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PagoPA

PagoPA e commissioni su multe e bollettini: fatti, numeri e polemiche

Caso commissioni: il punto sulle novità con PagoPA per pagare multe e bollettini. L'approfondimento di Carlo Terzano

Non si è mai di buon umore quando si deve pagare una tassa o, peggio, una contravvenzione. Ma l’opportunità di saldare un po’ ovunque il proprio debito contratto con lo Stato, senza dover per forza fare code in uffici pubblici o alle poste (specie in periodi di Covid-19, dove l’accesso alle pubbliche amministrazioni è divenuto ancora più contingentato e fastidioso), permette almeno di non perdere troppo tempo. La novità più importante introdotta da PagoPA è appunto quella di pagare bollettini, tasse e multe da casa o anche al supermercato. Tuttavia, sta divampando la polemica sulle commissioni, anch’esse a carico dell’utente. L’istituto statale replica che non ci sono novità rispetto al passato, semplicemente le norme sulla trasparenza impongono ora di esplicitare tutti i costi a carico del contribuente, che prima li supportava comunque senza esserne informato. Ma andiamo con ordine e tentiamo di capire anzitutto cos’è questo nuovo servizio che diverrà presto il modo preferenziale per rivolgersi alla Pubblica amministrazione.

COS’È PAGOPA?

Come recita il sito ufficiale, “pagoPA non è un sito dove pagare, ma una nuova modalità per eseguire tramite i Prestatori di Servizi di Pagamento (PSP) aderenti, i pagamenti verso la Pubblica Amministrazione in modalità standardizzata. Si possono effettuare i pagamenti direttamente sul sito o sull’applicazione mobile dell’Ente o attraverso i canali sia fisici che online di banche e altri Prestatori di Servizi di Pagamento (PSP), come ad esempio le agenzie di banca, gli home banking, gli sportelli ATM, i punti vendita SISAL, Lottomatica e Banca 5 e presso gli uffici postali”. Più recentemente è stata introdotta la possibilità di pagare anche alle casse dei supermercati Esselunga, affidandosi però a un servizio terzo, Satispay.

L’INTRODUZIONE DI PAGOPA E L’INTELAIATURA ISTITUZIONALE

Insomma, pagoPA è uno dei primi effetti tangibili di quella “digitalizzazione” sbandierata da ogni esecutivo succeduto finora. Per la precisione, il sistema pagoPA è stato realizzato dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) in attuazione dell’art. 5 del Codice dell’Amministrazione Digitale e del D.L. 179/2012. Il successivo D.L. 135/2018 ha trasferito la gestione di pagoPA alla Presidenza del Consiglio che si avvale del Commissario straordinario per l’attuazione dell’agenda digitale e inoltre ha disposto la costituzione di una società per azioni partecipata dallo Stato che opererà sotto l’indirizzo del Presidente del Consiglio.

COSA SI PAGA CON PAGOPA?

Il nuovo sistema consente di pagare tributi, tasse, utenze, rette, quote associative, bolli e qualsiasi altro tipo di pagamento verso le Pubbliche amministrazioni centrali e locali, ma anche verso altri soggetti, come le aziende a partecipazione pubblica, le scuole, le università, le ASL. Si possono effettuare i pagamenti direttamente sul sito o sull’app dell’Ente creditore (il Comune, per esempio) o attraverso i canali (online e fisici) di banche e altri Prestatori di Servizio a Pagamento (PSP). Qui è possibile scaricare l’elenco aggiornato degli operatori presso cui è possibile presentare un avviso di pagamento.

IL TEMA DEI COSTI E DELLE COMMISSIONI

Sta però facendo discutere quanto scritto dal Messaggero che ha sottolineato come con pagoPA le commissioni sarebbero a carico degli utenti: “Con una media di 90 centesimi a operazione – ma si può spendere anche più di due euro – si arriva a 81 milioni in un anno. Ma entro il 2023 l’obiettivo è di salire a 350 milioni di operazioni, che per gli intermediari corrispondono a oltre 300 milioni di ricavi. Commissioni che si dividono soprattutto tre soggetti: Sisalpay con la rete gestita dai tabaccai, Poste e banche”.

CHI PAGAVA PRIMA DI PAGOPA?

Sempre il pezzo sul Messaggero permette di comprendere cosa è (o sarebbe) cambiato: «Le piattaforme hanno un costo – dice chiaro Gianfranco Torriero, vice direttore generale dell’Abi, l’associazione che riunisce gli istituti di credito italiani -. Prima di pagoPa il costo del pagamento veniva sostenuto dalla Pubblica amministrazione. Ora è a carico dell’utente, in ragione del servizio offerto dalla Pa. La percezione è che la richiesta venga dalla banca, ma in realtà è la Pubblica amministrazione che non sostiene più il costo».

DISCREZIONALITA’ TOTALE

In più, sempre Torriero spiega: «Fino al 2016 le tasse si pagavano in alcuni casi con le commissioni e in altri no – fanno notare da PagoPa -. Il cittadino non li vedeva, ma i costi c’erano anche prima. Ora, da Trento a Pachino, tutti hanno lo stesso sistema, le commissioni sono trasparenti e il contribuente può scegliere con chi versare». Insomma – scrive il quotidiano capitolino -, insistono, il sistema appena partito, si sta adattando e ci saranno amministrazioni che faranno pagare i cittadini e altre che si accolleranno le commissioni”. Il timore è che si ripeta ciò che hanno fatto per anni i colossi dell’energia e della telefonia, che hanno addossato sul contribuente i costi delle commissioni del pagamento delle utenze nonostante non fosse possibile pagarle senza passare per gli intermediari.

LA REPLICA DI PAGOPA

Il problema appena sollevato dal Messaggero non è però nuovo dalle parti di pagoPA, che già sul sito, nella sezione FAQ, spiega: “Con pagoPA le commissioni, nella peggiore delle ipotesi, rimangono invariate rispetto ai casi in cui pagoPA non è usato. La differenza è che, con pagoPA, le commissioni vengono esposte in modo trasparente al cittadino, che potrà rendersi conto come tendenzialmente i costi si riducono”.

CON PAGOPA AUMENTANO I COSTI?

Tendenzialmente no, come lo stesso sito ufficiale illustra: “Prima dell’introduzione di pagoPA in molti casi era l’Ente Creditore a inglobare i costi di commissione all’interno del tributo o del servizio”. Questo non significa che non gravasse sul contribuente: “Il costo di commissione rimaneva nascosto al cittadino ma comunque presente”. Quindi secondo pagoPA solo formalmente pagava l’Ente, di fatto pagava il cittadino senza saperlo. “Negli altri casi il costo di commissione era esplicito. Ad esempio, il pagamento con il bollettino postale o con un avviso in banca comporta un costo di commissione, anche se pagato con l’home banking. Nel pagamento di un F24, ad esempio, il cittadino non paga commissioni ma i costi sono a carico dell’Agenzia delle Entrate e quindi ricadono in modo indiretto sulla fiscalità generale. L’Agenzia delle Entrate infatti paga alle banche una commissione per ogni F24 pagato in via telematica o presso uno sportello bancario”.

ALCUNI ESEMPI DI MAXI COMMISSIONI

Per esempio, via Sisal e Lottomatica la commissione sarà pari a 2 euro ma, per onestà intellettuale, anche prima, con altri sistemi, rivolgendosi al tabaccaio per il pagamento delle utenze si pagava il medesimo balzello. Varia dall’euro e dieci all’euro e cinquanta per ciò che riguarda il canale postale (il bollettino classico), ma anche in questo caso era una tassa implicita che già pagavamo ben prima di pagoPA.

PERCHE’ SI PAGANO LE COMMISSIONI?

Sempre pagoPA spiega che le commissioni “sono causate da alcuni costi di servizio che i PSP sostengono per garantire un servizio di qualità: ad esempio, la continuità di erogazione h24x365, i tempi di esecuzione delle transazioni che devono essere molto bassi, costi dei circuiti internazionali nel caso di pagamento con carta di credito, sicurezza e servizi anti-frode, affidabilità dell’infrastruttura, etc…”

PAGOPA PERMETTERA’ DI RIDURRE I COSTI?

È la tesi sostenuta dalla stessa pagoPA: “Il potere contrattuale di qualsiasi ente, anche di grandi dimensioni, è certamente inferiore a quello della Pubblica Amministrazione italiana nel suo complesso: per questo i PSP garantiscono a pagoPA un trattamento quasi sempre più vantaggioso.Inoltre, la trasparenza dei costi di commissione dovrebbe incentivare la concorrenza, livellando verso il basso i costi di commissione: ad esempio, se vedo che la mia banca mi fa pagare una commissione alta per pagare con conto corrente posso scegliere la carta di credito, anche con un altro istituto”. Ma è più facile che una riduzione dei costi a carico degli utenti si realizzi solo con un drastico intervento dell’autorità a tutela dei consumatori.

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