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Miele Stati Uniti

Miele, il boom negli Stati Uniti e la difficoltà di produrlo in Italia

Negli Stati Uniti il consumo pro-capite di miele è aumentato del 60% perché considerato un superfood, ma sia gli States che l’Italia, dove se ne consuma meno che nel resto d’Europa, faticano a produrlo e di conseguenza aumentano le importazioni da Paesi non troppo trasparenti in materia di sicurezza alimentare. Fatti, numeri e commenti

 

Che gli americani vadano matti per lo zucchero non è una novità, ma negli Stati Uniti sono le importazioni di un altro dolcificante a sorprendere: quelle del miele. Forse perché in realtà non è un semplice dolcificante bensì un alimento ricco di proprietà e un alleato della nostra salute.

IL CONSUMO DI ZUCCHERO VS MIELE NEGLI STATI UNITI

Gli Stati Uniti, riferisce Quartz, importano più zuccheri e dolciumi di qualsiasi altro Paese al mondo. Basti pensare che nel 2022 hanno speso 6,48 miliardi di dollari per lo zucchero. Seguono poi Cina (3,63 miliardi), Indonesia (3,45 miliardi), Germania (1,92 miliardi) e Regno Unito (1,69 miliardi).

Si calcola inoltre che ogni americano consumi quasi 70 chili di zucchero all’anno tra bibite e alimenti zuccherati e circa 600 grammi di miele. Sebbene non ci sia confronto tra queste due cifre, il dipartimento dell’Agricoltura Usa (Usda) osserva che mentre il consumo pro-capite dello zucchero è cresciuto solo del 7% dal 1990 quello del miele, nello stesso periodo di tempo, è aumentato del 60%, soprattutto grazie alla sua reputazione di “superfood” – come aglio, zenzero e curcuma.

QUANTO MIELE IMPORTANO GLI STATI UNITI

La domanda di miele e dei suoi prodotti, secondo l’Usda, non solo rimane elevata ma è anche aumentata in modo significativo negli ultimi trent’anni, crescendo più di quella dello zucchero.

Tuttavia, la maggiore richiesta di miele negli Stati Uniti – complice anche il cambiamento climatico – non può essere soddisfatta con la produzione interna, che nel 2022 ha raggiunto i 57 milioni di chili contro i 105 milioni di chili del 1993, ovvero il 46% in meno rispetto al picco di produzione del Paese.

Ecco perché per soddisfare la domanda, negli ultimi 30 anni le importazioni di miele negli Stati Uniti sono cresciute in media del 7% all’anno e dal 2005 hanno superato la produzione nazionale, tanto che l’Usda aveva previsto che nel 2022 il 75% del miele consumato sarebbe stato importato. I Paesi da cui proviene sono diversi, ma negli ultimi anni sono stati India, Argentina e Vietnam i principali esportatori e nel 2022 hanno rappresentato il 61% delle importazioni di miele degli Stati Uniti.

Con il calo della produzione, il prezzo medio nazionale pagato ai produttori nel 2022 è stato di più o meno 3 dollari per libbra (circa 450 grammi), superando il record dello scorso anno di 2,65 dollari.

CONSUMO, PRODUZIONE E IMPORTAZIONE DI MIELE IN ITALIA

Anche nel nostro Paese, la produzione di miele è in calo. Tra la scarsa salute delle api, influenzata da fattori di stress ambientale – come eventi meteorologici estremi, parassiti, agenti patogeni, trattamenti per le sementi in agricoltura -, e i cambiamenti climatici che nel 2023 hanno fatto registrare prima un freddo e poi una siccità anomali, si stima un crollo fino all’80% sul 2022 della produzione di miele primaverile.

“Un dato che si confronta con una produzione dello scorso anno di 23.500 tonnellate, in crescita sul precedente ma largamente al di sotto delle potenzialità che nell’ultimo decennio si sono ridotte del 23%”, scrive il Sole24Ore citando Coldiretti.

Dunque, anche l’Italia, dove si consuma circa mezzo chilo pro-capite all’anno di miele (la media europea è di 600 grammi), è costretta a importarlo sempre più spesso. Secondo i dati Coldiretti, infatti, nel 2022 l’import è aumentato del 12% per un quantitativo di oltre 26,5 milioni di chili, “provenienti anche da Paesi che non sempre brillano per trasparenza e sicurezza alimentare”. In particolare, gli arrivi dalla Turchia sono cresciuti del 146%, dalla Cina del 66%, dalla Romania del 134% e dall’Ucraina dell’83%.

Inoltre, secondo l’indagine “From the hives” del Centro comune di ricerca (Ccr) della Commissione europea, tra i campioni importati fra il 2021 e il 2022, quasi 1 su 2 (46%) è sospettato di adulterazione, con il numero assoluto più alto fatto registrare dalla Cina (74%), quello dei campioni sospetti (93%) dalla Turchia e i ‘dubbi’ (100%) dal Regno Unito. Questo probabilmente perché, afferma Coldiretti, “si tratta di miele prodotto in altri Paesi e ulteriormente miscelato prima di essere rispedito in Europa”.

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