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Tunisia

Perché sono taroccati i conti di Conte sulla spesa militare

Spesa militare: che cosa non va nei conti del Movimento 5 Stelle di Conte. Il commento di Polillo.

 

Le “turbolenze internazionali” per riprendere il testo del comunicato cinese dopo l’incontro bilaterale con la delegazione russa, per frenarne i relativi entusiasmi, stanno creando immani tragedie. Da una parte e dall’altra del fronte, muoiono europei che hanno solo una diversa divisa. Indescrivibili le distruzioni fisiche di intere città, l’eccidio di civili e di tanti bambini. I milioni di profughi costretti ad abbandonare il loro Paese d’origine ed affidarsi alla “pietas” di quelli ospitanti. Che pure hanno dato dimostrazione di una solidarietà straordinaria. Per non parlare della minaccia nucleare che aleggia nelle dichiarazioni più bellicose della dirigenza russa. Mentre sul terreno, gli scontri intorno alle stesse centrali, collocate nel territorio ucraino, non lasciano dormire sogni tranquilli.

Un’apocalisse che la logica spietata della comunicazione porta nelle case di ciascuno, facendogli toccare con mano la tragedia di una guerra che si volge a poco più di un ora dalle principali città italiane. Di fronte ad uno scenario dalle tinte così fosche, che alimenta le più forti incertezze per il prossimo futuro dell’Europa tutta.

Mentre succede tutto questo, Giuseppe Conte ha deciso di cavalcare la tesi di un sognante pacifismo. No all’aumento delle spese militari, come richiesto da vecchi impegni Nato, finora in parte disattesi. Quei soldi devono servire per fiscalizzare un pizzico del costo delle bollette di gas e luce. Per dare un piccolo margine alle imprese. Insomma, per continuare come se quella guerra e gli sconvolgimenti geopolitici, che è comunque destinata a produrre, fossero solo un cattivo sogno, destinato a svanire alle prime luci dell’alba.

Il tutto nel momento in cui l’Italia è chiamata a far parte del gruppo dei Quint: l’organismo costituito dagli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito, con i loro arsenali nucleari e dalla Germania e dall’Italia che sono protetti da quell’ombrello. Gruppo che partecipa alle principali decisioni di carattere internazionale, e che, di conseguenza, richiede un livello di responsabilizzazione che non è compatibile con il tirarsi indietro per un “pugno di dollari”. Venendo meno ad una condivisione degli oneri.

Nel suo intervento, con i senatori dei 5 stelle, Giuseppe Conte, nel tentativo un po’ disperato di mantenere il punto contro Draghi, ha tirato fuori un grafico che più taroccato non si può. In serata i dati veri sono stati forniti da Palazzo Chigi a testimonianza del carattere strumentale di quelle elaborazioni. Per quanto ci riguarda invece ci limitiamo a prendere in considerazione quelle “presunte previsioni alternative”. Il grafico è costruito prevedendo una crescita progressiva delle spese militari di 1,5 miliardi all’anno. Si passerebbe così dai 26 miliardi del 2022 ai 38 del 2030.

La maggiore spesa sarebbe di 12 miliardi in 8 anni: al ritmo di 1,5 miliardi l’anno. (12/8 = 1,5). Grazie a questa progressione le spese militari sul Pil, sempre secondo i 5 stelle, passerebbero dall’1,5 al 2 per cento, con una crescita complessiva dello 0,5 per cento del Pil: 0,0625 l’anno. In tal modo, il fatidico 2 per cento sarebbe raggiunto nel 2030. Dov’è la toppa: vale a dire l’incongruenza? Quei conti funzionano solo se, nel frattempo, il Pil del Paese rimane congelato. Se invece cresce, come noi auspichiamo, un semplice aumento di 1,5 miliardi l’anno non é sufficiente per raggiungere nel 2030 il 2 per cento del Pil. Perché, per quella data, il Pil sarà maggiore. E l’inseguimento destinato a fallire. Sempre che non scatti il meccanismo non tanto della “decrescita felice”, ma almeno della stagnazione secolare: vecchio pallino dei 5 stelle.

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