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Quirinale Berlusconi

Perché Berlusconi sul Mes si smarca da Salvini e Meloni?

Il corsivo di Paola Sacchi sull'ultima mossa di Berlusconi che fa gioire a sorpresa la maggioranza giallorossa

Missione giallorossa: smontare il centrodestra, ovvero quello che Matteo Salvini, in uno slancio molto unitario, dopo settimane di divisioni, solo poco meno di un mese fa nella prima e ultima finora conferenza stampa della coalizione, prima dei divieti per il coronavirus, aveva definito “il primo partito del Paese”. Non più riferendosi soltanto al suo partito, la Lega, ma anche agli alleati Giorgia Meloni (FdI) e Antonio Tajani (Fi) che erano in Senato accanto a lui.

L’obiettivo della maggioranza giallorossa, di un certo establishment anche mediatico di sbaraccare la prima coalizione italiana, che governa la maggioranza delle Regioni, sembra aver già segnato un punto. Mentre in contemporanea è scattata, immancabile, l’offensiva giudiziaria sulla Lombardia a guida leghista, con l’evidente rischio che sia assestato un colpo simbolico al governo del Nord, a trazione leghista. E per una beffarda coincidenza della storia ripartendo, come una sorta di tragico gioco dell’oca iniziato 28 anni fa, con Mani pulite, dal Pio Albergo Trivulzio.

Comunque si pensi e senza entrare nelle tecnicalità del Mes, con la cosiddetta non condizionalità, che però per 101 economisti di vaglia internazionale non esisterebbe, che sarebbe applicata solo all’emergenza sanitaria, è evidente che oggettivamente la posizione favorevole di Silvio Berlusconi, che del centrodestra è proprio il fondatore, abbia incrinato l’unità della coalizione.

Perché lo ha fatto? I retroscena danno le spiegazioni più svariate. Chi dice per rientrare in gioco, chi dice per essere della partita in un governo a breve di unità nazionale senza Giuseppe Conte alla guida e con tanto di proporzionale a sparigliare i giochi. Magari con la sinistra che cerca di mettere, secondo i maliziosi, di fatto il primo partito italiano, la Lega, all’opposizione.

C’è chi dice che Berlusconi potrebbe anche rettificare. Certamente la mossa ha destato un certo stupore e smarrimento nell’elettorato azzurro rimasto, che al Cav riconoscerà comunque sempre il merito storico di aver sbarrato la strada alla sinistra e di averla sempre ostacolata.

Ieri, ad eccezione del numero due Antonio Tajani, c’è stato quasi un silenzio tombale da parte del resto di Fi. Solo Stefania Craxi, senatrice azzurra, vicepresidente della commissione Affari esteri di Palazzo Madama, ha fatto una nota dove annuncia di aderire virtualmente all’appello al governo dei 101 economisti a non firmare l’accordo dell’Eurogruppo, che dovrà essere ratificato il 23 aprile dal Consiglio europeo.  La Craxi sottolinea puntigliosamente nella sua articolata nota che in realtà la condizionalità c’è. E conclude, con amara ironia, sulle clausole che potrebbero un giorno scattare: “Mi dite cos’è, se non la Troika?”.

Ma al di là del merito della vicenda cruciale per il nostro Paese, si pone ora anche un problema di collocazione politica per Forza Italia. Con i consensi ormai ridotti a una cifra da tempo, eppur vincente in Regioni come recentemente la Calabria di Jole Santelli, o il Piemonte con Alberto Cirio, eppur con un brillante assessore in trincea, arrivato solo ora alla ribalta nazionale, come il titolare lombardo della Sanità Giulio Gallera, Fi rischia la sindrome del Psi di De Martino, prima dell’avvento di Bettino Craxi. Ovvero esser percepita come lo era il Psi demartiniano un piccolo satellite, il Psi lo era del Pci al punto che gli elettori di sinistra preferirono votare il Pci, ovvero l’originale. E il Psi di De Martino precipitò al minimo storico, finché non arrivò un certo Craxi a resuscitarlo.

Ora, paradossalmente, Fi già comunque da tempo arrivata a percentuali a una cifra, rischia di apparire il piccolo satellite della maggioranza giallorossa. Di cui Berlusconi contesta duramente le politiche alla loro radice. Si dirà, ma tanto già appariva come un piccolo satellite della Lega. Ma c’è una netta, profonda differenza perché comunque con la Lega e FdI il partito azzurro governa la maggioranza delle Regioni e in ogni caso sempre nel solco del centrodestra, appunto. Un centrodestra che ha bisogno dell’imprinting liberale che la sola presenza ad alto valore simbolico di Berlusconi imprime.

Si vedrà come evolveranno le cose. Ma se ormai l’offensiva ad ampio raggio da parte della sinistra rossa o rosé renziana è scattata da tempo, dalla “peccaminosa” (lo diciamo con evidente senso ironico) estate del Papeete accusando i cosiddetti sovranisti di ideologia, ci si chiede: ma non è forse ideologico dare ai “famigerati” sovranisti come una patente di infamia solo perché chiedono che l’Italia sia rispettata di più ai tavoli europei? Il governo del tutti contro Salvini, sorto per contare di più in Europa, come promisero, non ha paradossalmente sortito l’effetto inverso?

E Silvio Berlusconi, ieri tanto elogiato da esponenti di sinistra, non è sempre lo stesso che quella stessa sinistra, persino con quegli stessi esponenti, derise, ostracizzò così tanto fino a farlo decadere da senatore? O la sinistra apprezza gli avversari solo dopo averli bastonati?

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