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Spesa Pensioni

Pensioni, ecco il progetto Quota 102. Fatti, rumors e numeri

Numeri e dettagli sul progetto al vaglio di esponenti della maggioranza di governo ed esperti di previdenza sul dopo Quota 100 per le pensioni

Ipotesi Quota 102 sulle pensioni.

E’ uno dei dossier sul tavolo della maggioranza dei governi e degli esperti in materia di previdenza.

Obiettivo? Evitare lo scalone tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 garantendo comunque una pensione anticipata flessibile ma con almeno 64 anni d’età.

“Aumentano i consensi, non senza alcune variabili, a questa soluzione per rendere il più indolore possibile la conclusione della sperimentazione triennale di Quota 100”, scrive oggi il Sole 24 Ore: “Proprio l’innalzamento del requisito anagrafico a 64 anni rappresenta il denominatore comune, insieme con il calcolo interamente contributivo del trattamento anticipato, come già accade per “Opzione donna”, delle soluzioni alle quali guardano una parte del Pd e dei tecnici di area Dem, scrive il Sole, ma anche di esperti indipendenti o vicini al centro-destra”.

È il caso di Alberto Brambilla, già sottosegretario al Lavoro nel governo Berlusconi e attuale presidente di Itinerari previdenziali, secondo il quale per scongiurare il rischio-scalone sarebbe necessario un pensionamento agevolato a 64 anni di età, adeguata alla speranza di vita con 37/38 anni di contributi. Quindi: Quota 101 o, più probabilmente, 102 interamente “contributiva”. Con un costo di circa 2,5 miliardi l’anno fino al 2028, che sarebbe significativamente inferiore a quello di Quota 100.

CHE COSA DICE IL MINISTERO

Sulla riforma della previdenza per superare la legge Fornero dopo la sperimentazione della cosiddetta Quota 100 sarà convocato un tavolo con le parti sociali entro gennaio e entro il mese sarà costituita una commissione di esperti sulla materia che “formuli proposte che siano sostenibili per la finanza pubblica”, dicono fonti del ministero del Lavoro che sottolinea, a proposito di alcune ipotesi che si leggono sulla stampa, come sia “inutile in questa fase dare numeri in libertà”.

LE IDEE DI BRAMBILLA

Sta di fatto che, con un lungo articolo pubblicato sul Corriere della Sera, Brambilla avanza un proposta di riforma pensioni per il dopo Quota 100. Dal suo punto di vista ci sono dei vincoli di cui tenere conto: una soluzione che come somma non dia meno di 100, la situazione di conti pubblici, evitare che le garanzie per lavoratori con problemi di salute ma non invalidi, o che svolgono attività gravose pesino sulla collettività. Il Presidente di Itinerari previdenziali evidenzia poi che esistono due tipologie di lavoratori: quelli che hanno il sistema contributivo puro e quelli che sono nel sistema misto. Brambilla passa poi alla sua proposta, spiegando che “per prima cosa occorre prevedere le stesse regole e le stesse protezioni per le due platee di lavoratori, il che significa regole uguali ed estensione dell’integrazione al minimo anche ai contributivi, cioè a quelli che oggi con i loro contributi finanziano gli assegni degli attuali pensionati”.

NUMERI E IPOTESI

Bisognerebbe quindi accantonare dall’anno prossimo 500 milioni l’anno per far sì che nel 2045 ci siano 15 miliardi “per sostenere le pensioni di quelli che hanno iniziato a lavorare dal 1/1/1996”. Come seconda cosa bisognerebbe prevedere una flessibilità a 64 anni di età con 37/38 di contributi, con al massimo due o tre anni di contribuzione figurativa, e l’uso dei fondi di solidarietà per anticipi fino a 5 anni. Infine, bisognerebbe bloccare “l’anzianità contributiva a 42 anni e 10 mesi per i maschi e un anno in meno per le femmine, eliminando l’adeguamento alla speranza di vita”, con sconti contributivi per le madri pari a 8 mesi per ogni figlio, fino a un massimo di tre anni, e una riduzione di un quarto di anno per ogni anno lavorato prima dei 20 anni per i precoci.

L’INTERVISTA

«L’adeguamento alla aspettativa di vita è previsto sia per la vecchiaia (oggi 67 anni) sia per l’anticipata (oggi 64 anni) ma non per l’anzianità contributiva perché – sottolinea al Sole Brambilla – tra meno di 8 anni sarebbe come scrivere che l’anzianità contributiva è abolita. Nell’ipotesi questa riforma parta dal 2021, considerando i 48,58 miliardi già stanziati dal decreto del 29 gennaio 2019, di cui se ne spenderanno circa 17 per le misure già in corso fino al 31 dicembre di quest’anno, (con un risparmio quindi di oltre 31 miliardi) il costo per questa proposta – aggiunge il presidente di Itinerari Previdenziali fino a poco tempo fa vicino alla Lega da cui poi si è distanziato – sarebbe pari fino al 2028 (8 anni) a circa 20 miliardi poi, fino al 2036 di circa 1,9 miliardi l’anno, già previsto dal decreto». In altre parole dal 2021, secondo Brambilla, «si avrebbe un incremento di spesa di circa 2,5 miliardi l’anno fino al 2028 e 1,9 dal 2028 al 2038, dopo di che l’incremento si azzera. Rispetto a quanto stanziato si risparmierebbero oltre 11 miliardi al 2028 e circa 1 miliardo al 2036».

I GRUPPI DI LAVORO

Quella di Quota 102 non è comunque la sola ipotesi sul tavolo, aggiunge il Sole: “In attesa che parta il confronto tra Governo e parti sociali, annunciato nelle scorse settimane dal ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, i tecnici hanno già abbozzato alcune proposte. Che, almeno in parte, saranno sviluppati dal “pensatoio” allestito a Villa Lubin dal presidente del Cnel, Tiziano Treu, per trovare una via d’uscita al rischio-scalone. Del gruppo di lavoro fanno parte, oltre a Treu e a Brambilla, Angelo Pandolfo, Cesare Damiano, Marco Leonardi, Michele Raitano e Michele Faioli”.

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