In Italia, soprattutto in GDO, siamo molto lontani da queste cifre. E comunque non si parla volentieri delle retribuzioni come avviene in altre parti del mondo. Qui da noi, nel dibattito pubblico, il denaro è ancora ritenuto “lo sterco del diavolo”. Difficile parlarne in modo trasparente. Aggiungo che, nella GDO, non essendoci aziende quotate in borsa i pacchetti retributivi dei top manager pur essendo decisamente più bassi, non sono pubblici. Altrove il tema è all’ordine del giorno. Secondo un rapporto dell’Economy Policy Institute dal 1978 al 2023, la retribuzione dei CEO di alto livello è aumentata dell’1,085%, rispetto a un aumento del 24% della retribuzione di un lavoratore medio. Nel 2023, l’Ad di una società S&P 500 ha guadagnato 196 volte di più rispetto ai dipendenti medi, nel 2022 il compenso era di 185 volte superiore (lo stipendio lordo medio in America è stato di 59.980 dollari nel 2023 ed era di 56.428 dollari nel 2022, +5,4% rispetto al 2021). Nel 1965, quando venivano pagati 21 volte di più.
I CEO vengono pagati di più per la loro influenza sui consigli di amministrazione aziendali, non solo per le loro competenze o per il contributo che apportano alle loro aziende. Secondo i primi risultati di un sondaggio condotto da Gallup e dall’Università di Bentley, due terzi degli americani ritengono che le aziende non si stiano impegnando a ridurre il divario di ricchezza tra gli amministratori delegati e i dipendenti. Gli stipendi esorbitanti dei CEO hanno contribuito ad aumentare la disuguaglianza negli ultimi decenni, poiché hanno probabilmente aumentato lo stipendio di altri grandi percettori di reddito, concentrando i guadagni al vertice e lasciando meno guadagni per i lavoratori comuni. “Le retribuzioni dei Ceo sono scandalose. E minano enormemente la fiducia nelle nostre istituzioni”, ha dichiarato Nell Minow, vicepresidente di ValueEdge Advisors, alla CNN, che ha riportato per prima i risultati del sondaggio. L’articolo completo è disponibile su Fortune.com.
Aggiungo che l’inflazione, oltre ad essere una tassa iniqua e particolare, che colpisce inversamente il reddito negli USA, ha lasciato un segno pesante ed è diventata un elemento centrale addirittura della campagna elettorale. Molte imprese, inutile negarlo, hanno rimesso a posto i loro conti nel 2023 dopo qualche anno di magra. E i top manager che avevano parte della loro retribuzione legata ai risultati di business e all’andamento azionario ci hanno guadagnato. E il 2023, sotto questo punto di vista è stato per loro molto positivo. E se il fenomeno inflativo in parte è rientrato, le code sul reddito delle persone continuano a produrre effetti diseguali.
Grocery Dive ha pubblicato quanto hanno guadagnato i CEO dei principali Retailer USA quotati in borsa. Il dato è interessante non tanto per la dimensione in sé che si commenta da sola quanto come testimonianza della forbice reddituale che, a mio parere, crea livelli di incomunicabilità sociale e di mancanza di percezione della realtà che si sta diffondendo anche nella nostra società e che non promette nulla di buono. Da noi non è ovviamente così a livello di retribuzione dei Top Manager. Sul piano della distanza della comprensione della situazione sociale e delle sue evoluzioni non è però molto diverso. Ma restiamo negli USA.
Grocery Dive conferma che l’effetto sui volumi di vendita compensato dall’aumento dei prezzi ha permesso “pacchetti di comp&ben multimilionari”. I “nostri” dell’offline restano un gradino sotto. Il leader del settore McMillon di Walmart impallidisce rispetto ai più grandi pacchetti retributivi tra le società statunitensi quotate in borsa. Credo che il record appartenga a Jon Winkelried, CEO della società di private equity TPG Inc., che ha ottenuto più di 198 milioni di dollari di compensi l’anno scorso, secondo un sondaggio di Equilar.
In testa nel comparto per pochi milioni in più però c’è il Ceo di Amazon Andy Jassy. Ha guadagnato poco più di 29 milioni di dollari nel 2023. Il CEO di Walmart Doug McMillon segue portando a casa 27 milioni di dollari. Il suo pacchetto retributivo includeva 1,5 milioni di dollari di stipendio, più di 20 milioni di dollari in premi azionari e 4,5 milioni di dollari di incentivi. McMillon – che è entrato a far parte di Walmart come lavoratore part time nel 1984 ed è diventato il top executive del rivenditore nel 2014 – ha intascato un aumento salariale del 6% durante l’anno fiscale 2024, in gran parte a causa di un aumento del 50% del suo compenso di incentivi. Anche le catene regionali hanno premiato i loro amministratori delegati con importanti pacchetti retributivi.
Brian Cornell, presidente e CEO di Target, ha ricevuto un aumento salariale dell’8% nell’anno fiscale 2023, che si è concluso il 3 febbraio, poiché il suo compenso totale ha raggiunto 19,2 milioni di dollari, rispetto a circa 17,7 milioni di dollari durante l’anno fiscale precedente. Jonathan Weis, CEO di Weis Markets, che gestisce circa 200 negozi in sette stati, ha guadagnato poco meno di 10 milioni di dollari l’anno scorso. Jack Sinclair, CEO di Sprouts Farmers Market, era molto indietro con un pacchetto retributivo di oltre 9,5 milioni di dollari. Infine Il compenso di Todd Jones come CEO di Publix che, prima di diventare Presidente, è stato di quasi 3,4 milioni di dollari nel 2023, una cifra che è stata superiore di circa il 6% rispetto a quella guadagnata nel 2022.
Di fronte a queste cifre è normale che cresca l’insofferenza delle persone che devono fare i conti con retribuzioni molto diverse, dei fondi d’investimento e, ancora di più, dei fondi pensione USA. Insofferenza verso pacchetti retributivi che appaiono sproporzionati e ingiustificati soprattutto sul piano etico. E questo rischia di determinare pesanti conseguenze sulla stessa reputazione delle imprese.