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Pensioni

Cosa fare e cosa non fare sulle pensioni

Cosa scrive la Ragioneria generale dello stato sulle pensioni e sul rapporto spesa/Pil. L'analisi di Giuliano Cazzola.

 

È mia opinione consolidata che meno si fa sulle pensioni meglio è. Nel 2019 il governo giallo-verde ha procurato tanti guai al sistema pensionistico che da allora gli altri governi stanno cercando, con sempre maggiore difficoltà, di mettervi una pezza. Ma il hic Rhodus hic salta arriverà alla fine del 2026, quando verranno a scadenze gli interventi più importanti effettuati nel 2019: ovvero il blocco dell’adeguamento automatico dei  requisiti anagrafici e contributivi all’incremento delle attese di vita e di conseguenza il blocco a 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne) del trattamento anticipato. Sono queste due le misure che hanno congelato la riforma Fornero fino a tutto il 2026, rimettendo in discussione l’entità dei risparmi ipotizzati al momento della sua entrata in vigore.

LE PREVISIONI DELLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO

La Ragioneria generale dello stato (RGS) nel suo Rapporto n.24/2023 sulla spesa pensionistica e sanitaria ha calcolato che se queste misure a suo tempo temporanee dovessero diventare strutturali, cumulativamente, nell’intero periodo di previsione, si determinerebbe una maggiore incidenza della spesa in rapporto al PIL valutabile in 8,4 punti percentuali rispetto ai risultati a legislazione vigente.

Intanto il governo continua a giocare a nascondino con i sindacati, i quali si ostinano a presentare, ad ogni incontro, la loro piattaforma col tono di un canto di morte delle prefiche (scambiato per un inno di battaglia), senza rassegnarsi ai non possumus del governo. Meloni però sa benissimo che la questione delle pensioni se la ritroverà anche a domicilio ad opera dei suoi alleati. E che, per accontentare Matteo Salvini, dovrà infilare il numero 41 in qualche norma, come parte di un ambo (l’altro numero è 62) da giocare al lotto su tutte le ruote. Mentre Antonio Tajani – per timore che il fantasma di Silvio Berlusconi venga di notte a turbare il suo riposo – chiederà un aumento delle pensioni minime. In questo paese non si riesce a sbugiardare l’equivoco di coloro che imbrogliano sul numero delle pensioni e su quello dei pensionati.

Quando i talk show raccontano che la maggioranza delle pensioni in Italia sono inferiori a 1000 euro mensili, lasciano intendere che la maggioranza dei pensionati è costretta a vivere con quella somma. Poiché nel sistema previdenziale italiano – avverte la RGS –  un soggetto può essere titolare di una pluralità di prestazioni pensionistiche, risulta interessante scomporre il rapporto spesa/PIL guardando al numero di pensionati piuttosto che solamente al numero di pensioni. La previsione del numero dei pensionati consente anche di valutare la coerenza delle dinamiche evolutive del sistema pensionistico con il quadro demografico e macroeconomico di riferimento e, conseguentemente, di apprezzarne il livello di copertura, inteso come quota di popolazione che percepisce reddito da pensione a carico del sistema pubblico.

Il numero dei pensionati  può essere determinato e rappresentato solo per età e sesso. Infatti, un’eventuale ripartizione per fondo o tipologia di prestazione richiederebbe l’adozione di scelte arbitrarie in merito all’attribuzione delle posizioni “miste”, relative ai pensionati che percepiscono prestazioni da più di un fondo e/o afferenti a diverse tipologie di pensione. L’evoluzione del rapporto tra pensioni e pensionati risulta significativamente superiore al 100 per cento per tutto il periodo di previsione.

In particolare, il rapporto passa da un valore pari al 123,7 per cento, nel 2022, a un valore minimo di 122 per cento attorno al 2046 per poi incrementarsi leggermente attestandosi nuovamente a 123,7 per cento, alla fine del periodo di previsione. Al 2070, lo stesso rapporto risulterà di circa 7,6 punti percentuali più elevato e di 7,7 punti percentuali più basso, rispettivamente, per le donne e per gli uomini.

IL REDDITO MEDIO DA PENSIONE

Considerando il fatto che il numero delle pensioni risulta significativamente superiore a quello dei pensionati (23 milioni contro 16 milioni circa), ne consegue anche che l’importo medio di pensione risulta corrispondentemente inferiore al reddito medio da pensione che è il reddito effettivo degli anziani. Sotto questo aspetto, il reddito medio da pensione costituisce un indicatore più appropriato rispetto alla pensione media per misurare le condizioni economiche della popolazione anziana. La scomposizione del rapporto spesa/PIL può essere perciò riproposta in termini di pensionati e relativo reddito medio da pensione.

Il reddito medio da pensione risulta significativamente più elevato della pensione media. In rapporto alla produttività l’incremento risulta di circa 4,5 punti percentuali nel 2010, passando dal 17,1 per cento al 21,6 per cento. Nel biennio 2024-2025 lo scostamento tra reddito medio e pensione media in rapporto alla produttività per occupato raggiunge il livello più elevato pari a 5,5 punti percentuali. Successivamente, tale scarto si riduce gradualmente, risultando pari a 3,9 punti percentuali nel 2070. Il rapporto fra pensionati e occupati si riduce dal 68,2 per cento del 2010 al 62,3 per cento del 2022, analogamente il rapporto fra pensioni e occupati passa, nello stesso periodo, dall’86,2 per cento al 79 per cento con uno scarto al 2022 pari a 16,7 punti percentuali. Tale differenza diminuisce di circa mezzo punto percentuale nel 2026 per poi riportarsi al valore iniziale intorno al 2030, crescere ancora sino al 2048 e stabilizzarsi poco sotto ai 18 punti percentuali nell’ultimo ventennio di previsione.

L’ODIO ESTREMO PER LE PENSIONI “RICCHE”

Sarebbe il caso di considerare questi aspetti indicati nel Rapporto n. 24 della RGS, piuttosto che “rammendare le solite vecchie calze” della retorica sui pensionati poveri. Come saranno finanziate queste misure bandiera? In prevalenza con un giroconto all’interno del sistema ovvero con una più sostenuta manipolazione della rivalutazione automatica sulle pensioni più elevate, una misura che è in grado di portare risorse significative da subito (soprattutto a fronte di un tasso d’inflazione di un certo  rilievo) e che risulterebbe popolare. Basterebbe creare per l’ennesima volta il clima della caccia ai pensionati “ricchi”, nei confronti dei quali l’invidia sociale ha raggiunto livelli da odio razziale.

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