Nuova tegola in arrivo su Mps sul fronte giudiziario. L’ipotesi accusatoria è che la ricapitalizzazione precauzionale eseguita nel 2017 con 5,4 miliardi versati dal Tesoro, che è così diventato socio di maggioranza della banca, è avvenuta sulla base di dati di bilancio semplicemente falsi. E quindi si tratta di truffa aggravata ai danni dello Stato, con imputati presidenti e amministratori delegati e tutti i manager dell’epoca.
Quella ricapitalizzazione – permessa dalla direttiva sul bail-in (BRRD) – non sarebbe mai dovuta avvenire per mancanza del presupposto essenziale, cioè che Mps fosse solvibile, rispettando dei requisiti minimi di capitale.
La notizia rilanciata ieri da Milano Finanza e ripresa poi da Bloomberg ha avuto scarsa eco sugli altri giornali, pur rappresentando un fatto di una eccezionale gravità. Perché, secondo il GIP di Milano Teresa De Pascale, i bilanci 2015-2016-2017 non contenevano le necessarie rettifiche e svalutazioni per crediti deteriorati che avrebbero reso la banca insolvente e quindi non assoggettabile alla ricapitalizzazione precauzionale ma alla ben più onerosa (per azionisti, obbligazionisti e depositanti) risoluzione. Con conseguenze di ordine sistemico molto più serie e gravi.
Invece, con il beneplacito della Commissione Ue e della Bce e in stretto coordinamento con il ministro dell’Economia dell’epoca Pier Carlo Padoan, la ricapitalizzazione andò in porto. La Commissione ritenne che quell’operazione non violava il divieto di aiuti di Stato e la Bce mise il sigillo sui conti della banca senese.
All’epoca i dubbi non mancarono. Infatti, pur essendo l’intervento dello Stato nella banca consentito “per evitare o per porre rimedio a una grave perturbazione dell’economia e per preservare la stabilità finanziaria”, la vicenda ebbe tutto il sapore di una soluzione dell’ultima ora per evitare il disastro, e le norme furono piegate alla “ragion di Stato”.
Nel 2017 si riuscì a contenere i danni colpendo gli azionisti e solo gli obbligazionisti subordinati (4,7 miliardi), con promessa di ristoro per quelli al dettaglio, che valevano 1,5 miliardi.
Ma la De Pascale non ne è convinta e ha chiesto un supplemento di indagine ai pubblici ministeri che invece avevano chiesto l’archiviazione, ritenendo infondate le accuse del finanziere Giuseppe Bivona (fondo Bluebell).
I Pm milanesi allora farebbero bene a cominciare le loro indagini citofonando alla Banca d’Italia che ad agosto 2017 scriveva che la Vigilanza Bce aveva “attestato la solvibilità di MPS, confermando il rispetto dei requisiti di capitale” e che era infondato sospettare dell’insolvenza della banca perché “la solvibilità di MPS è stata attestata dalla Bce in più occasioni”. Ora da via Nazionale dovranno convincere la Procura di Milano.