Banca d’Italia non ha utilizzato nel caso della Popolare di Bari il potere di rimozione degli esponenti aziendali, strumento introdotto nella normativa nazionale dal 2015, per il fatto che questa azione non avrebbe posto rimedio a una situazione articolata e complessa come quella della maggiore popolare del Mezzogiorno.
Questa, secondo la sintesi di Radiocor-Sole 24 Ore, la spiegazione data dalla vicedirettrice generale della Banca d’Italia, Alessandra Perrazzelli, nel corso dell’audizione di oggi davanti alla Commissione Finanze della Camera.
Per poter utilizzare il potere di ‘removal’ “devono sussistere evidenze oggettive, idonee a provare che la permanenza in carica dell’esponente sia di pregiudizio per la sana e prudente gestione della banca e che la sua rimozione consenta di porre rimedio alla situazione; circostanza, quest’ultima, che non ricorre a fronte di situazioni, come quella della Popolare di Bari, più articolate e complesse, ove i problemi della governance trovavano origine in un contesto di criticità più ampio e diffuso”.
Valutazioni che non collimano del tutto con quanto detto proprio sulla Popolare di Bari dal governatore Ignazio Visco proprio sulla rimozione a scoppio ritardato con il commissariamento.
“Sono numerose le perplessità su quanto dichiarato da Visco nelle ultime settimane a proposito di Meccanismo Europeo di Stabilità e della crisi della Banca Popolare di Bari (BPB). Dopo aver scritto dettagliatamente sul primo episodio, l’intervista rilasciata lunedì 23 dicembre al Corriere della Sera inanella una serie di affermazioni che hanno lasciato allibiti numerosi addetti ai lavori e che non reggono alla prova dei fatti. Ignazio Visco sembra il novello Cicero pro domo sua”, ha commentato nei giorni scorsi l’analista Giuseppe Liturri su Start.
Nell’intervista, tra l’altro, Visco aveva sottolineato come “la scelta di porre in amministrazione straordinaria questa banca è il risultato, come sempre in questi casi, di un’attenta analisi, è un atto possibile in termini di legge solo dopo aver rilevato gravi perdite o carenze nei sistemi di governo societario”.
Questa affermazione – ha commentato Liturri – “fa a pugni con quanto dichiarato nel documento di approfondimento pubblicato da Bankitalia il 16 dicembre, in cui si parla di ‘stasi operativa’, ‘forti conflittualità’ tra gli organi di direzione e controllo della banca e ‘stallo gestionale’, tutto già in atto tra le fine del 2018 e l’inizio del 2019. Strano che quelle situazioni non fossero stare ritenute sufficienti per il commissariamento almeno 10/12 mesi fa. Cos’altro sarebbe dovuto accadere per adottare il provvedimento sin da quel momento? A via Nazionale attendevano che il consiglio rivelasse di indossare una cintura con esplosivo e fosse sul punto di azionarla? Secondo Visco, quando è possibile definire tardivo un intervento? Quando la banca è totalmente insolvente? Il Testo Unico Bancario (TUB) è infarcito di articoli che forniscono ampio potere di iniziativa alla Banca Centrale, anche e soprattutto preventivo.”
“…Ma la vigilanza non può intervenire nella conduzione della banca, che spetta agli amministratori scelti dagli azionisti. La banca deve seguire delle regole, la vigilanza verifica che ciò effettivamente accada…”
Stupisce che si ritenga opportuno ribadire l’ovvio. E quando la vigilanza riscontra l’effettiva violazione di regole, come desumibili dalle deliberazioni della Consob del settembre 2018, con le quale si sanzionano gli amministratori con oltre €2 milioni (confermati in Corte d’Appello) per le condotte relative all’aumento di capitale del 2014/15, cosa fa? Consente che numerosi amministratori (Presidente in testa) siano confermati dall’assemblea dei soci nel 2019 ed addirittura consente che quegli stessi amministratori negozino con MCC e FITD il piano di rafforzamento del capitale. Secondo Visco, questo è un modo appropriato di vigilare?
Ma che cosa ha detto anche la vicedirettrice di Bankitalia oggi in audizione? Per fare un commissariamento di una banca “è necessario che vi siano concrete prospettive di soluzione della crisi” afferma la Perrazzelli nell’audizione sul decreto per il salvataggio della Popolare di Bari. “La soluzione deve non solo essere concreta; deve anche essere ritenuta tale dai risparmiatori, altrimenti nel nuovo contesto il commissariamento rischia di indurre una repentina corsa ai depositi, con la conseguenza di aggravare la crisi piuttosto che di contribuire a risolverla. E’ importante aver presente che nel periodo che va dalla primavera del 2015 al marzo 15 scorso la decisione della Commissione di equiparare a un aiuto di stato l’intervento del Fitd nel caso Tercas rendeva praticamente impossibili interventi come quello appena adottato nel caso della Popolare di Bari; tale ostacolo e’ stato rimosso dal Tribunale Ue solo nel marzo di quest’anno”.
Un “utile contributo” al rilancio e al consolidamento di alcune banche meridionali potrebbe derivare dal meccanismo di trasformazione delle attività per imposte anticipate, le cosiddette Dta, in crediti d’imposta previsto dal Dl Crescita per le imprese del Mezzogiorno che realizzino robuste operazioni di aggregazione, ha segnalato anche la vice direttrice della Banca d’Italia nel corso dell’audizione sul Dl PopBari in commissione Finanze alla Camera. Perrazzelli ha ricordato che il meccanismo che può operare solamente dopo avere superato il vaglio della direzione generale Concorrenza della Commissione Ue e per questo ha affermato: “E’ importante fare tutto il possibile per renderla al più presto operativa”.
Ma le ultime sortite dei vertici della Banca d’Italia, in primis quelle di Visco, se non hanno suscitato il consenso unanime anche nella stessa struttura di via Nazionale – secondo le indiscrezioni di Start – stanno inducendo a interrogativi e rilievi anche giornalisti di lungo corso esperti di economia e finanza. Significativo in questo senso l’editoriale del fondatore ed editore di Class, il gruppo che edita tra l’altro Mf/Milano Finanza e Italia Oggi, che sabato scorso sul settimanale Milano Finanza ha così concluso:
“Non le pare, Signor Governatore, letta anche la Sua ampia e recente intervista al Corriere della Sera, che fra le cose da verificare (per eventuali responsabilità di Bankitalia) ci sia anche quella, quantomeno di acquiescenza, ai voleri del Meccanismo unificato che sta a Francoforte ma di cui Bankitalia è il braccio operativo in Italia? Non Le pare che attuare delle scelte sbagliate, anche se fatte da altri, comporti una responsabilità precisa da parte di chi le accetta e le attua?
Bankitalia ha una straordinaria tradizione di qualità; ha fornito al Paese, nella storia, uomini decisivi per aiutare il Paese a non naufragare. Non è il caso di recuperare questa tradizione e non dire sì, sempre, al Meccanismo unificato di vigilanza, che certo è autonomo perfino rispetto al Consiglio dei governatori della Bce, ma verso il quale Bankitalia ha una tradizione di qualità per poter dire anche dei no come braccio operativo, quindi quello che fa.
Non crede, Signor Governatore, che proprio da una banca centrale di altissima tradizione come Bankitalia si debba levare una parola, una richiesta di ritornare alla qualità delle scelte e alla responsabilità delle stesse? Non perché ora a capo del Meccanismo c’è un italiano, Andrea Enria, ex Bankitalia, ma perché non accadano più vicende come quelle a cui si è assistito in Italia negli ultimi anni e che sono state risolte soprattutto per la capacità professionale dei banchieri italiani.
Infine, Signor Governatore, a che punto è Bankitalia nell’utilizzo del data science e dell’intelligenza artificiale? Glielo chiedo non solo per capire quanto delle nuove scienze viene usato dalla Banca di cui lei è governatore, ma anche per capire se, come è avvenuto sempre nel passato, Bankitalia fa da esempio e stimolo per l’innovazione di tutto il Paese. Grazie”.