Adesso ne abbiamo avuto un’ulteriore conferma: Maurizio Landini e Pierpaolo Bombarbieri non sono soltanto dei leader che cercano di compensare la loro inadeguatezza con l’arroganza, con le tirate moraleggianti della più trita demagogia quando sono chiamati a confrontarsi con questioni di merito, con la sicumera di coloro che hanno poche idee per di più confuse.
Attraverso lo sgarbo reso al XIX congresso della Cisl, Landini e Bombardieri si sono fatti notare anche per la loro maleducazione. Ovviamente – anche se Luigi Sbarra ha preso per buone le loro giustificazioni – i due fratelli De Rege del sindacalismo confederale non potevano far credere di avere ambedue – in quello stesso giorno in cui erano invitati a parlare – impegni personali concomitanti e indifferibili; se non altro perché ai congressi sindacali gli inviti si fanno con molto anticipo e non solo per iscritto ma in via diretta, tramite gli uffici di segreteria, sottoponendo agli ospiti in via preventiva il calendario dei lavori.
Per le medesime ragioni non convince neppure la versione che attribuisce loro il dilemma (copyright Nanni Moretti) se sia più conveniente essere notati perché assenti o presenti ma in silenzio. Va da sé che quando i segretari di Cgil e Uil sono stati invitati sarà stato spiegato come si sarebbe svolta la partecipazione al congresso della organizzazione consorella. E ci sarebbe stata quindi la possibilità di esprimere – per tempo – le proprie riserve e di ottenere soddisfazione. E’ questa una prassi che si segue con gli ospiti , in ogni manifestazione.
E’ evidente che la diserzione dei leader è stata meditata attraverso contatti diretti tra gli staff e messa a punto in modo formale. Si tratta di capire che cosa abbia indotto la terribile coppia dei nuovi sodali ad assumere quella posizione. Indubbiamente nelle relazioni tra le centrali confederali storiche è in movimento un’onda lunga (che non è ancora diventata uno tsumani) che è nata dalla linea più ragionevole seguita dalla Cisl sul green pass, ha avuto il suo culmine nella mancata adesione di quella confederazione allo sciopero generale più inutile e sgangherato della storia recente (proclamato da Cgil e Uil il 16 dicembre scorso) e che continua il suo percorso (ecco l’onda corta) tra le sponde opposte del Patto sociale, proposto dalla Confindustria, accolto da Mario Draghi (intervenendo all’assise della Cisl il premier ha detto che le relazioni industriali sono necessarie per governare la transizione) ma fieramente avversato da Maurizio Landini e dal suo nuovo compagno di merende che ha capovolto le tradizionali alleanze nell’ambito sindacale). La questione del Patto sociale (sull’esempio di quello del 1993) è invece stata al centro del dibattito del XIX Congresso della Confederazione di via Po.
In più non siamo sicuri che Landini & compagnia abbiano gradito l’invito e l’intervento dei rappresentanti dei sindacati ucraini, a conferma della maggiore ragionevolezza con la quale Luigi Sbarra, nella relazione, ha affrontato – pur nell’ambito di un’iniziativa per la pace – le problematiche delle sanzioni nei confronti degli aggressori russi e dell’assistenza militare all’Ucraina.
Lunedì 31 maggio si celebra il ventiseiesimo anniversario della morte di Luciano Lama e la Cgil, insieme ad altre associazioni, ha organizzato un evento. In quest’occasione sarebbe utile un esame di coscienza di Landini, perché Lama non avrebbe avuto dubbi a collocare la Cgil dalla parte degli aggrediti, senza andare a caccia di un pacifismo pretestuoso e inconcludente.
Tornando al Patto sociale – al di là dei nominalismi – basterebbe un po’ di buon senso e di responsabilità per rendersi conto che questo sarebbe il solo terreno di confronto in cui il sindacato e i cosiddetti corpi intermedi avrebbero la possibilità di interloquire con il governo e condividerne le scelte, a fronte delle sfide che il Paese e l’Europa sono destinate ad affrontare.
Purtroppo l’aria che tira è un’altra: nulla di nuovo, tutto di antico. Landini si sta preparando a portare la Cgil ad un altro sciopero generale entro giugno. Bombardieri seguirà come l’intendenza negli eserciti del Grande corso. Si farà lo stesso gioco delle tre carte che i nostri impostarono a dicembre.
In presenza di un carnet fitto di rivendicazioni generiche (tra cui pure la pace disarmata) raccolte sotto titoli approssimativi, si metterà sotto accusa il governo ritenuto non in grado di risolvere quei problemi, come vorrebbero le organizzazioni sindacali, le quali continuano a ritenersi il lievito della storia.