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Recovery Plan Lavoro

Un patto tra Lavoro e Impresa? Sì, grazie

L'intervento di Antonello Di Mario, autore de “L’industria che salva il Paese”, edito da Tullio Pironti

È una buona cosa che i rappresentanti di sindacati ed imprese intravedano in prospettiva la possibilità di un nuovo patto tra loro. Lo ha detto il Presidente di Confindustria e lo ha condiviso il segretario generale della Uil, come gli altri leader dei sindacati confederali.

Dopo i pronunciamenti dei due, Vincenzo Boccia e Carmelo Barbagallo, anche il supporto del direttore generale della confederazione degli industriali, Marcella Panucci. Insomma, un vero e proprio patto del lavoro, come naturale estensione del patto per la fabbrica. “In questo quadro – ha spiegato il Dg di Confindustria- tornano centrali le richieste per l’abbattimento del cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori e l’azzeramento del carico fiscale e contributivo per i premi di produttività e l’assunzione di giovani a tempo indeterminato. La sollecita risposta dei sindacati e la loro disponibilità a mettere l’argomento in cima all’agenda del confronto dimostra che gli attori della fabbrica, il popolo dei produttori, hanno maturato una sensibilità che li accomuna”.

Ed il patto tra Lavoro ed Impresa dovrà necessariamente poggiarsi sulle scelte di politica industriale utili a far crescere l’economia. È evidente che le risorse non sono adeguate. E permangono tuttora molte perplessità relative sull’adeguatezza degli stimoli alla domanda interna privata e di quelli rivolti ad accrescere la domanda aggregata. Insomma, rimane la fatica di crescere.

Che fare? L’unica possibilità, oltre a quella di favorire investimenti provenienti dall’estero, è quella di avviare una campagna di investimenti pubblici per diverse decine di miliardi di euro. Dove indirizzarli? L’Italia abbisogna di investimenti infrastrutturali nella rete, nell’energia, in un piano straordinario per l’edilizia popolare, in un piano per la sicurezza sismica ed idrogeologica e di tanto altro ancora. È chiaro che bisognerà tener conto del vincolo che definisce il rapporto tra deficit pubblico e Pil, una realtà che non permette l’approvvigionamento di tanto denaro fresco da spendere. indispensabile capire dove si possono trovare i soldi per investire nella giusta misura.

La manovra in questione si preoccupa di rispondere alle esigenze di consenso contingente, più che rispondere alle esigenze del futuro prossimo. Il Paese ha davvero scelto la via dell’indebitamento. Il rischio è che produca a medio termine costi più alti di interessi sul debito a carico di Stato, imprese e famiglie. È proprio da qui che nasce il problema del peso di quegli interessi su crescita, investimenti e lavoro. Anche per questo motivo è indispensabile tenere sotto controllo i conti pubblici. Di sicuro, l’Italia cresce se gli investimenti pubblici e privati si indirizzeranno verso l’industria. In un modo o nell’altro.

Anche per sostenere questa esigenza vitale che, sabato 9 febbraio, piazza del Popolo si riempirà di gente chiamata a manifestare da Cgil, Cisl e Uil.

Un evento di popolo che può rinsaldare il legame tra gli attori della fabbrica e quelli della produzione. E deve sicuramente indirizzare una nuova fase di scelte economiche utili alla crescita del Paese.

 

Antonello Di Mario, autore de “L’industria che salva il Paese”, edito da Tullio Pironti

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