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Olivetti

Olivetti, tecnologie e mistero in un articolo di Veltroni sul Corriere della Sera

Ecco come Fulvio Coltorti, già direttore area studi di Mediobanca, ha commentato un articolo di Walter Veltroni sul Corriere della Sera del 12 gennaio

Articolo bello pur con un titolo tremendamente errato: “Il pc dell’Olivetti e Mario, il genio morto a 37 anni”. Non si parla infatti di personal computer (pc; per Olivetti il P101), ma di grandi calcolatori elettronici!

Veltroni (che probabilmente non è responsabile del titolo) ricorda la figura di Mario Tchou, il genio cinese che Adriano Olivetti scelse per le sue iniziative nei calcolatori elettronici. Entrambi scomparvero senza aver potuto realizzare il massimo delle loro aspirazioni. Adriano un’iniziativa politica con al centro le comunità e l’impresa sociale, Mario un calcolatore elettronico che fosse il motore di un’industria nazionale ad alta tecnologia. L’articolo è coinvolgente come tutte le storie misteriose e qui il mistero è il dubbio che Tchou sia morto in un incidente automobilistico organizzato dalla Cia; questa avrebbe agito a difesa degli interessi americani rappresentati dall’Ibm, leader incontrastata con oltre il 70% del mercato mondiale.

Con la doppia scomparsa di Adriano e Tchou (nel 1960 e 1961) l’impegno dell’Olivetti venne annullato, ma ciò accadde soprattutto per la condizione fallimentare in cui era finita. Nel 1963 un gruppo di intervento coordinato da Mediobanca ne organizzò il salvataggio e in tale ambito la Divisione elettronica (che fabbricava il calcolatore Elea) fu ceduta alla General Electric. Tutti i retroscena del salvataggio sono stati svelati in occasione dell’apertura dell’Archivio storico Mediobanca, alcuni giorni fa (si veda Giampietro Morreale, “Mediobanca e il salvataggio Olivetti”; Mediobanca 2019). Nell’articolo di oggi si cita Carlo de Benedetti che riferisce come in Olivetti “tutti credevano che fosse stata la Cia”. Altre voci “di corridoio” (inizio anni ’70, quando vi lavorai) attribuivano le sventure alle “cattive” banche del gruppo di intervento.

Non vi sono prove dell’intervento della Cia (scrive Veltroni), mentre le azioni del gruppo di intervento sono state definitivamente chiarite dai documenti pubblicati da Mediobanca. Voglio solo ricordare qui che la General Electric, pur avendo acquisito le tecnologie Olivetti, dovette capitolare di fronte all’Ibm e nel 1970 (solo sette anni dopo) cedette tutte le sue attività alla Honeywell, compresa la ex divisione elettronica Olivetti che divenne Honeywell Information Systems italia.

Difficile capire l’esito di decisioni alternative essendo impossibile provarle. Ricordo solo un saggio di Rosario Amodeo, ex olivettiano, pubblicato nel 2009 in occasione del centenario Olivetti (“Olivetti nella grande sfida internazionale dell’informatica”; Engineering in “Olivetti cento anni”). Se il gruppo di intervento avesse lasciato la divisione elettronica in Olivetti (decisione peraltro osteggiata dalla Fiat di Valletta) l’azienda di Ivrea sarebbe probabilmente tornata in condizioni critiche. Scrive Amodeo: “Sarebbe ingiusto colpevolizzare la Fiat e il gruppo di intervento per questa decisione. La divisione elettronica in effetti aveva tanti problemi… mentre nel ’59-’60 la tecnologia Ibm e quella Olivetti erano comparabili, a distanza di pochissimi anni l’Ibm era approdata ad una indiscutibile superiorità tecnologica” e le sue innovazioni avevano di fatto resi obsoleti gli Elea.

In tale contesto l’articolo di Veltroni ricorda giustamente il poderoso sostegno dello Stato americano all’industria attraverso le commesse pubbliche, a fronte di un impegno praticamente nullo dello Stato italiano. Ancora oggi in Italia molti si scatenano contro la politica industriale che non c’è; figuriamoci negli anni ’60… Ultima nota: il P101, predecessore del pc, non fu venduto, ma rimase all’Olivetti perché la General Electric non lo trovò interessante ai suoi fini.

Quanti errori!

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