a parità di condizioni, la congiuntura favorevole già osservata nel 2018 prosegua anche nell’anno a venire.
Mentre negli Stati Uniti la crescita è destinata a moderare il passo nel 2019 con l’attenuarsi dell’impatto dovuto allo stimolo fiscale e l’aumento dei tassi ad opera della Fed, in linea con le aspettative del mercato (tenendo ancorata l’inflazione), prevediamo che l’espansione economica relativamente buona osservata in Europa continuerà il prossimo anno.
Il rialzo dei tassi d’interesse potrebbe penalizzare tanto il credito, provocando rendimenti negativi legati alla duration, quanto le azioni, poiché gli investitori andranno a orientarsi su attivi meno rischiosi. Ciò detto, manteniamo una predilezione per le azioni (così come per le materie prime e gli immobili commerciali) rispetto al credito mentre ci avviciniamo al nuovo anno, ma restiamo alquanto neutrali in termini di propensione al rischio. Nell’ambito di questa allocazione complessivamente favorevole alle azioni, continuiamo a mantenere un orientamento positivo nei confronti dei titoli europei e asiatici (in particolare giapponesi).
A differenza di quanto osservato da un po’ di tempo a questa parte, riteniamo che i mercati obbligazionari core appaiano più interessanti, in una certa misura. Le valutazioni del credito sembrano attestarsi nella media e, malgrado i rendimenti delle obbligazioni core siano leggermente saliti, allo stato attuale i rendimenti obbligazionari assoluti risultano più appetibili.
AZIONI
Con l’approssimarsi del 2019, i mercati azionari hanno registrato un’ondata di volatilità come non si vedeva da parecchi anni. L’aumento delle aspettative inflazionistiche ha innescato una correzione diffusa in tutto il mondo, poiché gli investitori hanno scontato la prospettiva di un inasprimento monetario. Ciò ha avuto una serie di implicazioni per le valutazioni dei titoli growth a lunga duration che hanno dominato i mercati negli anni successivi alla crisi finanziaria globale, provocando il cosiddetto decennio perduto dei titoli value.
Resta da capire se ciò comporti la fine del ciclo attuale, aprendo la strada a una nuova leadership di mercato. Come accennato sopra, non riteniamo che la fine sia imminente. Gli utili societari continuano a crescere a livello mondiale, con valutazioni interessanti rispetto alle medie storiche e con dati economici favorevoli. La recente battuta d’arresto del mercato rappresenta pertanto un’opportunità.
Tenuto conto del riassestamento delle valutazioni di società interessanti, caratterizzate da una crescita a lungo termine, questo contesto costituisce un terreno di caccia ideale per gli investitori bottom-up capaci di identificare titoli che scambiano al di sotto dei rispettivi valori intrinseci. L’eventuale ampliamento della dispersione dei rendimenti innescato da un sostenuto aumento della volatilità dovrebbe tradursi in ulteriori opportunità per i gestori attivi.
Continuiamo a prediligere società che abbiano una struttura di capitale leggera e un rendimento elevato e che siano in grado di ampliare la propria quota di mercato e sostenere i prezzi. Benché il settore tecnologico abbia attirato gran parte dell’attenzione negli ultimi anni, questo fenomeno è osservabile in tutti i settori, con un divario sempre più pronunciato in termini di dispersione dei profitti tra le società di qualità più alta e quelle di qualità più bassa. In un contesto caratterizzato dalla continua evoluzione delle catene del valore, dalla messa in discussione dei modelli di business tradizionali e dall’invecchiamento delle tecnologie, le aziende capaci di innovare dovrebbero continuare a crescere.
Gli utili societari sono orientati alla crescita, l’atteggiamento delle aziende è favorevole agli azionisti, le valutazioni appaiono propizie e i rendimenti obbligazionari non dovrebbero subire bruschi incrementi. In breve, possiamo aspettarci un contesto pressoché simile nel 2019.
Tuttavia, restiamo consapevoli dei potenziali rischi per i mercati azionari, siano essi correlati alla retorica sui temi commerciali, ai timori sul versante dell’inflazione o all’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Gli investitori dovrebbero pertanto prepararsi a fronteggiare ulteriore volatilità nel 2019.
REDDITO FISSO
Vi è l’opinione diffusa secondo cui investire nel reddito fisso comporti oggi un livello di rischio maggiore rispetto agli anni scorsi, dal momento che ci troviamo in una “fase avanzata del ciclo”. In una prospettiva di investimento, tale convinzione è controproducente, oltre a risultare imprecisa, se si osservano da vicino i vari settori, i segmenti e le aree geografiche. Le politiche monetarie stanno assumendo direzioni divergenti a livello globale, i tassi d’interesse statunitensi appaiono più interessanti, dato che i rendimenti sono saliti notevolmente, e la modalità di reazione della Fed è probabilmente destinata a cambiare. Nel frattempo, manteniamo un approccio difensivo sui tassi d’interesse in altri mercati sviluppati, in quanto il ciclo di incremento dei tassi è appena iniziato. Per quanto riguarda il credito societario, ci preoccupa il livello elevato di indebitamento tra le aziende statunitensi, ciononostante ravvisiamo opportunità all’interno del settore e divergenze regionali nelle obbligazioni societarie.
Il ciclo dei crediti al consumo appare particolarmente promettente, e vi sono opportunità allettanti in termini di generazione di reddito nel mercato dei prodotti strutturati. Il credito sovrano (soprattutto nei mercati emergenti) offrirà occasioni appetibili nel 2019 per effetto della netta impennata dei rendimenti, pur restando soggetto ad ampissime divergenze tra i vari paesi. Di conseguenza, benché il 2018 sia stato un anno negativo per le obbligazioni, il 2019 potrà offrire risultati molto più interessanti agli investitori che sapranno destreggiarsi tra cicli di credito e politiche monetarie divergenti.
Riteniamo che vi sarà un buon margine per la generazione di interessanti rendimenti corretti per il rischio nel 2019; per identificare al meglio queste aree, sarà fondamentale saper individuare i punti di divergenza dei mercati in termini di cicli di politica monetaria e di credito.
IL CICLO DELLA POLITICA MONETARIA
Negli Stati Uniti, il Federal Open Market Committee è impegnato da ormai tre anni in un ciclo di incremento dei tassi d’interesse, e verosimilmente da cinque anni in un ciclo di inasprimento, che è stato avviato nel 2013 con il ridimensionamento del programma di acquisto di titoli. Con i rendimenti reali (al netto dell’inflazione) più alti nel mondo sviluppato, la Fed è ormai vicina a quello che viene descritto come un tasso neutrale. Pertanto, con l’approssimarsi del 2019, ci aspettiamo che la Fed transiti dalla politica di “forward guidance” applicata negli ultimi anni (caratterizzata da incrementi prevedibili dei tassi, su base trimestrale) a un sistema di “dipendenza dai dati” in cui la direzione della politica sarà influenzata dai più recenti sviluppi a livello di dati. Fatto salvo un contesto di accelerazione dell’inflazione, ci attendiamo che la Fed metta in pausa il ciclo di incremento trimestrale dei tassi nel 2019 a favore di un approccio attendista.
Con tutta probabilità la Bce inizierà ad aumentare i tassi d’interesse l’anno prossimo, mentre la Bank of England potrebbe rivedere la sua politica di tassi d’interesse ridotti, qualora venisse raggiunto un accordo ragionevole sulla Brexit. Nei mercati emergenti, numerosi istituti centrali hanno già innalzato i tassi ed è probabili che altri li seguiranno nel corso dell’anno a venire.
Di conseguenza, i tassi d’interesse statunitensi appaiono più interessanti, dato che i rendimenti sono saliti notevolmente, e la modalità di reazione della Fed è probabilmente destinata a cambiare. Nel frattempo, manteniamo un approccio difensivo sui tassi d’interesse in altri mercati sviluppati, in quanto il ciclo di incremento dei tassi è appena iniziato.
IL CICLO DEL CREDITO SOCIETARIO
Il ciclo del credito societario è spesso citato come fonte di timore e non senza ragione se si considera che i livelli aggregati di indebitamento sono attualmente superiori rispetto a quelli di cinque anni fa. Ciononostante, dopo aver aumentato la leva finanziaria negli ultimi anni per finanziare acquisizioni strategiche, numerose società stanno riducendo i livelli di indebitamento. Tre anni fa i settori dell’energia, dei metalli e dell’estrazione mineraria hanno attraversato un ciclo del credito completo, caratterizzato da caduta dei prezzi, rallentamento dell’attività industriale e aumento dei default; al momento, tuttavia, le società che operano in questi comparti stanno osservando una ripresa degli utili unitamente a una riduzione della leva finanziaria.
In una certa misura, i parametri creditizi appaiono più in salute in Europa rispetto agli Stati Uniti, mentre altre aree geografiche, come la Cina, presentano oneri debitori più preoccupanti. Con gli spread creditizi orientati verso l’estremità di elevata delle medie storiche, siamo convinti che le performance più brillanti nel 2019 giungeranno dalle società e dai settori capaci di mantenere solidi bilanci per sopportare la potenziale volatilità a venire. In alcuni comparti, tra cui energia e telecomunicazioni, ma anche alimenti e bevande, diverse società sono impegnate a ridurre i livelli di indebitamento, che in passato erano stati aumentati.
CREDITO SOVRANO
Una delle caratteristiche salienti del 2018 è stata la misura in cui la crescita ha oltrepassato le aspettative negli Stati Uniti, mentre in altri mercati sviluppati ed emergenti è di fatto rallentata. Per il 2019 ci aspettiamo che questa relazione tenda a normalizzarsi, contribuendo alla stabilità in Europa e alla ripresa nei mercati emergenti. I paesi che daranno prova di impegno in termini di credibilità istituzionale e prudenza delle politiche fiscali saranno ricompensati. Le delusioni degli ultimi anni sotto il profilo della crescita e delle politiche hanno spinto verso l’alto i rendimenti in numerosi paesi, tra cui Brasile, Messico, Turchia, Argentina e persino Italia. Molti di questi potrebbero rivelarsi investimenti solidi, a condizione che le autorità sappiano indirizzare il debito su una strada sostenibile.
RISCHI
Stiamo monitorando con attenzione una serie di rischi che potrebbero influire su queste prospettive. Un eccesso di stimolo dell’economia statunitense, al fine di protrarre la forte fase espansiva, potrebbe avere effetti inflazionistici, spingendo la Fed a inasprire la sua politica monetaria in maniera più aggressiva rispetto alle previsioni e destabilizzando i mercati. Le apprensioni di natura geopolitica sono anch’esse destinate a continuare; tra esse citiamo l’escalation della guerra commerciale e l’aggravarsi delle tensioni tra Stati Uniti e Arabia Saudita. In Europa, un rischio importante riguarda l’eventuale ulteriore frammentazione dell’Unione europea, per effetto della legge di bilancio italiana, dell’ascesa dei partiti di destra o delle implicazioni derivanti dall’accordo sulla Brexit.
Mentre le incertezze su quest’ultimo punto pongono una serie di rischi, è lecito ipotizzare che un governo laburista guidato da Corbyn avrebbe un maggiore impatto sul mercato britannico interno.
Infine, continuiamo a guardare con preoccupazione ai livelli di indebitamento nel mondo, in particolare per quanto riguarda il debito sovrano e societario, consapevoli del fatto che rapporti tra debito netto e Pil simili a quello cinese appaiono sempre meno sostenibili.