Un nuovo grattacielo svetta all’orizzonte di Milano, ma a che prezzo? La città, simbolo di innovazione e ambizione, è scossa da un terremoto giudiziario che ha messo in discussione il suo modello di sviluppo. Le inchieste della Procura, che coinvolgono figure di spicco come l’ex assessore all’urbanistica Giancarlo Tancredi, l’imprenditore immobiliare Manfredi Catella (amministratore di COIMA SGR) e lo stesso sindaco Giuseppe Sala, indagato in uno dei filoni dell’inchiesta, hanno acceso i riflettori su un intricato sistema di decisioni: chi decide davvero il futuro urbanistico di Milano? E come si intrecciano leggi regionali, piani comunali e interessi privati in questa partita per il futuro della città?
Cerchiamo di fare chiarezza, scavando nelle fondamenta della pianificazione urbanistica italiana per comprendere come funzionano i diversi livelli di piani, chi detiene l’autorità suprema e perché il caso milanese sta generando tanto scalpore.
LA PIRAMIDE DELLA PIANIFICAZIONE: LA GERARCHIA DEI PIANI
In Italia, la pianificazione urbanistica è strutturata gerarchicamente, dove ogni livello deve rispettare quello superiore, in un delicato equilibrio tra visione generale e dettagli concreti.
IL LIVELLO SUPERIORE: LE LEGGI REGIONALI (LOMBARDIA AL CENTRO)
Al vertice della piramide troviamo le leggi regionali, come la Legge Regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il Governo del Territorio) in Lombardia. Questa legge non si occupa di singoli edifici, ma stabilisce le regole del gioco: principi generali, standard urbanistici (ad esempio, quanta area verde per abitante) e criteri come la perequazione urbanistica, che consente ai privati di ottenere diritti edificatori in cambio di opere pubbliche, come parchi o scuole. È la Regione a tracciare la mappa che guida i Comuni, come un architetto invisibile che detta le linee guida fondamentali. Inoltre, per progetti con impatti ambientali rilevanti, la Regione interviene con la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), una procedura obbligatoria derivata dalla Direttiva Europea 2001/42/CE, che valuta la sostenibilità dei piani urbanistici.
IL LIVELLO STRATEGICO: IL PIANO DI GOVERNO DEL TERRITORIO (PGT) COMUNALE
Scendendo nella piramide, il Piano di Governo del Territorio (PGT) è la bussola che orienta lo sviluppo di ogni città. A Milano, il PGT definisce dove e come si può costruire: zone residenziali, commerciali o industriali, altezze massime, volumetrie consentite. È il cuore della pianificazione comunale, coerente con la legge regionale e, se presente, con il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP). Il PGT è il faro che illumina ogni decisione urbanistica, dai grandi progetti ai dettagli minuti.
IL LIVELLO DI DETTAGLIO: I PIANI ATTUATIVI (STRUMENTI ESECUTIVI)
Alla base della piramide troviamo i piani attuativi, come i piani di lottizzazione o i piani integrati di intervento. Questi strumenti traducono le indicazioni generali del PGT in progetti concreti: dove sorgeranno le case, come saranno disegnate le strade, quali opere di urbanizzazione (fognature, parchi, scuole) saranno realizzate. Sono il ponte tra il progetto su carta e il cantiere reale, garantendo che ogni intervento sia accompagnato da infrastrutture adeguate.
IL GRATTACIELO MILANESE: QUANDO IL PERMESSO DIRETTO ROMPE LA CATENA?
Il cuore della questione milanese risiede nella tensione tra regole e deroghe. Costruire un grattacielo, con il suo impatto su skyline e infrastrutture, richiede solitamente un piano attuativo per riorganizzare il territorio circostante. Tuttavia, la legge prevede una deroga: il permesso di costruire può essere rilasciato direttamente, senza piano attuativo, se l’area è già “sufficientemente urbanizzata” e non necessita di nuove infrastrutture.
Un caso emblematico è il progetto Urban Jungle di via Razza 5, un complesso residenziale di lusso con torri di oltre 100 metri. Una recente sentenza del TAR Lombardia (n. 2747/2025) ha confermato la legittimità di un permesso diretto, sostenendo che la zona disponeva già di servizi adeguati. Ma quando un’area è davvero “sufficientemente urbanizzata”? E quanto impatto può avere un grattacielo prima che un piano dettagliato diventi indispensabile? La Procura di Milano, con una lettura più rigorosa, ritiene che opere di questa portata richiedano sempre una pianificazione complessiva, mentre il TAR ha aperto a interpretazioni più flessibili, alimentando il confronto.
LO SCANDALO EDILIZIO: UN TERREMOTO GIUDIZIARIO A MILANO
Le indagini della Procura hanno trasformato Milano in un campo di battaglia. Decine di indagati, tra cui l’ex assessore all’urbanistica Giancarlo Tancredi, dimessosi in seguito alle accuse, l’imprenditore immobiliare Manfredi Catella (amministratore di COIMA SGR) e lo stesso sindaco Giuseppe Sala, sono al centro di un’inchiesta che parla di abusi edilizi, falsi e presunta corruzione. Le accuse descrivono un “sistema” che avrebbe aggirato le regole, trasformando interventi complessi in semplici “ristrutturazioni” tramite la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), una procedura semplificata che evita il più rigoroso permesso di costruire. Cantieri sono stati sequestrati, e il dibattito pubblico è acceso.
Tutte cose che andranno chiarite dalla magistratura e su cui chi scrive invita alla massima cautela: la storia italiana è piena di scandali che hanno travolto e ferito vite di persone che sembravano implicate in fatti gravi e che si sono poi – anni dopo – rivelate essere innocenti. Lo sappiamo bene, teniamolo come monito.
Ma non sono solo i tribunali a parlare. Associazioni ambientaliste, come Legambiente, denunciano la pressione sulle infrastrutture esistenti, mentre architetti come Stefano Boeri difendono un’idea di città verticale, sostenibile e innovativa. Intanto, i residenti di zone come Porta Nuova lamentano traffico e carenza di servizi, chiedendosi se Milano sia pronta per questo sviluppo.
IL RUOLO DELLA REGIONE LOMBARDIA: IL VINCOLO SUPERIORE
La Regione Lombardia è il guardiano silenzioso di questo sistema. La sua Legge Regionale 12/2005 è il vincolo che il PGT di Milano deve rispettare. La Regione non approva ogni singolo permesso di costruire, ma interviene con pareri vincolanti su progetti che toccano aree sensibili (paesaggistiche, ambientali) o attraverso la VAS, che valuta gli impatti ambientali dei grandi piani.
In definitiva, al cuore della questione milanese c’è la tensione tra la necessità di dare impulso allo sviluppo urbano e l’esigenza di garantirne la sostenibilità e la coerenza con la pianificazione generale. I piani urbanistici, dalla legge regionale al singolo permesso, sono un sistema gerarchico e interconnesso. La chiarezza delle norme è innegabile, ma la loro applicazione al caso concreto, specie per opere di grande impatto e in contesti urbani complessi, è un terreno fertile per interpretazioni diverse e per il confronto legale che oggi anima l’Italia e in particolare la città di Milano, dove interessi pubblici e privati si scontrano. È in questo intricato gioco di pesi e contrappesi che si decideranno le sorti di molte persone e realtà toccate dallo scandalo.